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Scintille di Luna

Creato il 22 agosto 2014 da Media Inaf
L'illustrazione mostra un fenomeno di scariche elettriche nella regione della Luna che resta permanentemente in ombra. Le scintille nel sottosuolo danno vita a piccole nuvole di materiale vaporizzato in superficie. Crediti: Andrew Jordan / UNH .

L’illustrazione mostra un fenomeno di scariche elettriche nella regione della Luna che resta permanentemente in ombra. Le scintille nel sottosuolo danno vita a piccole nuvole di materiale vaporizzato in superficie. Crediti: Andrew Jordan / UNH .

Base Terra, qui tranquillità. Le parole di Neil Armstrong sono il ritratto fedele del satellite naturale che accompagna da miliardi di anni il nostro pianeta nel walzer celeste, l’elegante danza delle sfere degli antichi filosofi. Ora però, un modello realizzato dalla University of Hampshire (UNH) e dai ricercatori NASA infrange questo ritratto di pace della Luna e suggerisce che, nel corso della sua storia, ripetute scariche elettriche nel sottosuolo potrebbero aver modificato in maniera significativa la composizione della superficie lunare, specialmente nelle zone buie e nei crateri più freddi del satellite. Una scoperta che potrebbe farci cambiare idea circa l’evoluzione delle superfici planetarie in tutto il Sistema Solare.

Lo studio, pubblicato sulle colonne del Journal of Geophysical Research-Planets, sostiene che flussi di particelle cariche originatisi nel corso di eccezionali tempeste solari potrebbero essere penetrate nelle gelide regioni polari della Luna, e più specificamente nelle aree in ombra permanente, caricando elettrostaticamente lo strato superficiale del terreno. La distribuzione delle cariche può dare vita a scintille e flussi di corrente capaci di cambiare la natura geologica del terreno lunare, indicando che queste aree, così importanti per gli indizi che contengono sul passato del nostro sistema planetario, possano essersi modificate nel tempo più di quanto pensato.

“Prima di leggere i segni di una storia passata, dobbiamo capire meglio come questi processi abbiano alterato la composizione del suolo lunare”, spiega Andrew Jordan, primo autore dello studio e ricercatore presso lo UNH Institute for the Study of Earth, Oceans, and Space. “È per questo motivo che abbiamo fatto ricorso a un modello elettronico per avere una stima precisa di come le particelle cariche provenienti dal Sole, rilevate dallo strumento Cosmic Ray Telescope for the Effects of Radiation (CRaTER) a bordo del Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) della NASA, possano aver creato campi elettrici significativi sullo strato superficiale del suolo lunare”.

Gli scienziati si sono serviti anche dei dati raccolti da EPAM (Electron, Proton and Alpha Monitor) dell’Advanced Composition Explorer. Sia CRaTER, gestito dal team di ricerca dello UNH, che EPAM hanno rilevato presenza di cariche, anche di origine ‘solare’ – le cosiddette solar energetic particles (SEPs). Originatesi nel corso dei fenomeni di tempesta solare le SEPs hanno attraversato lo spazio e bombardato la superficie lunare. Questo genere di cariche può dare vita a piccole scintille superficiali, specie nel freddo polare del lato oscuro della Luna dove è facile si raggiungano temperature prossime a -240° Celsius, magari con crateri che contengono ancora acqua ghiacciata.

“Lo sparking è un processo in cui gli elettroni, rilasciati fra i granelli di terreno a causa di forti campi elettrici, attraversano il sottosuolo tanto velocemente da vaporizzarne piccole parti”, sottolinea Jordan. Scariche ripetute, in corrispondenza delle tempeste solari più significative, potrebbero aver creato una rete di canali nel suolo lunare, sufficientemente grandi da frammentare il terreno disintegrando le rocce in briciole di minerali distinti.

Il prossimo passo della ricerca intende servirsi degli altri strumenti a bordo di LRO per verificare se ci sia evidenza di altri fenomeni elettrici sulla Luna. Migliorare il modello a computer è la strada giusta per avere una descrizione più precisa delle conseguenze di questo fenomeno.

“Questo lavoro va a incidere in maniera determinante sulla nostra comprensione dei processi di evoluzione della superficie anche su altri pianeti all’interno del Sistema Solare, in particolare nelle fredde regioni esposte alle radiazioni spaziali”, spiega Timothy Stubbs, coautore dello studio e ricercatore presso il Goddard Space Flight Center NASA di Greenbelt, Maryland.

 

Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga


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