Magazine Diario personale

Sempre da quel ponte di Manesseno

Da Il Gazzettino Del Bel Mondo
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Fotografia Archivio Azzaro

Ringraziamo la signora Rita Marchese per la sua preziosa testimonianza che va a collegarsi con quanto Riccardo Storti pubblicò qualche mese fa sul suo blog

Vorrei prendere spunto da quanto pubblicato recentemente sul blog di Riccardo per condividere qualche altro ricordo legato al “Ponte” ed alle persone che lì intorno vivevano e lavoravano.

Ho conosciuto personalmente Francesco “u perucché” ed ho sposato suo nipote Lino, che era figlio di una sua figlia.

Mio marito mi raccontava di quando, da piccolo, seguiva il nonno nella ghiacciaia (“a giassea”) che si trovava proprio sotto al ponte, dalla parte di Manesseno.

Lì, nonno Francesco si dedicava, tra l’altro, alla preparazione dei suoi gelati, sotto lo sguardo goloso del nipotino. La pazienza di Lino veniva solitamente premiata con un “garsunin, ti l’eu un sciurbettu?” a cui seguiva regolarmente la consegna di un piccolo cono colmo di sorbetto dalla bontà ineguagliabile, almeno a quanto ha sempre affermato il diretto interessato.

Alla ghiacciaia si accedeva da una scalinata laterale, non ancora visibile nella foto pubblicata.

Sempre quella ghiacciaia, venne utilizzata dagli abitanti del Ponte come rifugio, durante i tristemente famosi bombardamenti in tempo di guerra.

A lato del ponte, sotto il negozio di barbiere a piano strada, si trovava invece la falegnameria di nonno Francesco: un piccolo locale in legno che dava sul fiume, ben visibile nella foto. Gli attrezzi della falegnameria venivano gentilmente messi a disposizione di chi li sapesse usare e ne avesse bisogno. E’ in quel piccolo locale che mio padre, “u Drin”, ha realizzato una credenzina che ho ancora in casa.

A fianco del negozio di barbiere, si vede la casa dove, fino alla demolizione dell’edificio, si trovava il ben noto negozio di vimini di Rino, altro nipote di Francesco.

Ai tempi della foto, però, al posto del negozio di vimini c’era una macelleria, con tanto di mattatoio (“l’ammassu”) che si trovava nel porticato che dà sul fiume, proprio sotto la casa, come si può vedere nella foto stessa. (Rita Marchese)



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