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Creato il 29 agosto 2012 da Pa1978 @peverina
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Due settimane possono volatilizzarsi, e possono essere dense e collose allo stesso tempo. Perchè il tempo si rimescola, a volte, senza intrappolarci ma lasciandoci liberi di farlo fluttuare a piacimento attorno alle nostre vite, come una gonna larga di cotone, di quelle che non metto mai, ma che amo addosso alle mie amiche. Due semplici perfette settimane fatte di tutto ciò di cui avevo bisogno, una civitanovese, ed una francese.
Ho festeggiato l'anniversario di matrimonio dei miei genitori dividendo un brodetto da manuale con Flappy. Ho riso fino alle lacrime sdraiata su un letto fresco, nella siesta agostana, con due fantastiche donne della mia famiglia. Ho visto per la prima volta una corsa di cavalli e ho respirato un'autentica atmosfera bukoskiana, mi sono riempita gli occhi di quella terra rossa, di quel sole accecante e ho lasciato che il vento caldo della collina mi ripulisse un pò a fondo. Ho comprato bicchieri di vetro usati da chissà chi e in chissà quali case, chissà quali bar, di quel bel vetro sfaccettato e grosso e confortevole. Ho rivisto tutti i miei cari amici, li ho trovati sempre belli e sempre speciali, i più speciali al mondo. Ho camminato per la prima volta con Marta sul lungomare nord. Ho acquistato le copie dei suoi libri e ve ne parlerò. Ho anche conosciuto Marco il corridore, con lo sguardo che va lontanissimo, più delle sue gambe. Ho postato foto su instagram dal lungomare sud, anche questa una mia prima volta, e mi sono divertita nel farlo. Ho imparato una canzone di Claudia Mori dalla mia amica che la canta meravigliosamente e la balla in maniera flessuosa, folle amica dei miei sedici anni che ha trasmesso egregiamente la sua follia a quel teppista sregolato di suo figlio. Ho anche tenuto in braccio Franceschino, danzato con Elsa e ho giocato a bambole con Agata, introducendo infiniti balli con il principe e passeggiate fino alla finestra del salotto per osservare il panorama e sentirla esclamare, con marcata inflessione civitanovese, "S'è bbbbelloooo!". Ho mangiato tante pizze bianche. Ho letto Via Castellana Bandiera di Emma Dante e Tartufi bianchi in inverno di N. M. Kelby. Ho fatto quasi sempre il bagno al mare. Ho parlato tanto con Graziana. Ho rivisto Montelupone, e Fermo. Ho scoperto la libreria Ferlinghetti dove c'è una parete tutta dedicata ai beat, e si respira un'aria di casa impressionante. Ho fatto colazione con Barbara, un rito che non devo mai scordare di compiere, perchè ne abbiamo bisogno entrambe. Ho visto qualche puntata della trashissima fiction televisiva Capri solo e unicamente per la faccia fantastica (perdonatemi se potete) di Sergio Assisi. Ho visitato tre mostre a Civitanova Alta, rimettendo piede in galleria, ma è stato doloroso, forse più che a Pasqua. Ho sentito che Dino era vicino vicino a me mente sedevo con Simone al porto sorseggiando birra rossa, ed è stata una sensazione mai provata prima d'ora. Era lì. Poi siamo tornati a casa, siamo passati da Lissone e siamo ripartiti per Cassis. Ho trascorso sette giorni in simbiosi con Nick ed è stato come bere acqua limpida quando si ha davvero sete. Con lui ho fatto tutto ciò che amiamo fare solitamente, aggiungendo deliziosi riti francesi che andrò ad elencarvi: le cozze al vapore sui tavolini davanti al molo, la birra sotto al faro, il pastis nei vicoli, prendere il sole sulle rocce di fronte al porto, comprare pane, olive e melone al mercato per il pranzo, le brioche tiepide con il latte al cioccolato tutte le mattine, la Perrier ghiacciata a tutte le ore, il vino di Cassis con le olive nere, sulle sedie rosse appiccicose da regista, fronte mare. Le Castellet. Marsiglia, di nuovo, finalmente. Città splendida, decadente, fastosa, poetica di una poesia che ci commuove. La giostra dei cavalli arabi e bianchi che suonava Sinatra alle dieci del mattino, in modo struggente. Il negozietto Virginie Monroe: ho subito riconosciuto la proprietaria, e lei era felice perchè portavo al collo la sua stellina marsigliese, ed è stato proprio bello rimetterci piede. I vicoli della città vecchia, con il sole a picco, le foglie secche, i profumi, le gambe spezzate, le porte dipinte di blu. Il piatto colmo di formaggi grassissimi. Le ciabatte ripiene di salmone fresco, e di pollo in gelatina. La proprietaria dell'Hotel Maguy con il brillantino sulle ciglia. Sua figlia uguale ad una Jessica Biel adolescente. L'anziano mago di carte con gli occhi come cristalli. I tornei di bocce in piazza. Gli eterni giri a piedi nelle sere vellutate. Hôtel du Nord di Eugène Dabit. Le cicale. L'estate, questa esplosione di colori e odori forti, ogni volta, così violenta e così delicata insieme.
Sono tornata e ho scritto tutto questo, che è così personale, qui per voi, ed era tanto che non scrivevo di me - non ne ero stata più più capace. Non è tutto, e non è che un lampo, una fotografia, un fermo immagine su un piccolo frammento del mio cammino. Ma viviamo in tempi che sanno essere molto aridi. Ho imparato forse un pò tardi che la poesia è necessaria. Che non voglio circondarmi di persone inutili, dannose. Di gesti meccanici, egoisti. Non ne ho bisogno, non è giusto. Ho imparato tanto negli ultimi tempi e non voglio scordarmelo. E desidero tante cose che prima non desideravo. E so cosa mi fa bene e cosa mi danneggia. Se ci fosse più consapevolezza, tutto non andrebbe così tanto a rotoli. Ma non possiamo imbarcarci in grandi imprese se non iniziamo da noi stessi. 
Io ho deciso di iniziare, ho già iniziato, e scrivere di tutto ciò che rende bello il viaggio mi aiuta decisamente. Credo sia troppo pretendere che aiuti anche voi, perciò mi fermo, e vi abbraccio.

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