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Se fosse possibile, uccideresti Hitler da piccolo? Un dilemma filosofico spiegato bene (da Vox)

Creato il 10 novembre 2015 da Redatagli

Venerdì 23 ottobre, per qualche motivo, il New York Times Magazine ha deciso di pubblicare questo tweet:

Cari lettori, uccidereste Hitler da piccolo?
Se fosse possibile, uccideresti Hitler da piccolo? Un dilemma filosofico spiegato bene (da Vox)

Non è una domanda difficile, considerati i presupposti. Ipotizziamo che per eliminare Hitler basti tornare indietro nel tempo e che, come unica conseguenza, il partito nazista, privo di un leader carismatico, non vada al potere e non scateni né la Seconda guerra mondiale né l'Olocausto.
Posto che questa realtà alternativa non generi abomini peggiori, e che il viaggio temporale non abbia effetti collaterali indesiderati, la domanda si riduce a: "È etico uccidere una persona per salvarne più di quaranta milioni?"

Semplicissimo. Non bisogna essere utilitaristi convinti per pensare che un bambino sia uno scotto accettabile per la salvezza di milioni e milioni di vite.
Ma, naturalmente, questi presupposti sono audaci. Anche troppo. Ecco quindi alcuni dei problemi da risolvere prima di poter valutare con un minimo di senno se uccidere il piccolo Hitler sarebbe saggio.

SI PUÒ DAVVERO CAMBIARE LA STORIA VIAGGIANDO NEL TEMPO?

Bisogna innanzitutto chiedersi se viaggiare nel tempo sia in effetti funzionalmente possibile, il che è ben diverso dal capire se sia tecnicamente possibile.
Anche dandone per assodata la plausibilità, il viaggio nel tempo non dovrebbe, a rigor di logica, permettere di cambiare il corso della storia.

Così avviene in film quali L'esercito delle 12 scimmie e Terminator, dove - per citare il mio collega Matt Yglesias - "i balzi temporali risultano una semplice caratteristica dell'universo, che rimane un blocco quadridimensionale immutabile".
In Terminator, ad esempio, Kyle Reese viene spedito nel passato per proteggere Sarah Connor, il cui figlio John sarà tra i futuri capi della resistenza anti-Skynet. Ma Reese finisce per diventare lui stesso il padre biologico di John. Il suo viaggio era già insito nella linea del tempo.

L'idea che il viaggio temporale sia possibile, purché coerente con il passato già compiutosi, è conosciuta ai fisici come principio di autoconsistenza di Novikov. Può darsi che questo principio sia sbagliato, ma allora chi avalla la possibilità di tornare nel passato per alterarlo dovrebbe chiarire come evitare i paradossi.

Se fosse possibile, uccideresti Hitler da piccolo? Un dilemma filosofico spiegato bene (da Vox)
Si pensi al dilemma più famoso su questo tema, ovvero il paradosso del nonno. Supponiamo che viaggiate indietro nel tempo e uccidiate vostro nonno prima che vostro padre (o vostra madre) venga concepito: verrebbe a crearsi un mondo in cui esistete, eppure la vostra esistenza sarebbe razionalmente impossibile.
Poiché l'ipotesi è del tutto incongruente, il principio di autoconsistenza di Novikov è abbracciato da molti fisici e filosofi. Ciò viene spiegato a dovere dal compianto grande filosofo David Kellogg Lewis nel saggio The Paradoxes of Time Travel (1976) [ I paradossi del viaggio nel tempo]:

" Se nel 1921 "originale" Tim non ha ucciso il nonno, ma nel "nuovo" 1921 lo uccide, allora Tim, nel 1921 (l'unico vero 1921, che è tanto il "nuovo" quanto l' "originale"), dovrebbe sia ucciderlo sia non ucciderlo. Sul piano logico è impossibile che Tim, uccidendo il nonno nel 1921, cambi il passato. Quindi Tim non può ucciderlo ".

Il funzionamento pratico di questo principio è illustrato da alcune opere di fantasia che inscenano un tentato omicidio retroattivo di Hitler.
In Cradle of Darkness [ Culla di tenebra], episodio della stagione 2002-2003 di Ai confini della realtà, il personaggio interpretato da Katherine Heigl viene mandato indietro nel tempo per uccidere il neonato Hitler, e ci riesce, ma la madre del bambino ne adotta un altro e lo cresce come fosse Adolf; questi, da adulto, diventerà il capo del Partito Nazista, scatenerà la Seconda guerra mondiale, perpetrerà l'Olocausto e via dicendo.

