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Sceneggiata italiana. Profondo Rosso Sangue

Creato il 29 agosto 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Sceneggiata italiana. Profondo Rosso SangueÈ come se Stanlio, dopo un connubio artistico durato venti anni, decidesse di sputtanare pubblicamente Ollio rilasciando una dichiarazione a Vanity Fair nella quale afferma che Oliver Hardy è un attore cane o un cane d’attore. Uno si chiede: “Ma per venti anni dove sei stato? Con chi hai recitato? Ma non sarai un po’ cane anche tu?”. Il bello è che nonostante l’apprezzamento poco elegante sulle capacità artistiche del collega, Stanlio continua a duettarci perché sa benissimo che se non lo facesse, non lavorerebbe più. Silvio e Giulio sembrano proprio Stanlio e Ollio (o Gianni e Pinotto o Franco e Ciccio, o Ale e Franz, fate voi tanto è lo stesso). Si odiano, neppure troppo cordialmente. Il commercialista di Sondrio è l’uomo della finanza creativa, il candidato al Nobel per l’economia per aver inventato la “tassa più esotica”, come direbbe lady Marcegaglia. È l’amministratore di condominio che prima di cambiare una lampadina fulminata dell’androne del palazzo, chiede al suo segretario-braccio destro Marco Milanese di vedere qual è quella che sul mercato costa meno, che poi Marco ci faccia su un po’ di cresta è un particolare di nessun conto. Giulietto è l’incomprensibile e astruso ministro di una economia che, come la natura, tollera i paradossi ma aborrisce il vuoto, tanto che è proprio il “principio” di economia che in queste ore gli si sta rivoltando contro. La sua immensa creatività si sintetizza nel pareggio di bilancio: tante uscite, tante entrate, saldo zero. Per arrivarci è disposto a commettere ogni possibile nefandezza fino al punto che quando “taglia i costi” lo fa per tutti nello stesso modo, quasi fosse l’ultimo dei comunisti blindato nella sua stanza al Cremlino. Per lui sono tutti uguali: ricchi e poveri, uomini e donne, religiosi e laici, interisti e milanisti. Se c’è da tagliare lui lo fa sempre volentieri perché è l’unica cosa che sa fare e, come un giardiniere che va in crisi di astinenza quando finisce la stagione delle potature, per ingannare il tempo, si mette a giocare sulla tassazione delle rendite dei ricchi tanto sa che non passeranno mai. Siccome è un indolente, e pure tanto presuntuoso, Giulio si è tirato addosso tutte le possibili antipatie dei suoi colleghi di partito e di governo. Fino a ieri, a sostenerlo erano rimasti solo i leghisti ma si sa, per loro chi pronuncia correttamente la parola “cetviolo” è di per sé un mezzo genio. Si fa forte dell’apprezzamento dell’Europa non tenendo conto che, nonostante tutto, è l’unico uomo di governo presentabile: veste decentemente, non rutta, non scoreggia, non si gratta pubblicamente le palle, non puzza di escrementi vaccini e l’unica parolaccia che i colleghi della UE gli hanno sentito dire è stata “perdindirindina”, l’”imbecille” dato a Brunetta è stato derubricato negli incidenti verbali di percorso. Dall’altra parte c’è Silvio vostro. Lui vorrebbe che lo stato gli pagasse tutto. Insaziabile e tirchio com’è, siccome è stato eletto dal popolo, vorrebbe che fosse il popolo a soddisfare i suoi imperiali sollazzi. E siccome è arrivato dove è arrivato grazie a persone che ora gli stanno presentando il conto, ha tristemente preso atto che se non paga il popolo, lui è rovinato. Dopo aver messo nel libro paga del Tesoro i suoi avvocati, i suoi amici di bisboccia, le mille concubine, i massaggiatori delle sue squadre di calcio e le massaggiatrici esperte nella manipolazione thai, Silvio si è reso conto che non bastava, che i suoi amici sono portatori insani di appetiti voraci e che, da perfetti ingrati, oltre al pane degli stipendi da onorevoli, senatori, ministri e sottosegretari, ambiscono al companatico che deve per forza di cose uscire dalle sue tasche. Sono sei (diconsi 6) le inchieste giudiziarie aperte che partono proprio dal “companatico”. I magistrati inquirenti non riescono a capacitarsi a cosa siano serviti, ad esempio, i dieci milioni di euro che in tre tranche ha versato a Marcellino Pane e VinoDell’Utri. “Possibile – si sono chiesti – che il senatore accusato e condannato in appello a sette anni per collusioni con la mafia, si sia ridotto in povertà?”. E gli otto milioni dati a Verdini per estinguere il debito con Angelucci? E il mezzo milione a Gianpi Tarantini transitati sul conto corrente di Lavitola, investigatore privato a Saint-Lucia? E i due a Lele Mora per tentare di salvarlo inutilmente dalla bancarotta? Possibile che la generosità di Silvio arrivi a tanto se, in qualche modo, i beneficiari delle sue donazioni non hanno qualche piccolo segreto che lo riguarda tenuto in cassaforte fino a spingersi a ricattarlo? E poi perché tutti i confratelli della fu P2, e delle viventi P3 e P4 facevano, e fanno, a gara per entrare nella ristretta cerchia dei “meritevoli di Cesare”? Quando dalle intercettazioni venne fuori lo pseudonimo di “Cesare”, tutti pensarono che il personaggio in questione fosse l’avvocato Previti, ma poi si sono resi conto che il riferimento era il divino “Giulio Cesare” e l’unico in grado di poterne ereditare la storia e le opere era il presidente del consiglio e non l’azzeccagarbugli romano de’ Roma. Il destino ha voluto che Stanlio, a un certo punto, entrasse nella vita di Ollio. Fra loro non c’era nessuna amicizia, nessun rapporto che potesse essere definito “umano”, talmente diversi i loro stili di vita che vederli lavorare insieme era apparsa da subito una contraddizione in termini. Sono andati avanti per anni, fino a quando la crisi sempre negata non gli è scoppiata fra le palle “evirandoli” politicamente entrambi. Oggi si vedranno per prendere in esame gli emendamenti alla manovra economica proposti dalla maggioranza. Di solito questi appuntamenti sono preceduti da incontri preparatori, ma questa volta Giulio se n’è rimasto a Lorenzago con il telefono non raggiungibile e la gabbia dei piccioni viaggiatori desolatamente vuota. Qualcuno parla di resa dei conti in consiglio dei ministri, qualcun altro ha voluto descrivere gli attacchi ad personam al ministro delle Finanze come un nefasto presagio, foriero di dimissioni del superministro, mentre secondo noi non accadrà nulla di tutto questo. Silvio ha voluto far sapere a Giulio che lo tiene in pugno, Giulio gli ha risposto con il silenzio. Comunque vada a finire continueranno a lavorare insieme, nonostante il disprezzo. A rimetterci sarà come sempre l’Italia in attesa che arrivi Pierfy Casini a risolvere i problemi della nazione. Il Rockfeller di Louis Moreno-Forlani è pronto ad assumersi le sue responsabilità e a mandare i reparti della Celere contro gli scioperanti della Cgil. Veltroni, D’Alema e Fioroni gli hanno già detto si. I Fratelli Marx sono pronti a entrare in scena.

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