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Sesso, alcol e notizie, che confusione!

Da Trentinowine

confusioneC’è una notizia buona (qui), una cattiva (qui) ed una farlocca (qui), per usare un termine alla moda.  Quale volete per prima?

Andiamo per  ordine. I “maschi confusi” sono quelli che Sergio Ferrari e Giuseppe Michelon descrivono molto bene nella pagina dell’agricoltura del settimanale diocesano Vita Trentina del 12 aprile, ma non si riferiscono a quelli attaccati alla bottiglia, bensì quelli che attaccano la vite. Provate però a sostituire lo Scaphoideus con un alcolista qualsiasi ne esce un romanzo erotico dei più eccitanti… fra micro vibrazioni e confusioni sessuali provocate dall’ umore emesso dalle farfalline vergini per imbrogliare con l’odore fasullo i farfallini maschio. Roba da non credere, eppure sembra che per cicaline, tignole e tignolette ormai la sorte sia segnata. Avremo uve più sane, vini migliori e ambiente più rispettato.

Lo stesso giorno Paolo Morando commenta sul quotidiano Trentino i dati Istat sui consumi alcolici dei giovani, dai 6 bicchieri di fila in su. Nelle regioni autonome alpine si viaggia al doppio della media nazionale, ma non è tanto questa la cattiva notizia. Infatti siamo in calo di quasi un punto percentuale sul 2010. Cattiva diventa con l’articolo in calce, dove un responsabile del servizio alcologia attacca un ritornello già sentito: bevevano i nostri padri, paraponzi ponzi po, bevevano le nostre madri, paraponzi ponzi po, e noi che figli siamo, beviam, beviam, beviaaaamo…
Fino a che l’analisi sarà questa, meglio attenersi alle indicazioni dei vigneron illuminati che spingono per bere meno, ma meglio.

La notizia farlocca è in tutta pagina su L’Adige di due giorni dopo, a commento di un‘indagine del settimanale Il Mondo: Cantine, boom dell’export: 307 milioni Cavit terza in Italia, Mezzacorona quinta, La Vis riparte, supermargini Ferrari: 35%.
Roba da far saltare i bottoni del panciotto! Tutto vero, per carità, ma cosa ci voleva a riportare i lettori con i piedi per terra aggiungendo che la performance delle nostre cooperative si sostanzia in un business che non riguarda tanto i nostri vini (che continuano a denunciare gravi deficit d’identità) quanto piuttosto quelli dei nostri amici vicini e lontani (vedere qui, per credere) che l’industria enologica locale colloca con successo in giro per il mondo? Relegando alle ultime righe il vero successo imprenditoriale della real casa di Ravina quasi che per il Trentino la Qualità con la Q maiuscola debba sempre cedere il passo alle quantità?

Ps: a proposito di quest’ultima notiziola, vedo ora un commento postato da un nostro lettore, Probo, che mi pare ancora più esplicativo: qui


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