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Scary Tales: Morto o Redivivo?

Creato il 08 aprile 2011 da Nicol Lynne

Scary Tales: Morto o Redivivo? [...]Mentre guardavo, gli occhi hanno scorto il sole calante e in essi l'espressione di odio si è cangiata in una di trionfo.
Ma, proprio in quella, giù piomba il lampo del coltellaccio di Jonathan. Ho lanciato un urlo come l'ho visto fendere la gola, e in pari tempo il bowie del signor Morris è sprofondato nel cuore del Vampiro.È stato come un miracolo; sotto i nostri occhi, il tempo di un sospiro, l'intero corpo si è dissolto in polvere, scomparendo alla vista.
«Tutto bene, Jesse?» mi domandò Allie, la ragazza più bella che avessi mai incontrato, nonché la ragione per cui mi ero iscritto a quello stupidissimo gruppo di lettura. «Non crederai davvero ai vampiri o al sonno senza fine?» chiese, sorridendo a quell'eventualità.«Non, certo che no» mi affrettai a rispondere, sperando che l'aver terminato la pressoché infinita lettura di Dracula fosse sufficiente per affrancarmi da ulteriori indugi su quel libro, per me maledetto.«Ti ho sentito rabbrividire durante l'ultimo passaggio» insistette.Non mi aveva mai parlato così a lungo, perché aveva iniziato proprio ora? Non volevo rovinare la nostra prima conversazione ufficiale facendo la figura dello sciocco, ma Stoker non poteva certo dirsi uno dei miei autori preferiti. Oltretutto non avevo nessuna intenzione di inaugurare una potenziale amicizia parlando proprio di vampiri e di morte. «Bram Stoker, da piccolo, ha sofferto di salute cagionevole. Era molto malato e fino all'età di otto anni non è mai riuscito a reggersi in piedi da solo. Tutto questo, naturalmente, prima della miracolosa guarigione che lo portò ad eccellere negli sport e a studiare a Dublino. Posso dire che è ragionevole nutrire qualche dubbio?» domandai, ed era tutto quello che avevo da dire al riguardo. Anche troppo per i miei gusti.«Sei parecchio informato» esclamò. «Appassionato di letteratura?» chiese, mentre raccoglieva le sue cose e mi aspettava per uscire insieme da quell'auletta minuscola e sovraffollata.Bene, letteratura. Territorio decisamente più neutro. In cui peraltro sono parecchio ferrato, modestamente. «Mi piace leggere» minimizzai, ancora incapace di credere che lei, proprio lei, mi stesse rivolgendo tutte quelle attenzioni.«Non sei uno di molte parole, eh?» ironizzò, con quel sorriso solare, pieno di vita, che mi aveva fatto perdere la testa la prima volta che avevo incrociato il suo sguardo, qualche mese addietro.Annuii richiudendo il libro e alzandomi, dopo di lei. «Che programmi hai per oggi?» domandai, più spavaldo e sciolto di quanto fossi di solito.Inaspettatamente, Allie arrossì a quella semplice domanda facendomi sentire importante. Non feci nemmeno in tempo a ipotizzare di averla sorpresa e a congratularmi con me stesso per il coraggio dimostrato, che lei spiegò il motivo di quel fugace imbarazzo facendo crollare in un solo secondo ogni mia tenera speranza.«Ecco... quando ho un po' di tempo libero visito cimiteri, fotografo lapidi e raccolgo epitaffi sul mio taccuino per ricordare chi ci ha preceduto. Alcuni sono davvero sorprendenti, così li copio, li catalogo e ogni tanto li rileggo. Penserai che sono matta...» disse tutto d'un fiato.Caspita, questa proprio non me l'aspettavo. Allie era attratta dalla morte più di un ape dal nettare di un fiore appena sbocciato. Questa non ci voleva. Era esattamente della morte che stavo cercando di liberarmi in quel periodo. Tuttavia, decisi di non demordere. Non dovevo arrendermi, quella avrebbe potuto essere l'unica occasione a mia disposizione per far colpo su di lei. O almeno farmi notare.«Accetti ospiti durante queste spedizioni nel passato?»Allie rimase piacevolmente sorpresa dal mio sottile autoinvito; il suo sorriso lo confermava a trentasei denti.
