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Sem Benelli, Chi non beve con me, peste lo colga!

Da Paolorossi

A Firenze, in casa di uno dei Tornaquinci, Cavaliere speron d'oro. Una sala da pranzo, con armi ai muri e bandiere in un angolo. In faccia, a destra, un camino di pietra scolpita con alari. A sinistra, sempre in faccia, attraverso il muro larghissimo, la finestra aperta sugli orti, le case, le torri, il colle di San Miniato. Un uscio per ogni Iato : da quello di destra si va nelle cucine : da quello di sinistra, nell' interno della casa e alla porta di fuori. Ornamenti semplici ed eleganti. Alle mura fregi ad affresco.

I servi apparecchiano la tavola, dispongono le sedie. II Calandra, il maggiore di loro, è attento all' opera con somma coscienza. Nencio è sbadato, ghiotto, rissoso. È finito il tramonto : aria rossa di sera sui colli e la città. I servi recano i lumi. Verso la fine dell'atto, notte di luna. E' maggio.

[...]

NERI.
Datemi bere, qua: vo' prima bere!
A tutti bere!

(I servi danno bere)

NERI.
Assai mi duole
che sia lontano il mio caro fratello.
Ma così gran rumore leverò
questa sera in Fiorenza, che la voce
delle mie gesta lo raggiungerà.

(Ebbro)
Bevo alla barba di chi non ha debiti!

GIANNETTO.
(Interrompendo)
Certo di non offendere i presenti!

NERI.
Bevo alla barba di chi signoreggia
questa terra di vili e femminette :
mercanti ladri e santi solamente
in agonia!

GIANNETTO.
Che il giusto Dio ti dia!

NERI.
A te! bevo esaltando i capri e gli asini
che Lorenzo Magnifico pastura,
aiutato da' suoi prodi compagni
poppatori, beoni e tavernieri...
CHI NON BEVE CON ME, PESTE LO COLGA!

[...]

( Sem Benelli, tratto da "La cena delle beffe", Fratelli Treves, Editori - Milano, 1909 )

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