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Scrivere per e con i ragazzi: intervista a Luisa Mattia

Da Tunué @tunue

Ecco come si presenta Luisa Mattia, scrittrice di romanzi e racconti per bambini e ragazzi (Premio Andersen 2008), autrice della Melevisione e promotrice di numerosi progetti di scrittura creativa:

luisa_mattia_ritratto
A me piace fare il raccontastorie, che non è un mestiere ma un modo di vivere.
Dunque, a un certo punto della mia vita, dopo aver fatto l’insegnante, la giornalista e un altro po’ di cose che sarebbe noioso elencare, ho cominciato a… vivere raccontando storie. Bisogna mettersi d’impegno per fare il raccontastorie.
Bisogna… mettersi in testa le storie e farle stare lì, nella testa e nel cuore, lasciarle crescere un po’, provare a scriverle.
Bisogna cercarle, le storie e poi trovare il modo migliore per raccontarle.
Non si smette mai di imparare a scrivere per raccontare.
Ci vuole molta pazienza, molte letture, molta fatica e molta gioia.

Dal modo in cui vivi il tuo essere una raccontastorie, dal confronto che cerchi con i lettori e dall’impegno costante in progetti di scrittura che coinvolgono i giovanissimi, si direbbe che per raccontare bisogna saper ascoltare. Perché uno scrittore deve avere un buon orecchio?
Un buon orecchio dovrebbero averlo tutti. Significa essere attenti alle persone, alle cose, alle emozioni. E l’attenzione porta a voler bene, a sentirsi parte di un tutto caleidoscopico che, anche se non ci somiglia, ci accoglie, ci contiene. Uno scrittore deve essere specializzato nel fare attenzione; deve essere vivo e semplicemente presente. Chi scrive si prende il gusto e la fatica di trovare le parole, il ritmo, i pensieri  per focalizzare eventi grandi e inezie, l’epica delle cose e i dettagli che fanno di noi inconsapevoli portatori di storie e, dunque, di sapienza del vivere.

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alcuni abitanti del Fantabosco

Scrivere con i bambini ti ha permesso di osservare in che modo vanno a caccia di storie, da dove prendono l’ispirazione e come la trasformano in racconto. Il disegno è parte attiva di questo processo creativo? Che cosa hai imparato dal loro approccio alla scrittura?
Un bambino che disegna è un raffinato narratore. Gli adulti non sono buoni lettori di immagini. Apprezzano l’insieme, colgono qualche dettaglio ma, in generale, il disegnare è considerato una sorta di transizione, un temporaneo passaggio verso la vetta della parola scritta e letta. È una delle tante pecche della nostra modesta cultura sulla narrazione, infantile e non. Si pensa che un’abbondanza di parole faccia un buon racconto. Non è così. Anzi, il focalizzare, curare un dettaglio, sottrarre parole e forme linguistiche fa emergere e valorizza il racconto, gli dà ritmo, armonia; dà forza ai concetti e senso alle forme del raccontare. In più, se parliamo di forme narrative dei bambini (e della loro scrittura), c’è da imparare come i tanti linguaggi del racconto (suoni, immagini, forme verbali) trovino assetto e efficacia comunicativa in forma naturale. La ricchezza del pensiero narrativo si svela nell’essenzialità.

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Salone del Libro 2013

Eccezionale è stato il lavoro di ascolto e confronto da cui è nato Noi siamo così, romanzo realizzato insieme con una classe di scuola media della periferia romana. Come hanno vissuto l’esperienza della scrittura i ragazzi coinvolti? Che cosa il libro ha lasciato in loro? E che cosa ha lasciato in te?  
Io ho imparato moltissimo. Credo sia stato un apprendimento reciproco e intenso, perché sostenuto da un patto naturale: siamo insieme, abbiamo un progetto comune e ognuno di noi darà il meglio di sé. I ragazzi hanno dato il meglio della loro solida incertezza del vivere. Uso termini in apparente contraddizione perché l’adolescenza è questa: incertezza e determinazione. Nel caso di Noi siamo così, pensieri, stati d’animo, parole dei ragazzi hanno trovato casa all’interno della struttura di una storia. Io ho dato loro il mio essere scrittrice e persona; gli ho dato la mia esperienza e la mia curiosità. I ragazzi hanno lavorato con la stessa sincerità; mi hanno dato pensieri, domande, perplessità e confronto. Abbiamo costruito insieme la nostra “sapienza” di autori.

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un’allegra platea di giovani lettori

Hai raccontato la storia di Merlino adolescente, prima che diventi il grande mago della leggenda arturiana: non un destino che si svolge in maniera lineare, ma un percorso fatto di incertezze e segnato da scelte dolorose e più o meno irreversibili. Perché hai scelto proprio questo personaggio per parlare di che cosa significa diventare adulti? Qual è la magia più potente che il tuo Merlino può fare per un giovane lettore e per l’adulto che gli è accanto?
Merlino è un mago a cui la magia non salva la vita. Le sue doti sono indubbie ma ogni suo gesto magico diventa poca cosa, diventa inutile se non può essere sostenuta dalla forza interiore, dalla solidità di una persona che sa di essere fallibile. In un’epoca in cui la magia viene proposta come la panacea, in forma favolistica, insistendo sul fantasy più classico, ho scelto di raccontare di un ragazzo che deve fare i conti con se stesso e con il privilegio che gli è stato dato. La magia, per Merlino, è un’arma che deve imparare a usare e che impara a temere. Perché non basta avere “superpoteri” per essere magico. Questo mi premeva raccontare. Questo ho fatto con la trilogia dedicata a Merlino. Non esiste identità – magica o meno – se non passi attraverso la conoscenza di te stesso, se non impari ad accettare i tuoi dubbi e le tue vulnerabilità, se non conquisti la tua libertà attraverso la capacità di scegliere.

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i libri di Luisa Mattia (Clicca!)

C’è un personaggio dei fumetti, o una serie o una storia a fumetti, cui ti senti particolarmente legata? Sarei curiosa di sapere perché.
Sono cresciuta leggendo Topolino e le strisce Disney. Ho proseguito con i proibitissimi Diabolik. Ho amato (e continuo ad amare) I Peanuts e Calvin & Hobbes. Ma il mio personaggio preferito, in assoluto, è PIPPO. Perché? Perché è un filosofo distratto, uno che vede sempre le cose in forma poco oggettiva, uno che casca dalle nuvole, uno che si stupisce e che, per queste sue caratteristiche, è capace – molto più di altri – di vedere e comprendere ciò che la razionalità e il senso pratico non sono capaci di svelarti. Pippo è un saggio un po’ folle, il concentrato della semplice felicità.

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il sito web dell’autrice (clicca!)



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