Magazine Cultura

Santita’ o follia: il mistero del cristo dell’amiata dopo un secolo di censura

Creato il 09 luglio 2013 da Stampalternativa

img_dg_newphp.jpeg“Se David è matto sono matti tutti i santi del paradiso” è un incipit che alcuni giudicheranno provocatorio. In realtà vuole solo essere uno spunto di riflessione su quanto sia labile il confine tra santità e follia e su quanto sia facile per i figli disobbedienti trovarsi dalla parte del torto al cospetto del Potere ed essere cancellati (o traditi) dalla storia.
David Lazzaretti nasce ad Arcidosso nel 1834 in una comunità povera, arretrata e chiusa. E’ un ragazzo vivace e curioso. Dopo una formazione fatta di letture disordinate, viene avviato dal padre al mestiere di barrocciaio. Un’inquietudine accompagnata da una profonda urgenza di giustizia lo porta però prima al fianco di Garibaldi, poi nell’esercito piemontese, finché, deluso circa la possibilità di cambiare il mondo attraverso l’azione politica, si ritira a vita ascetica e successivamente fonda sulla cima brulla del monte Labbro una comunità ispirata ai principi socialisti del Vangelo. Il suo percorso è costellato da visioni, segni miracolosi, viaggi, improbabili incontri e misteriose coincidenze che lo porteranno a manifestarsi come Cristo in seconda venuta.
Inevitabilmente Lazzaretti entra in rotta di collisione con la Chiesa e con il neonato Stato italiano e, dopo la condanna del Sant’Uffizio, viene giustiziato da un plotone di esecuzione formato da Forze di Pubblica Sicurezza e Carabinieri, che durante una processione pacifica non esitano a sparare sulla folla, ferendo e uccidendo persone inermi.
Seguirà la medaglia al valore civile per il Delegato di Pubblica Sicurezza, la brutale persecuzione dei lazzarettisti, il saccheggio e la distruzione dell’eremo di monte Labbro, l’informazione addomesticata degli organi di stampa, la morte violenta dell’assassino di David, la scomparsa delle carte processuali, un secolo di imbarazzo e censura: una storia tragica e commovente in cui risuonano centinaia di altre storie a noi vicine. Storie scritte, come sempre, dai vincitori e dai potenti e dai loro portaborse. Storie asettiche e senz’anima nel migliore dei casi, storie manipolate nel peggiore. Io credo invece nella storia popolare, che non è solo storia di Stati ed economie ma anche e soprattutto storia di persone, e mi ritrovo ancora una volta a cercare di dare voce a chi voce non ha avuto, a rendere un piccolo e commosso omaggio alla meravigliosa schiera dei deboli, dei disarmati, dei giusti, degli innocenti, dei sognatori e degli sconfitti, nella speranza di riuscire a tramandarne, anche solo un istante più in là, la struggente bellezza.
Alessandro Hellmann


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :