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Servizio Pubblico didascalico – Sull’incipit santoriano dopo lo scazzo con Travaglio: pace fatta?

Creato il 24 ottobre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
mtdi Rina Brundu. Fuori! No, per carità, non sto buttando fuori nessuno. Fuori!, è solo il titolo della quinta puntata della quarta serie del santoriano Servizio Pubblico, per intenderci la puntata successiva al plateale “addio” travaglico dopo le “incomprensioni” col conduttore del programma sulla gestione mediatica dell’affaire-alluvione genovese.

L’anno che verrà è una delle tante canzoni del grandissimo Lucio Dalla che ha un’apertura davvero straordinaria, delle note e delle liriche iniziali che hanno la potenza di una marcia verdiana, un unicum geniale che in date occasioni fa venire la pelle d’oca. Quanto sarebbe stato bello se dopo avere “presentato” la puntata Fuori!, con quella canzone, il regista di Servizio Pubblico avesse mandato subito in onda i titoli e poi avesse dato voce ai partecipanti alla manifestazione politica di cui si trattava nel primo servizio esterno!

Magari! Purtroppo, subito dopo la musica anche in questa occasione ci siamo dovuti sorbire un buon piatto di incipit-didascalico (leggasi pistolotto!), santoriano condito in salsa amarcord. Di fatto, idealmente non-rivolgendosi all’amico Travaglio, Michele Santoro ha ricordato le origini della loro amicizia (i tempi in cui Moggi regalava tanti “orologi” agli “albitri” e noi eravamo una squadra “fortissimi piena di gente fantastici”), nonché l’era antiberlusconistica che quell’amicizia la suggellò: come a dire che il collante di tanta affinità elettiva è in fondo il signore di Arcore, meglio ancora, galeotto fu il signore di Arcore!

Lottando gagliardamente contro la “censura” messa in essere da colui, Santoro sarebbe dunque diventato amico di Travaglio (domanda: ma questo epocale quid la settimana scorsa se l’era dimenticato?), e pur di dare la parola a Grillo avrebbe rischiato il licenziamento (parole sue). ‘Appero! Non contento, come vinto da un senso di esaltazione epico-digitale, il conduttore ha giurato che “noi siamo quelli che non si spaventano quando vedono qualcosa di rosso”. D’accordo che da quando è arrivato il renzismo anche i drappi usati dai toreri delle corride spagnole sono rosa confetto, ma da qui a voler ancora far passare la favola dello spettro rosso che si aggira per l’Europa per una storiella terrificante, ce ne corre! Scomodare infine le carneficine dell’ISIS, il flagello dell’Ebola per dare mano forte al discorso, puntellarlo, di nuovo, di un humus collettivo epico, per giustificare il personale “malfatto” (nel senso di fatto, condotto male), mi è sembrato davvero esagerato…

Altra domanda: ma anziché imbarcarsi in un tal pistolotto pesante come un minestrone di lardo cotto a fuoco lento da contadina inesperta, non sarebbe stato meglio dire semplicemente: perdonami Marco, ho sbagliato con te la volta scorsa, muoviamo oltre!

Di fatto, Travaglio ha fatto proprio così. È entrato all’ora delle streghe in cui il collega lo ha relegato, gli ha stretto la mano e ha cominciato a cazziare Tizio, Caio e Matteo: mitico!!

Pace fatta? Uhm.

Featured image, Marco Travaglio in uno screen-shot da Servizio Pubblico online.

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