Il cimitero da lei prescelto per quel pomeriggio assolato di fine estate era abbandonato e sconsacrato da molti anni. «Come hai trovato questo posto?» domandai, scendendo dall'automobile.«Ne ho sentito parlare da un'anziana signora al forno, la settimana scorsa. Poi ho fatto qualche ricerca su Internet ed eccoci qui» spiegò, macchina fotografica in mano.«Ora che si fa?» domandai, incerto e visibilmente spaesato.«Nulla, camminiamo» rispose tranquilla. «Sei spaventato?» domandò dopo qualche minuto, ridendo. «Un uomo prestante e dall'aspetto virile come il tuo...» ma non finì quella frase, perchè qualcosa attirò la sua attenzione. Non badai a cosa potesse essere tanto curioso e attraente, totalmente concentrato sul fatto che Allie mi avesse definito prestante e virile. «Che fai, non vieni?» domandò, trotterellando verso una tomba dall'aspetto molto antico.La fotografò e poi ci si sedette sopra, alzando gli occhi verso il cielo per osservare uno stormo di fringuelli volare leggero in direzione sud.«Che nome è Jesse?» farfugliò senza guardarmi, ancora con il naso all’insù.«È ebraico, significa dono» spiegai. La mia risposta sembrò suscitare il suo interesse, che prontamente riportò lo sguardo dal cielo alla terra, lasciando che si posasse su di me. Dio quant’era bella.La sua mano tesa sembrava invitarmi a sedere al suo fianco, ma per quanto l’idea fosse allettante e non aspettasi altro da molto tempo, non avevo nessuna intenzione di farlo appoggiandomi a una tomba sotto il cui marmo probabilmente riposava la polvere a cui era ritornato quel povero defunto. «Un po’ di rispetto!» esclamai, senza davvero voler pronunciare quella frase ad alta voce, soprattutto con quell’odioso tono di rimprovero che mi era uscito. Allie non si scompose, forse realizzando solo in quel momento che per quanto vecchia fosse quella tomba, dopotutto rappresentava ancora la dimora eterna di qualche povero disgraziato vissuto il secolo precedente al nostro.«Mi dispiace» sussurrò. «Visito così tanti cimiteri da dimenticare, a volte, dove mi trovo».Non volevo sembrare ai suoi occhi come un adulto che parla a un ragazzino. Non volevo darle un’impressione sbagliata, inoltre non potevo darle torto del tutto. Quel cimitero, infatti, oltre che essere sconsacrato era anche immerso nel verde (come nelle migliori tradizioni inglesi) e quella lastra di pietra ingiallita e bucherellata sembrava a tutti gli effetti una panchina sprofondata nel terreno dopo il secolare tentativo di reggersi in piedi nonostante il maltrattamento subito dalle intemperie e dall’erosione del tempo. Afferrai la sua mano per aiutarla ad alzarsi e ci incamminammo fianco a fianco attraverso alberi secolari e rovine di edifici in stile neoclassico, probabilmente. Almeno così sembrava da quel poco che era rimasto in piedi. Il vento accarezzava dolcemente i suoi lunghi capelli ambrati facendo danzare allegramente l’odore del suo shampoo proprio in direzione delle mie narici.«Da quanto tempo vivi qui?» chiese dopo un lungo silenzio, riportando bruscamente i miei pensieri alla realtà.«Un anno circa» risposi, sperando che non mi chiedesse anche da dove venissi.«Dove vivevi prima?»Ecco ci siamo. «Alaska» mentii.«Non essere sciocco» disse in tono incoraggiante. «Il tuo accento suggerisce un paese dell’Est, anche se il tuo nome lo smentisce».Non mi piaceva affatto la piega che stava prendendo quella conversazione, sapevo che non avrebbe portato a nulla di buono. Oltretutto il sole stava calando e senza rendermene del tutto conto mi stavo andando a cacciare in un mare di guai, con ogni probabilità terribili, rischiando di portare con me la donna che da un anno cercavo di conquistare, senza mai trovarne il coraggio. «Te lo dirò a una condizione» annunciai. «Affascinante e misterioso» bofonchiò sorridendo. «Sputa il rospo».«Ti risponderò a cena, in un bel ristornante in centro» risposi, ammiccando e afferrandola per un braccio pronto a tornare in macchina. Avrebbe ceduto a un tentativo tanto goffo?Lo fece, sono felice di confermarlo. Ma la mia fretta l’insospettì facendole puntare i piedi in attesa di una mia risposta, cosa che rappresentò anche il preludio di una catastrofe.Sorridendo maliziosamente e incrociando le braccia al petto disse: «Prima confesserai il tuo paese d’origine, poi acconsentirò al tuo invito».«Romania» dissi precipitevolmente. Volevo squagliarmela e commisi l’errore di manifestarlo troppo esplicitamente.«Che parte della Romania?» continuò, curiosa.«Brasov» ammisi.«Il posto più misterioso d’Europa» citò Stoker. «Sede del leggendario castello appartenuto per secoli alla famiglia Tepes» proseguì, con fin troppa perspicacia.Vlad!Fu un richiamo flebile, ma inequivocabile.Era calato il buio. Ormai era tardi. Maledizione.Vlad! Sei proprio tu, affermò.Entrambi ci girammo verso la direzione da dove sembrava provenire quella voce spettrale, profonda, ma sopra ogni cosa funerea. Mi spostai il più velocemente possibile, mettendomi davanti a Allie per fare del mio corpo uno scudo. Non era molto, ma era tutto quello che avevo da offrirle in quel nuovo e preciso frangente della mia vita. Se fossi morto, dopotutto sarebbe successo nel tentativo di salvare la donna per cui la mia cuore aveva smesso di vagare nel limbo del nulla ricominciando a battere per la prima volta dacché me ne ricordassi.