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Scuola Holden, Baricco, il gusto, Kate Moss, quel che ho capito io.

Creato il 15 dicembre 2012 da Tazzina @tazzinadi


Scuola Holden, Baricco, il gusto, Kate Moss, quel che ho capito io.

Lezione di Alessandro Baricco, sul gusto e Kate Moss. Ovvero la bellezza e la bellezza. E la bellezza.


Scuola Holden, Baricco, il gusto, Kate Moss, quel che ho capito io.

A quanto pare il prossimo anno da quelle parti succede qualcosa.


Scuola Holden, Baricco, il gusto, Kate Moss, quel che ho capito io.

Uno sguardo veloce.


Scuola Holden, Baricco, il gusto, Kate Moss, quel che ho capito io.

Prima della lezione.


Scuola Holden, Baricco, il gusto, Kate Moss, quel che ho capito io.

Scuola Holden.


Scuola Holden, Baricco, il gusto, Kate Moss, quel che ho capito io.

La gente la gente la gente la gente (cit.).


Scuola Holden, Baricco, il gusto, Kate Moss, quel che ho capito io.

Alessandro Baricco in absentia. Fotografare le cose belle, ormai è chiaro, mi riesce sempre meno. Può essere infatti molto doloroso.
Il vecchio Holden ne converrebbe. 


