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Seneca “Il tempo” (II parte)

Da Lielarousse

Roma 6 marzo 2014

Sveglio. Non riesco ad aprire gli occhi mentre bolle di musica elettronica risuonano nella mia memoria. Scosto dal corpo il peso delle coperte. Poggio i piedi a terra. Il nulla di un pavimento freddo mi risucchia. Cado. Non vedo appigli per rialzarmi e non gelare. Ho gli occhi chiusi. Ho gli occhi chiusi cuciti da fili di ciglia.  Avverto il tocco di una mano. Avverto il tocco di una mano sul  mio viso. Una mano di bontà a me sconosciute carezza la mia guancia. Quella mano con quella carezza issa il mio corpo. Sono in piedi e lei si è dissolta. La mano e la sua carezza non ci sono più. In terra i palmi dei mie piedi hanno però freddo. Il mio volto, il mio volto è irrorato da calore. Calore  che lascia una scia di saporito profumo  sotto il mio naso ed io ho fame di quell’odore e allora cammino cammino cammino per inseguirla. Cammino. Cammino. Cammino. Cammino. Per inseguirla.

L.L.

Seneca
Il tempo II

Resto sempre stupito quando vedo alcuni che,
come se niente fosse, chiedono per sé,
spazi di tempo altrui,  e altri che,
se glielo si chiede, sono pronti ad accordare
ore e ore della loro giornata;
il fatto è che tutti prendono in considerazione
lo scopo per cui si chiede di impegnare il tempo,
ma nessuno valuta il tempo in sé: lo si chiede,
come se fosse una cosa da nulla, e,
come se non fosse niente, lo si concede.
Eppure si gioca con la cosa più preziosa
che ci sia; inganna perché è immateriale,
perché non la si vede:
per questo non le si da importanza,
anzi è ritenuta quasi di nessun valore.
Le rendite annue, gli stipendi si pagano cari:
la gente se li suda e vi investe attività e impegno;
al tempo invece nessuno dà valore;
lo usi con larghezza come si fa con una cosa
che non costa nulla.

A domani
Lié Larousse



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