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Scrittura: per chi e perché

Da Luciferkitty @MicheleAFGreco
Sul gruppo Facebook "Labor Limae" è nata una discussione partendo da questa citazione:
Domanda: "Per chi scrivi, in primis?"
Alastair Reynolds: "Indubbiamente per me stesso. Sono lietissimo di avere dei lettori, ma nel momento in cui cominci a provare a piegare la tua scrittura per adattarla a un pubblico percepito, sei condannato."

Secondo me, esistono tre categorie di scrittori:
  1. Coloro che affermano di scrivere per se stessi. Domanda: se scrivi per te stesso, perché cerchi di pubblicare? Nel momento in cui si decide di pubblicare, i primi destinatari del proprio romanzo diventano i lettori. Questi ultimi spesso vengono trattati in modo irrispettoso da chi afferma di scrivere solo per se stesso. Per fortuna, ci sono delle eccezioni.
  2. Coloro che affermano di scrivere per i lettori. Generalmente, questi sono gli scrittori più viscidi. Si tratta di gente che ragiona seguendo solo ed esclusivamente le leggi del mercato e che scrive solo per far soldi. 9 su 10 i prodotti di queste macchinazioni sono romanzi privi di anima e di originalità. Attenzione: non sto dicendo che sia sempre sbagliato scrivere romanzi fatti apposta per vendere. Va benissimo creare un romanzo anche per scopi commerciali, ma in primis bisognerebbe ragionare sulla qualità della forma (stile) e del contenuto (trama, personaggi, originalità, fantasia). Un romanzo può essere strutturato per vendere pur mantenendo alta la qualità della proposta, ma mi rendo conto che è difficile coniugare entrambi questi aspetti. 
  3. Coloro che afferma di scrivere sia per se stessi che per i lettori. Ecco, a mio parere, queste è la categoria migliore perché non propone un "out... out", ma un "et... et".
    Sicuramente si scrive in primis per se stessi, ma si dovrebbe scrivere anche per i lettori. Ciò non vuol dire piegarsi alle logiche di mercato, ma semplicemente capire che la propria opera è destinata anche e soprattutto ad altri e che questi meritano rispetto. Rispettare i lettori vuol dire documentarsi, lavorare sulla verosimiglianza e la coerenza delle proprie storie, migliorare il proprio stile, sforzarsi di cercare soluzioni originali, interessanti e fantasiose. Uno scrittore rispettoso non si adagia sugli allori, ma cerca sempre di migliorarsi.
Ma perché si scrive? Si può scrivere narrativa per tanti motivi, sia egoistici che altruistici. Queste due componenti dovrebbero andare a braccetto.
Quali sono le mie motivazioni? Be', la mia mente è tormentata da storie, personaggi e ambientazioni. L'unico modo per liberarmi di queste ossessioni è sfogarle, ossia metterle nere su bianco. Smettendo di scrivere, impazzirei rimanendo intrappolato nelle storie da me create. A questo motivo principale, però, se ne affiancano altri: il bisogno di intrattenere immergendo il lettore in storie fantasiose, il "need for competence" (bisogno di mettersi alla prova e sentirsi competenti), il "need for achievement" (bisogno di autorealizzarsi e di avere successo), il desiderio di stimolare la riflessione su determinate tematiche socio-politiche, religiose e filosofiche. Non sono un'ipocrita, per cui ammetto anche di desiderare la fama. Ma non una fama vuota e senza merito, bensì una meritata e nutrita di stima.
Insomma, le motivazioni per cui scrivo narrativa sono varie e complesse. Riguardo al "cosa" scrivo, chiaramente mi occupo degli argomenti e dei generi che mi interessano e appassionano. Non credo riuscirei a scrivere qualcosa che non mi piace.
Domanda rivolta agli scrittori e agli aspiranti tali: voi perché scrivete e a chi vi rivolgete?
P.S. la scrittura e il canto sono le mie due grandi passioni, le due cose che danno senso alla mia vita. Ho spiegato perché scrivo, ma non perché canto. Ebbene, il canto è lo sfogo del mio cuore: mi aiutare a tirar fuori emozioni e sentimenti che altrimenti mi logorerebbero interiormente. Io ho bisogno di cantare, tant'è che quando ho mal di gola divento intrattabile.

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