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Scritti da Voi (N°1): Tommaso Tronconi - I due volti di Gennaio

Creato il 21 ottobre 2014 da Giuseppe Armellini
Siccome ho paura che molti (molti..., diciamo 5,6) vorrebbero scrivere e mandarmi qualcosa ma si vergognano, inizio subito la rubrica, magari dà coraggio a tutti.
E poi avevo bisogno di un giorno di pausa :)
Questa rece è di Tommaso Tronconi, il "tenutario" del blog
ONESTO E SPIETATO
Buona lettura e... fate come lui!
Scritti da Voi (N°1): Tommaso Tronconi - I due volti di GennaioI due volti di Gennaio
I due volti di Gennaio è un film senza volto, senza identità. Vorrebbe essere Hitchcock ma lo ricorda appena, potrebbe essere un esordio d’autore ma ha troppe lacune per dimostrare personalità. Hossein Amini è l’ennesimo caso dello sceneggiatore (il suo film più noto è Drivedi Refn) che decide di passare dietro la macchina da presa, ma nel tragitto si scorda qualcosa del suo “vecchio” mestiere. Cerca di sopperire all’impossibile ubiquità di ruolo ricorrendo ad un romanzo della conclamata giallista Patricia Highsmith, le cui opere hanno avuto importanti trasposizioni cinematografiche: L’altro uomo di Hitchcock, Delitto in pieno sole di René Clément, Il talento di Mr. Ripley di Anthony Minghella, L’amico americano di Wim Wenders. E sul lato produttivo punta sui finanziatori de La talpa (Tinker Tailor Soldier Spy), Tim Bevan e Eric Fellner. Ma il risultato non è lo stesso sapientemente ottenuto da Tomas Alfredson.
I due volti di Gennaio cerca di farsi forte dietro un’ambientazione esotica sospesa tra Atene e Instanbul, e soprattutto un tempo storico denso di fascino: i primi anni Sessanta. Coperture non giustificate per una storia che poteva svolgersi, con ingente risparmio di denaro, ai nostri giorni. Hossein Amini tira le file di un mistero che però appare debole e (s)fortunoso con troppa facilità e prevedibilità, finendo per diventare così sonnolento e autunnale che la stringata oretta e mezza di film la percepiamo come molto più lunga. Il finale poi, con un tocco educativo-perbenista che da tempo non vediamo neppure sul piccolo schermo, è la goccia che fa traboccare il vaso. Peccato, perché sarebbe bastata una piccola introduzione socio-economica del tempo e un paio di licenze al diritto d’autore per rendere onore ad una storia che funziona sulla carta ma non sul grande schermo.
Di fianco ad un’imbolsita e piagnucolosa Kirsten Dunst (sembrano passati secoli dal fascino di Marie Antoniette del 2006), due marcantoni di razza: Viggo Mortensen e Oscar Isaac (A proposito di Davis). I due fanno il possibile per non far crollare la baracca con quel tocco di follia (omicida) dietro i capelli impomatati. Ma insomma, è dura tenere in piedi un corpo senza scheletro e senza volto.  

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