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Se devi farlo, almeno fallo bene: piccole regole per usare i social

Creato il 23 giugno 2014 da Chiara Zappacenere @WalkingFashion

Chi mi legge da un po’ saprà che non perdono e non dimentico, specialmente quando si parla di social. E’ che mi infastidisce proprio vedere le cose fatte male. E’ più forte di me. Insomma, se devi farlo male piuttosto non lo fare: usare in maniera corretta Twitter, Facebook e compagnia bella non è semplice come può sembrare. Insomma (visto che è anche il mio mestiere), non è che si tratta di stare semplicemente lì a smanettare. Chiaramente, finché si tratta di usare i social network in veste di semplici utenti non è obbligatorio sottostare a regole particolari, anche se esistono alcune categorie di user davvero fastidiose o inquietanti, con le quali a volte mi trovo a dover interagire: ecco, anche lì un pochino di competenza in più sarebbe gradita.

Esco davvero dai gangheri però quando vedo gente che vorrebbe far credere di essere blogger senza nemmeno sapere da che parte girarsi. E invece ci sarebbero alcuni punti da seguire, per non essere proprio proprio naive quando ci si interfaccia con il proprio potenziale pubblico e con aziende/bella gente che vorrebbe ingaggiarvi. Quindi questo post nasce in parte anche come sfogo, perché ultimamente mi sono trovata – mio malgrado – a dover interagire con gente totalmente inesperta (quando così inesperta però non dovrebbe esserlo).

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Vi prego, imparate a muovervi nel pazzo pazzo mondo dei social prima di usarli: nessuno vi ha obbligato! Questa bellissima immagine proviene da Pinterest e voglio un Monopoly così

Prima di tutto: non è che dovete essere su tutti i social. Sceglietene alcuni, quelli che potrebbero funzionare meglio per voi, e usate quelli. Nel mio caso, quello che preferisco è Twitter: ne amo l’essenzialità, devi essere capace di condensare tutto ciò che vuoi dire in pochi caratteri, un centinaio la lunghezza ideale perché poi vanno aggiunti tag, RT, citazioni, immagini che vanno a “pesare” sui 140 ammessi. Non amo Facebook, e se il mio lavoro non richiedesse l’uso continuo di questo – e di tutti i – social non so sinceramente se sarei ancora iscritta. Mi sta dando soddisfazioni Instagram, che a differenza di Twitter non è affatto avaro, e ho scoperto che i miei post funzionano piuttosto bene su Linkedin. Niente di eclatante, ma va bene così.

Avete scelto i vostri “punti di riferimento” virtuali? Molto bene, viene da sé che dovreste conoscerne almeno le basi, ad esempio: come taggare gli altri. Non smetterò mai, e dico mai, di stupirmi: se azienda X ti retribuisce per smarchettare  testare i prodotti, mi sembra abbastanza ovvio includere l’account aziendale relativo alla piattaforma che si sta usando in quel determinato frangente. E invece, c’è chi sbaglia: mi è capitato di vedere la mia società collaborare con blogger che taggavano male, sbagliando l’account, o non taggavano affatto. Quindi, verificate i profili e taggate, sia che stiate pubblicizzando che si tratti di un contenuto genuino: il SMM e il brand ne saranno tanto, tanto felici e magari provvederanno a ripostare il vostro contenuto, creando ulteriore engagement.

Rispettate le persone che collaborano/vogliono collaborare con voi. Mi è capitato, nelle scorse settimane, di contattare una blogger appartenente alla rete di ambassadors della mia azienda per realizzare un guest post sul nostro blog. Ancora non ho ricevuto risposta ma ha contattato la persona che si occupa delle relazioni con i FB per la correzione di un testo che la riguardava; quando il mio collega le ha chiesto perché non mi avesse ancora risposto, la nostra cara fashionista ha detto di essere all’estero, senza internet, e di non poter quindi rispondere alla mia mail (ma evidentemente questo si verifica solo quando non è lei a dover chiedere qualcosa). Ora io mi chiedo: sei un/una blogger, vuoi farne non dico un mestiere, ma almeno una fonte di guadagno? Allora abbi rispetto di chi lavora con te, perché sicuramente si tratta di persone che non hanno tempo da perdere e che devono anche far fronte, ad esempio, ad un calendario editoriale (questo nel mio caso).

Non definitevi web influencer a caso. Chiara Ferragni* può farlo. Rudy Bandiera può farlo. Clio Make up può farlo. E ben pochi, oltre a loro, possono farlo. Quindi, a meno che non siate realmente in grado di influenzare (perché è questa la parola chiave) l’opinione di chi vi legge, magari decidendo il destino di un brand o di un locale (sì, come Ophra), non siete influencer. Caso chiuso.

Riconoscete i credits! In un blog, ovviamente retribuito per collaborare, ho trovato un mio testo realizzato a livello aziendale – insomma non proveniente da qua che è il mio luogo di cazzeggio – copiato ed incollato, senza nemmeno lo straccio di un link, di un grazie, di una citazione. Niente. Nada de nada. Ecco, siate carini con chi vive del lavoro della propria mente, siate capaci di riconoscere SEMPRE l’altrui proprietà intellettuale e non fate vostri testi che non lo sono. Tanto prima o poi vi scopriranno.

 

*Non mi piace Chiara Ferragni, credo sia sopravvalutata e penso si sia capito. Però non smetterò mai di riconoscerle i suoi meriti e la capacità, nel bene e nel male, di riuscire ad avere un impatto mediatico decisamente più forte di altri.


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