Poco fa ero lì nel letto a guardare il soffitto, ma non potevo dormire. Mai fare le cose d'impulso, o peggio ancora di notte, oppure farle in modo netto e definitivo. Per la vita. 
Questo post penso che sarà netto e definitivo!
Torno dunque dalla lezione di Alessandro Baricco sul gusto e Kate Moss, alla Scuola Holden, che ringrazio per la gentile accoglienza. 
Arrivavo già un po' allegruccia da un aperitivo, e questo può dare un po' il polso dello stato d'animo. 
L'estasi divina, a confronto, è una barzelletta. Per capirci bene e in fretta.
Non ho mai fatto segreto del mio amore per Alessandro Baricco. Un amore che scopro, man mano che passano i minuti della mia vita, sempre più struggente. 
Se devo infatti dire gli attimi più interessanti della mia storia, non posso non ricordare di me stessa, nei più disparati stadi evolutivi, appollaiata scomodamente sulle più diverse seggiole del Piemonte, ad ascoltare costui che racconta qualsivoglia cosa.
Per anni ho pensato che dicesse sempre robe diverse, alimentando così violentemente questo mio amore infinito. Stasera ho capito che invece Alessandro Baricco va raccontando sempre una stessa cosa, unica e sola e in modo inconfondibile, seppur variegato, alimentando comunque l'amore, ma con estrema, fatale, acuminata esattezza e precisione incredibile.
Quello che racconta è, prediligendo lo sport (oggi era il salto in alto e l'invenzione del fosbury - fatto che mi ha sempre affascinata), ma sovente anche tramite esempi musicali (questa sera l'impietosa querelle Tebaldi-Callas: indovinate chi vince?) o libreschi (qui siamo nel campo dell'infinito leopardiano) o, sempre come questa sera, sulla moda (Kate Moss e prima e dopo il mistero) di quell'impeccabile, magico, quintessenziale momento in cui tutto, di colpo, cambia.
Che poi è il senso delle cose. Della loro evoluzione. Il senso inspiegabile delle cose.
Quel momento in cui un lampo di realtà conturbante ma chiarissima, mai indolore ma anche mai senza piacere, trafigge i cuori, o anche un cuore solo, e il mondo scatta via di un gradino, e il passo cambia, e con lui, dunque, si diceva, il gusto. Il sentire. Come cambia il gusto. Prima c'era altro, poi è arrivato, ad esempio, non so, il sushi, ho pensato io. Una cosa simile. Circa. Se ho ben capito. Per me in effetti è stato così. Prima c'era l'infanzia. Poi è arrivato Baricco. Che non è qualcosa di comprensibile, è proprio la vita che entra. Questo per dire che niente come una lezione di Baricco ascoltata dal vivo e da adulta mi aveva riportata alle sensazioni di quel tempo.
Devastante macchina del tempo. Odiosa macchina. Ma anche deliziosa. Sperimentare quelle cose adesso. Mioddio. Che ho fatto di bello per meritarmi tutto questo? Oppure: che avrò fatto mai di male per meritarmi questa dolce tortura? Mai. Mai lo saprò. Regali della vita. Vendette della vita. Mah. Comunque in conclusione il mondo si sposta con questi scatti. Cambiamo, finiamo. E non sappiamo bene il perché. Però è così bello, e normale.
Ciò, per sommi capi, quel che ho compreso, un po' brilla, in estasi, più giovane del dovuto e a un metro di distanza da. Da ciò che accade dopo. 
E questa era la parte bella; tornare alla Holden, dopo tanti anni e per di più dopo aver commesso l'unico reato della mia vita. Ovvero il furto di un libro. Libro che ho restituito proprio poche ore fa, al suo legittimo proprietario, con anche un bigliettino di Natale dentro. Sì. Giuro. Con su scritto qualcosa di molto stupido e convenzionale. Sul Natale. Credo. Sentendomi una bambina. Argh.
E questa è infatti la parte brutta. Cioè la parte dolente, che ho imparato oggi. Quando mi sono sentita una formidabile idiota a un metro da una splendida serata. Tra l'altro, era da un po' che mi ronzava tra i pensieri questa sensazione, forse come un presentimento. E ora ne ho avuto la conferma. 
A me le cose troppo belle fanno paura. Mi uccidono. Sto proprio male.
Scusate se lo dico qui, ma è quello che dirò anche ai miei figli se un giorno li avrò (o forse non li avrò perché è una cosa troppo bella?). Comunque insegnerò loro a incontrare poco gli scrittori. Anzi a non incontrarli. Se mi assomiglieranno, so già che ne soffriranno. Non che siano cattivi gli scrittori. In particolare Baricco, che è sempre così lieve in queste circostanze; una persona gentile. Ma sono io che patisco. Dirò loro di non incontrare mai a meno di due metri di distanza supremamente Baricco.
Esempio pratico. A un certo punto si è creato un crocicchio. Io stavo lì intorno. Pazzesco, se ci penso adesso. Volevo un po' partecipare, che ne so, andare a bere una birretta anche io. Tragicamente. 
Capite? Mi spiego meglio: desideravo parlare. Ma per dire che? Troppe cose. Parlare, dire quello che nemmeno in mille vite nessuno potrebbe mai. Che se ci penso adesso muoio dall'imbarazzo e dalla vergogna. Ma è mai possibile? Stavo lì come i vecchietti che guardano i cantieri. Una cosa forse ingenua, ma triste. Ovviamente non ci sono potuta andare a bere questa benedetta birretta. E il risultato è quell'imperscrutabile desiderio di morire, ovvero svanire dall'Universo. 
In una parola: provare a interagire con chi si ama così tanto, cari miei, è la fine. Un tragico errore. Mai farlo. Non fatelo. Lasciate stare. Non è umano. Fa malissimo. Scrivo con malinconia. E una certezza. Non me ne volete, ma non incontrerò più gli scrittori. Non quelli che amo così. Non Baricco.
(Calma, non penso alle presentazioni di libri, che, hey, da gennaio si ricomincia anche alla Coop qui di Torino, e qualche cosa al Circolo dei Lettori etc. e altre librerie varie tra l'altro, ne incontrerò in giro, credo, un bel po' dunque, in veste di presentatrice, circa, non vi preoccupate, ce la faccio). 
Ma non lo farò mai più in questo modo così folle. Così matto. Così innamorato. Da stalker! Santo cielo. Da morire. Ho temuto di lasciarci la pelle. Mi sono sentita ridicola. Scambiare due parole. No. No. Aiuto. Mai più! Non c'è motivo. Da piangere.
In effetti, non mi regge il cuore. 
Non so. Mi sa che in questi casi preferisco il silenzio; è più adatto, e clemente.
In questo momento infatti non vorrei essere qui, ma sul picco innevato di una montagna. Dove sempre mi sento bene. Assomigliare al nevischio. Ai raggi del sole bianco. Starmene lì, da sola, con i libri. Niente persone. No emozioni. No panico. Solo il cielo azzurro. And no surprises please!

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