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Se l’Economia ammazza la Cultura

Creato il 11 marzo 2012 da Lalternativa

Negli utlimi tempi c’e’ una strana usanza fra gli intellettuali e fra i politici (o meglio fra i politici pseudo-intellettuali), ovvero quella di sostenere l’idea che la cultura sia una leva importante per lo sviluppo economico dei nostri comuni, delle nsotre regioni, insomma del Belpaese tutto.

Il ragionamento che seguono quelli che in Italia chiamiamo ‘classe dirigente’, e’ il seguente: ”Smettiamo di trascurare i nostri beni architettonici, i reperti archeologici che svelano la nostra storia, le nostre bellezze paesaggistiche, la nostra arte.

Piuttosto sfruttiamole per guadagnarci, per fare profitti, per ricavare denaro” che, aggiungiamo noi, nella migliore delle ipotesi finira’, in piccolissima parte, in altri investimenti ‘culturali’.

Si continua, insomma, a parlare di cultura per lo sviluppo economico come se si facesse un ragionamento illuminato, degno di migliaia di voti in campagna elettorale.

Tutto questo perche’, sostengono sempre gli pseudo-politici-intellettuali, la cultura produce anche occupazione. Ma quali sono questi posti di lavoro?

Una fabbrica del precariato, direbbe qualcuno. Soprattutto chi è stato sfruttato come guida turistica, giovani che conoscono quattro lingue e la storia, alla perfezione, dei monumenti che mostrano ai turisti. Chieriamolo a quanti lavorano negli infopoint e che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono pagati pochi spiccioli. Parliamo con tutti i musicisti e i coristi che, nel teatro Petruzzelli di Bari, hanno lavorato per anni da co.co.co in una importante orchestra e ora rischiano, per mere beghe politiche, di essere tutti licenziati.

Di esempi ce ne sarebbero moltissimi altri.

Si potrebbe parlare dell’ingiustizia delle realta’ culturali piu’ piccole, come i piccoli cinema e teatri, o le piccole case editrici, o le piccole gallerie d’arte. Queste dovrebbero chiudere perche’ non producono abbastanza profitti?

Dobbiamo allora chiarire se occorre puntare il nostro denaro in base al ritorno economico dell’investimento.

La favoletta della cultura che produce benssere e lavoro, a nostro avviso deve, se non finire del tutto, per lo meno trovare un finale differente. Per farlo, pero’, e’ necessario che qualosa cambi, e’ il caso di dirlo, nell’economia del racconto.

Ad esempio pensando di modificare i meccanismi a monte della indicazione, e quindi nella selezione, dei dirigenti che, all’interno delle istituzioni, sono addetti alla gestione di tutti i beni culturali e anche degli spettacoli che, nel caso dei tratri o di particolari eventi musicali, vengono considerati di alta rilevanza artistica.

Quello che insomma appare evidente, e’ che sia proprio questa ricerca disperata di un rapporto con l’economia ad ammazzare la cultura.

Il profitto, che non è chiaro a vantaggio di chi sia, diventa un danno e non un beneficio per il futuro della cultura nel nostro Paese. E il fatto stesso di parlare di cultura come di una leva economica, non spiega di per se’ quale sia la leva per lo sviluppo della cultura. E’ forse la capacita’ di fare correttamente certe scelte?

Perche’ rediamo sia compito di un Paese civile stanziare, incrementandole sempre di piu’, le risorse per la cultura senza preoccuparsi di farle per forza fruttare il piu’ possibile come se si stesse facendo un investimento in Borsa, con la pretesa di riavere, a scadenza, per lo meno il capitale investito.

La cultura non e’ un bene su cui scommettere per ricavare profitti. Ma e’ un bene la cui durata dipende dalla intelligenza, e non dalla abilità di una speculazione economico-finanziaria, degli amministratori pubblici.

Quindi piuttosto che continuare a sostenere, pensado di fare affermazioni intelligenti, che bisogna investire in cultura perche’ si possono fare i soldi, la politica farebbe bene a capire che le risorse per la cultura (che in molti casi ci sono e vengono male amministrate) vanno usate perche’ il guadagno, quello vero per i territori e i suoi abitanti, sta nell’atto stesso e non nella sua conseguenza.

Del resto, basti pensare che al Mibac, il ministero per i beni e le attivita’ cutlurali, e’ fermo oltre un miliardo di euro per la tutela, conservazione e valorizzazione del nostro patrimonio artistico, cutlurale e paesaggistico.

Forse qualcuno vuole investirli in una polizza assicurativa?

 


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