Nel racconto lungo The Primal Solution (1977) [ La soluzione originaria], in maniera non dissimile, Eric Norden immagina che un vecchio scienziato ebreo, superstite dell'Olocausto, cerchi di tornare indietro nel tempo per controllare la mente di Hitler e costringerlo ad annegarsi. Hitler, sopravvissuto, identifica nella forza che voleva annientarlo un'origine ebrea e diventa un fervente anti-semita, portando al potere il nazismo e mettendo in moto l'Olocausto.

Queste versioni non saranno forse troppo soddisfacenti, tuttavia sono in linea con il principio di autoconsistenza di Novikov e hanno perciò maggiore coerenza interna rispetto a quelle in cui il vero e proprio Hitler viene ucciso.

POSSIAMO FARCI UN'IDEA DI COSA COMPORTEREBBE L'ASSASSINIO DI HITLER?

Abbiamo capito, quindi, che la metafisica del viaggio temporale è piena di insidie. E allora districhiamoci da questo ginepraio, tralasciando i viaggi nel tempo, e ipotizziamo di essere un austriaco residente a Braunau am Inn nel 1889, di avere la forte sensazione che il piccolo Adolf, un giorno, sterminerà decine di milioni di persone, e di risolverci quindi a ucciderlo.
Siete sicuri della correttezza delle vostre previsioni e non si creerebbero paradossi dovuti al viaggio temporale: lo fareste?

Se fosse possibile, uccideresti Hitler da piccolo? Un dilemma filosofico spiegato bene (da Vox)
Be'... chissà? Dipende da un bel po' di fattori. Innanzitutto, la premessa a questa domanda dà per scontato che, non fosse stato per l'esistenza di Adolf Hitler, i nazisti non sarebbero saliti al potere e non avrebbero scatenato la Seconda guerra mondiale né compiuto l'Olocausto.
Si può senz'altro immaginare una storia senza Hitler, in cui il partito nazista, privo di un leader carismatico, non va al potere; una storia in cui la Germania esce in qualche modo dalla Grande Depressione, la Repubblica di Weimar perdura, e non scoppia la Seconda guerra mondiale.

Ma si può anche immaginare una storia in cui emerge un altro leader, addirittura più efficiente di Hitler. Ed è proprio ciò che propone il comico Stephen Fry nel romanzo Making History [ Fare la storia]: Michael Young, dottorando in storia, va indietro nel tempo e rende il padre di Hitler sterile.
Tuttavia, il partito nazista sale lo stesso al potere, sotto la guida di un certo Rudolf Gloder, il quale, non avendo i difetti caratteriali di Hitler, riesce a procurarsi armi nucleari, a distruggere Mosca e San Pietroburgo, a occupare in pianta stabile quasi tutta l'Europa, a sterminarne gli ebrei e a portare avanti per un tempo indeterminato una guerra fredda con gli Stati Uniti.

Si può anche immaginare una storia alternativa in cui i nazisti non vanno al potere, ma il movimento Völkisch nella Germania del primo dopoguerra spiana la strada a un altro regime profondamente anti-semita, o perlomeno un regime che innesca un altro conflitto mondiale.
Oppure la Germania se ne sta buona, ma senza la Seconda guerra mondiale le tensioni tra americani e sovietici sfociano in una "guerra calda" ancora più sanguinosa e distruttiva. E magari questo conflitto, a differenza della Seconda guerra mondiale, non porta a una rivoluzione post-bellica nel campo dei diritti umani, rallentando il diffondersi della democrazia liberale e causando ulteriori sofferenze a milioni di persone.

Questo per dire che non abbiamo la minima idea di come sarebbe il mondo se Hitler fosse morto da piccolo. Non sappiamo quanto più debole o forte sarebbe stato il partito nazista. Non sappiamo se si sarebbe potuta evitare una seconda guerra tra Gran Bretagna/Francia/Russia e Germania e se, in tal caso, non ce ne sarebbe stata un'altra più sanguinosa.
Non sapendo tutto questo, non possiamo neanche dire quali conseguenze avrebbe avuto l'uccisione di Hitler e, pertanto, se avrebbe generato più bene che male.