«È un...» le parole le morirono in gola. «Jes-se! Quella stramaledetta cosa è un...» deglutì. «È un v-a-m-p-i-r-o ?» Riuscì a dirlo solo al terzo tentativo.Sei venuto a portarmi la cena? domandò l’essere, avvicinandosi lentamente. Era un bell’uomo, giovane e dall’aspetto curato.D’un tratto, leggero come un soffio di vento, mi fu davanti attratto dall’assoluta novità che rappresentavo. Scostai Allie, spingendola via senza la delicatezza che avrei davvero voluto usare e lasciai che il vampiro mi annusasse a lungo.Il tuo cuore batte, che inganno è mai questo? chiese, indietreggiano di qualche passo.«Sono stato il primo ad ingannare la vita» dissi, aspettando che terminasse di annuire solennemente. «Come vedi, sono stato il primo anche ad ingannare la morte».Queste parole furono troppo per il povero Seth, uno dei miei figli più deboli.Furono troppo anche per Allie che, un anno prima, mi aveva colpito e trattenuto in quel paesello dimenticato da Dio per la sua saggezza mentre vagavo senza meta, stanco della non-vita ed esausto della non-morte. Mi aveva reso schiavo di un nuovo incantesimo, l’amore, liberandomi per sempre dall’inferno in cui ero condannato. Quella stessa saggezza che proprio ora le stava suggerendo di scappare il più lontano possibile da un vampiro sconvolto e con ogni probabilità affamato.Le lanciai le chiavi della macchina dicendo a me stesso che se non fosse scappata lasciandomi solo, se mi avesse aspettato, se non mi avesse aborrito come la peste... allora ne sarebbe valsa la pena. Troppi se, il che non prometteva nulla di buono.Seth avrebbe potuto nutrirsi anche di me, ora, ma morire per lei sarebbe stata una morte infinitamente più degna di quanto mi fossi mai aspettato in tutta la mia lunga vita (per secoli avrei messo la mano sul fuoco che sarebbe sopraggiunta per mezzo di un paletto di legno, poi venne l’epoca dei proiettili d’argento e con essa un nuovo podio). Per mano della mia stessa progenie, in forma umana, per giunta per amore era una prospettiva decisamente nuova e infinitamente più dignitosa.Mi preparai all’attacco non appena vidi le narici del vampiro dilatarsi. Avevo perso la sua attenzione, ora completamente focalizzata sul battito del mio cuore e sulle mie pulsazioni.Caddi a terra a seguito dell’impeto con cui mi colpì. Il divario tra la sua forza e la mia era smisurato e tutto d’un tratto mi trovai nei panni di tutte le vittime che avevo torturato, prosciugato e ucciso solo fino a un anno prima. Mio Dio, era terribile. Totalmente impotente mi ritrovai in grande difficoltà. Il grande Vlad Dracul Tepes, leggendario conte di Valacchia, progenitore di tutte le stirpi di vampiri alla totale mercè di un novellino di appena trent’anni! Devo ammettere che fu decisamente imbarazzante.Invece di rubarmi la macchina e mettere in moto alla velocità della luce, Allie se ne tornò indietro di corsa, tremante, con in mano un coltellaccio che sapevo esattamente dove aveva trovato. Nel portaoggetti della mia automobile.Il coltellaccio con cui Morris mi aveva tranciato la gola, il 6 Novembre 1890. Solamente che le cose non erano esattamente andate come scritto da Stoker.Mi assicurai una versione dei fatti in cui venivo definitivamente ucciso; un romanzo di finzione a cui nessuno avrebbe creduto sul serio in cambio della eterna non-morte e della immediata guarigione del giovane scrittore venuto a conoscenza del mio segreto.Senza pensarci due volte, riuscii a controllare la tempesta di emozioni subita dal mio fragile corpo e afferrai il coltello con una determinazione degna del vecchio Vlad che ero stato una volta. Con l’ausilio di un calcio bel piantato sulla nuca di Seth da parte di Allie, riuscii a girarmi e ad afferrarlo per le spalle. A quel punto era tutta questione di secondi e il mio braccio umano era troppo lento. Seth cercò di scollarmi dalla sua schiena, ma riuscii a resistere e a piomba il lampo del coltellaccio.
«Ricominciamo da capo?» disse Allie abbracciandomi, ancora tremante.Rimasi in silenzio, incapace di esprimere il fiume in piena di emozioni da cui ero travolto. Se avessi avuto ancora i miei poteri avrei potuto ipnotizzarla e cancellarle la memoria, ma ora dovevo fare i conti con la realtà. E soprattutto non avevo nessuna intenzione di mentirle.«Tecnicamente, io ho mantenuto fede alla mia parte dell’accordo. Brasov la mia città d’origine. Se ne hai ancora voglia, puoi incominciare a mettere in pratica la tua parte. Andiamo a cena?»

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