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senti le rane

Creato il 19 novembre 2015 da Inbassoadestra

C’è questa intervista di Giovanna Amato a Paolo Colagrande, su Poetarum Silva, a riguardo del romanzo Senti le rane, che io non saprei come dire, leggetela, per piacere, e leggete anche Senti le rane già che ci siamo, che è un piacere bellissimo.

“Il comico, per definizione, è impastato di tragedia: in Senti le rane, come nel mondo, ogni personaggio produce comicità vivendo il proprio dramma.”

“Amo le rane: cugine brutte e stonate delle sirene. Ma a differenza delle sirene, che sono cattive e sanguinarie, le rane sono buone, non conoscono l’offesa, il loro canto è senza tono e senza utopie, terreno e dimesso, un po’ incline alla petulanza, come la vanvera degli uomini, ma più discreto.”

[ estratti da Poetarum Silva. Intervista completa QUI ]

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“Ecco, ciascuno di noi a un bel momento si ritrova in mano una spada insanguinata: non sa perché e da quanto tempo e dove l’ha presa o se gliel’ha data qualcuno e soprattutto perché è insanguinata e di quale sangue, ma insomma ce l’ha stretta in mano. E mentre la guarda e la riguarda e la gira e la rigira con comprensibile sbalordimento facendo anche degli sforzi di memoria, si volta indietro e trova la strada piena di sangue, con morti e feriti sparsi, gli ultimi magari infilzati un minuto fa. Capita di solito sulla via del ritorno, di accorgersi dei morti, perché è sulla via del ritorno che l’uomo è più lucido, riflessivo ed equanime e il ritorno ha un valore per così dire consuntivo e catartico. Un po’ come quando finisci un lavoro, non so se sei pratico di lavori finiti se non sei pratico fa lo stesso, poi sei più sereno e neutrale e anche autocritico, ti accorgi di cose che mentre lavoravi ce le avevi davanti agli occhi ma non le vedevi, le vedi solo adesso cioè alla fine. Tu sei su una strada di ritorno e il passo è più lento e misurato, non c’è la fretta che avevi all’andata e hai addosso anche quella stanchezza malinconica che ti fa vedere il mondo senza gli occhiali bugiardi dell’abitudine. E mentre tiri un sospiro consuntivo che comincia dal peso delle gambe e arriva fino alla testa per rinfrescarti di un cielo immenso tiepido fragrante di tarda primavera (i ritorni si fanno sempre in mezze stagioni clementi, non chiedetemi perché) proprio a metà del sospiro diciamo all’altezza delle braccia, quando ricapitoli le energie e distingui il confine universale tra benessere e malessere che è un cascame terreno del confine universale tra il bene e il male, ti accorgi di un incomodo che hai l’impressione di portare addosso chissà da quanto tempo, e allora ti guardi istintivamente la mano destra, se sei destrimano, e lì trovi la famosa spada insanguinata; poi ancora istintivamente ti giri indietro e vedi il sangue, e sopra il sangue tutte le vittime.”

[Senti le rane _ Paolo Colagrande _ edizioni nottetempo _ 2015]

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