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Scevro

Creato il 10 gennaio 2012 da Renzomazzetti

Gli ombrelli di Zoe.

 Il potere non è difficile conservarlo, a patto di attenersi a quei mezzi con i quali lo si è conquistato; ma quando alla tenacia subentra l’indolenza, alla temperanza la sregolatezza, all’equità la tracotanza, la fortuna declina di pari passo con i costumi e il potere passa immancabilmente da chi vale meno ai migliori. Agricoltura, navigazione, edilizia sono tutte attività dell’ingegno; ma molti, senza un pensiero al mondo che non fosse mangiare e dormire, noncuranti d’istruirsi e di elevarsi, hanno attraversato la vita a guisa di viandanti, e, contro ciò che natura prescrive, si sono serviti del corpo come fonte di piacere, mentre l’anima rappresentava un fastidio. La vita di gente simile per me vale quanto la morte: è cosa di cui non si parla. Al contrario, a me sembra veramente vivere e far uso intelligente delle sue facoltà chi s’impegna in un lavoro o cerca distinguersi con un’opera insigne o si dedica a un nobile intento…Quando ero giovane, come molti, la passione politica mi spinse alla vita pubblica ma molte cose mi andarono di traverso. Tra i politici, infatti, non trovai senso d’onore ma impudenza, non probità ma corruzione, non rettitudine ma avidità; e sebbene l’animo mio, inesperto del male, rifuggisse da quelle pratiche riprovevoli, pure l’età acerba fu travolta dall’ambizione e rimasi invischiato in quell’ambiente corrotto. Mi tenevo lontano dal malcostume imperante, ma la smania di salire mi esponeva come altri alla maldicenza e al malanimo. Quando, dopo traversie e pericoli d’ogni genere, ritrovai la pace dello spirito, decisi di trascorrere quel che mi restava da vivere lontano dalla politica. Non mi proposi di sciupare il prezioso tempo libero abbandonandomi a spregevole inerzia e nemmeno di dedicarmi all’agricoltura o alla caccia, mansioni da servi; mi volsi a studi già iniziati, dai quali mi aveva distolto la malaugurata ambizione, e mi dedicai a raccontare per iscritto in brevi opere quei fatti del popolo romano che mi piacessero degni d’esser ricordati, tanto più che l’animo mio ormai era scevro da aspirazioni e libero da timori e da spirito di parte. (Meditazione su La congiura di Catilina di Sallustio).

 

R O S A   P U R P U R E A

Ti avevo cantato una canzone.

Tu tacevi. La tua destra tendeva

con dita stanche una grande,

rossa, matura rosa Purpurea.

E sopra di noi con estraneo fulgore

si alzò la mite notte d’estate,

aperta nel suo meraviglioso splendore,

la prima notte che noi godemmo.

Salì e piegò il braccio oscuro

intorno a noi ed era così calma e calda.

E dal tuo grembo silenziosa scrollasti

i petali di una rosa purpurea.

-Hermann   Hesse-

 


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