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Selma, la strada per la libertà e per la riuscita di un film

Creato il 09 febbraio 2015 da Oggialcinemanet @oggialcinema

commento di Massimo Padoin

Summary:

Un po’ di storia. Il titolo di Selma – La strada per la libertà si riferisce alla località da cui partirono le marce di protesta nell’ottenimento della parità nei diritti civili per le persone di colore nel 1965, da Selma a Montgomery. Vari furono i tentativi organizzati, del resto le resistenze della comunità locale all’uguaglianza era nota, tre marce partirono con obbiettivo quello di raggiungere la capitale dello stato e far udire la propria voce, manifestazioni contro cui si abbatté l’intervento delle istituzioni e del suo braccio armato, la polizia, e il Bloody sunday ne è il risultato più doloroso. Uno scontro condotto metaforicamente per strada, lo spazio di una protesta diventata più forte con l’aggiungersi anche del maggior rappresentante alla lotta per la parità dei diritti, Martin Luther King, e con il passare del tempo sempre più urgentemente necessaria.

Certe volte le coincidenze della storia, se guardate con il distacco del tempo, sembrano essere incredibili, almeno sotto il piano metaforico, perché forse per raccontare questa storia non esisteva contesto migliore che della strada. L’idea di un percorso da intraprendere come viatico principale per superare le barriere e svincolo essenziale per il raggiungimento della parità sociale. Una strada che vista da lontano potrebbe sembrare rettilinea, come se a guardarla fosse un’osservatore distante agli eventi, ma che si riempie d’insidie e ostacoli, di battute d’arresto e cadute, senza però non perdere mai l’essenzialità di un obbiettivo. Proprio come una storia da raccontare e che senza difficoltà si riversa nella Storia.

La scelta di raccontare Martin Luther King, interpretato da David Oyelovo, evitando di realizzarne un memoriale per esserne ritratto indiretto come scopo e pretesto attraverso i fatti di Selma, fa avvicinare il film di Ava DuVernay a quel genere di film che raccontano le sfaccettature di un singolo personaggio attraverso un episodio. Condensando la personalità in pochi e significativi episodi, delinearne gli antagonisti ideologici, come il governatore George Wallace interpretato da Tim Roth, e i timidi alleati, il presidente Lyndon Johnson di Tom Wilkinson. Nella sua linearità narrativa in operazioni del genere il rischio che generalmente si corre è quello di cadere nella retorica per rendere la giusta grandezza al personaggio, comprimere così tanto in così poco potrebbe avere gli effetti contrari da quelli sperati, appesantendone la morale. Difetto cui era andato incontro The butler l’anno scorso, seppure il film di Lee Daniels abbracciasse la vita intera di un personaggio decisamente più defilato di Martin Luther King, l’incidenza tra il percorso personale e storico rende i due film accostabili. In comune le due pellicole hanno anche la presenza illustre di Oprah Winfrey che spicca nella lunga lista d’importanti attori, in The butler comparivano, quasi come una parata liberal, Robin Williams, Jane Fonda, John Cusack, Lenny Cravitz assieme a Cuba Gooding Jr. e soprattutto di David Oyelovo che tornano entrambi in Selma. La pellicola di Ava DuVernay presenta un cast magari meno di richiamo ma di certo non in spessore, che assieme a quelli già citati, ci sono ottimi caratteristi quali Giovanni Ribisi e Alessandro Nivola.

A distinguere le due pellicole è la differente considerazione che l’Academy ha rivolto per ognuna, il film di Lee Daniels non ne raccolse nemmeno una (abbastanza clamorosamente soprattutto per quanto riguarda la non candidatura di Forest Whitaker come protagonista), Selma – La strada per la libertà è riuscita a raggiungere invece quella a miglior film che ne ha notevolmente aumentato l’attenzione mediatica. Caso di film indipendente che riesce a farsi largo tra le maglie hollywoodiane, e che sempre più spesso agli Oscar vengono tenuti in considerazione, per quanto si possa realmente parlare di prodotto indie considerando i nomi coinvolti e il tema raccontato. Merito anche di una regista che si è fatta le ossa nell’ambiente lavorando spesso alla promozione di numerosissime altre pellicole e lavorando spesso come sceneggiatrice e produttrice per documentari, film Tv e diventando successivamente la prima regista afroamericana a vincere il premio alla miglior regia al Sundance film festival. Selma è il suo terzo film da regista per il cinema, i primi due (I will follow e In the middle of nowhere) entrambi con protagonisti personaggi afroamericani, erano storie intime, con Selma la DuVernay ha deciso di alzare il tiro parlando della Storia. Insomma una regista che ha percorso una tappa alla volta e con pazienza è riuscita a raggiungere il successo, e del resto quando nel tuo prossimo progetto per una serie Tv avrai ancora Oprah Winfrey a partecipare attivamente allo sviluppo è proprio difficile non esser ottimisti sul proprio futuro.

di Massimo Padoin per Oggialcinema.net


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