NON POTENDO STABILIRE SE UCCIDERE HITLER SAREBBE GIUSTO O SBAGLIATO, È POSSIBILE STABILIRE SE UNA COSA QUALSIASI SIA GIUSTA O SBAGLIATA?

Di fatto si tratta di un problema generale per le teorie morali consequenzialiste, cioè quelle teorie che stimano la moralità di un'azione soltanto in base alle sue conseguenze.
Nell'ormai classico saggio Consequentialism and Cluelessness (2000) [ Consequenzialismo e irresoluzione], James Lenman dell'Università di Sheffield affronta la questione ponendo il caso di un bandito tedesco che, nel 100 a.C., si chiede se uccidere un lontano antenato di - indovinato! - Adolf Hitler:

" Immaginiamo di trovarci nell'odierna Germania meridionale, un centinaio di anni prima della nascita di Cristo. Richard, bandito pressoché sconosciuto alla storia, ha saccheggiato un villaggio e ucciso tutti gli abitanti tranne uno. Richard trova quest'ultima superstite, una donna incinta di nome Angie, nascosta in una casa che sta per essere bruciata. In uno slancio di compassione, dà ordine di risparmiarle la vita. Ma forse, secondo il metro consequenzialista, non avrebbe dovuto farlo. Poniamo, infatti, che Angie sia la bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bis bisnonna di Adolf Hitler. I milioni di vittime di Hitler sarebbero pertanto anche vittime della clemenza di Richard nei confronti di Angie.

Ciò significa che Richard, alla luce dei crimini di Hitler, ha agito male, in termini consequenzialisti? No, perché non è detto che i crimini di Hitler siano la conseguenza più significativa dell'azione di Richard. Magari, se Angie fosse stata uccisa, il figlio Peter l'avrebbe vendicata, e allora Samantha, vedova di Richard, si sarebbe risposata con Francis. E chissà che, in tal caso, dopo 115 generazioni Francis e Samantha non avrebbero avuto un discendente, Malcolm l'Abominio, che avrebbe conquistato il mondo, macchiandosi di crimini ben più vasti e terribili di quelli di Hitler".

Il punto di Lenman è che, se la moralità consiste nel massimizzare le conseguenze positive, nel caso in cui gli effetti immediati di un'azione quale uccidere una villica innocente vengano soffocati dalle ripercussioni di migliaia d'anni dopo (che nessuno avrebbe mai potuto ragionevolmente prevedere), si viene a porre un problema.

Se fosse possibile, uccideresti Hitler da piccolo? Un dilemma filosofico spiegato bene (da Vox)

Magari lo scorso fine settimana, in un locale, ho conosciuto un tizio la cui progenie, fra 2.000 anni, causerà l'estinzione della razza umana. Ciò implicherebbe che la peggior cosa che io abbia mai fatto sia stata trattenermi dall'uccidere quel tizio.
Da questo sembra scaturire che non c'è in effetti alcun modo per sapere se si sta facendo la scelta etica corretta. O vivere un'esistenza etica è impossibile o è necessaria una teoria morale meno legata alle conseguenze delle azioni.

Io sono meno pessimista di Lenman. Come controbatte Tyler Cowen in un saggio, il fatto che esista una profonda incertezza è significativo e ci ridimensiona, ciononostante non ci impedisce di stimare i possibili esiti di un evento. Se siamo certi che sventando un complotto terroristico nucleare salveremmo nell'immediato milioni di vite, avremmo ottime ragioni per farlo, pur ignorandone gli effetti a lungo termine.

La "critica epistemica", com'è ora conosciuta la tesi di Lenman, acquista importanza quando si prendono in esame conseguenze meno dirette, come gli effetti che l'uccisione di un neonato nel 1889 potrebbe avere sulla guerra e sulla pace nel 1939. Non è come sventare un complotto nucleare.
In ogni caso, non sappiamo quali ripercussioni avrebbe avuto l'uccisione di Hitler. Questo rende il problema del suo infanticidio del tutto insolubile.

Dylan Matthews
Segui Tagli su Facebook e Twitter Traduzione dall'inglese a cura di Davide Trovò

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