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Sesso, spot e tangenti - Sempre gli stessi. Sempre il Clan dei siculo-romano-lombardi del PdL

Creato il 05 luglio 2013 da Tafanus

Un comitato d'affari dominava gli appalti della pubblicità. E ora dalla Sicilia l'indagine punta a Lombardia e Lazio
(di Piero Messina, Michele Sasso, Antonio Palladino - l'Espresso)

Alfano-berlusconi

 

Una raffica di appalti scritti su misura. È il sistema del manager Faustino Giacchetto, arrestato a metà giugno per aver creato un cartello di imprese che spolpavano la Regione Sicilia. In pochi anni era riuscito ad accumulare commesse per oltre 40 milioni di euro. Come? Distribuendo con generosità viaggi, cene, regali e persino escort - la nuova moneta corrente della corruzione patria - a manager pubblici e assessori. Ma la questione non riguarda solo l'isola: perché la rete di potere costruita dall'imprenditore di Canicattì era arrivata a creare rapporti di ferro anche negli uffici del Pirellone formigoniano e in quelli della Regione Lazio.

L'inchiesta per ora ha travolto solo i palazzi del potere di Palemo. Dove i magistrati ritengono che esistesse un vero comitato d'affari: sono state arrestate 17 persone con accuse di riciclaggio, corruzione, illecito finanziamento dei partiti. Non c'è evento sull'isola che non porti la firma di Giacchetto, dalla visita di Papa Benedetto XVI ai mondiali di scherma, dagli open di golf fino alla festa di Santa Rosalia. La Regione appaltava l'organizzazione e le società sotto la sua protezione vincevano puntalmente le gare senza abbassare il prezzo. Pilotati anche i fondi europei destinati alla formazione: su 15 milioni di euro stanziati per l'apprendistato di 1.500 disoccupati solo in 18 hanno avuto un contratto.
La Procura palermitana non ha ancora scritto quella che sarà la terza puntata della stessa inchiesta: i bandi per gli investimenti pubblicitari. Come "l'Espresso" è in grado di ricostruire si tratta di un giro d'affari mostruoso, dal valore di oltre 100 milioni di euro che oltre a Palazzo dei Normanni tocca appunto le Regioni Lombardia e Lazio. Solo la Regione Sicilia negli ultimi tre anni ha avuto a disposizione 93 milioni di euro per propagandare di tutto: dalle bellezze dell'isola per attrarre turisti alla sicurezza stradale, dall'agricoltura alle politiche per il lavoro. Al centro di questo nuovo filone le stesse società, gli stessi politici e gli stessi funzionari coinvolti nello scandalo che ha portato all'arresto di due ex assessori regionali e all'iscrizione nel registro degli indagati di Francesco Cascio, ex presidente Pdl del parlamentino siciliano e amico del vicepremier Angelino Alfano, e di Francesco Scoma, ex assessore al lavoro, ora senatore berlusconiano. Personaggio centrale è sempre lui, il manager Fausto Giacchetto, un self made man diventato il dominus incontrastato della comunicazione.

Dell'utri
I magistrati sospettano che anche le gare per la pubblicità siano state condizionate dal comitato d'affari. Nella rete del manager sono finite grandi società come Ab Comunicazioni di Milano e Gruppo Moccia di Roma, segnalate negli atti giudiziari «per l'intensità dei rapporti che le legano a Giacchetto». La procedura rivelata dagli investigatori è semplice: si imponevano tariffe piene e la metà dell'incasso dei pubblicitari veniva restituito a Giacchetto, che poi redistribuiva costosi benefit al mondo politico e ai burocrati. Corruzione, ma con stile. Come nel caso di Mimmo Di Carlo, responsabile di un progetto formativo: all'ex segretario di Saverio Romano ai tempi del ministero dell'Agricoltura e rappresentante legale del Partito Popolari di Italia Domani, la mazzetta è arrivata in una bustarella gialla, nascosta tra i fiori. Un sistema costruito così bene che non si è ribellato mai nessuno, perché il reuccio degli spot sarebbe riuscito a controllare gran parte delle società che partecipavano alle gare. Chiunque avesse vinto, la gestione dei ricchi budget finiva nelle mani di Giacchetto.
Un fiume di denaro per promuovere le meraviglie dell'isola che è stato riversato sui cartelloni pubblicitari in tutta Italia, attraverso rapporti con aziende specializzate nell'outdoor esterno come la Space e la Urbanvision di cui fa parte anche Marco Dell'Utri, figlio dell'ex senatore Pdl Marcello. Uno scandalo tutto siciliano? Finora le indagini non hanno varcato lo Stretto, ma gli investigatori stanno preparando un salto di qualità. Le stesse società che si spartivano la torta della pubblicità hanno vinto contratti milionari in Lombardia. In particolare Ab Comunicazioni che ha conquistato il primo appalto addirittura nel lontano 1999: 162 milioni di lire per realizzare «programmi televisivi delle politiche ambientali». E poi un crescendo di iniziative per campagne di comunicazione per la lotta alla droga, programmi per aree degradate fino all'inaugurazione show del nuovo grattacielo Palazzo Lombardia. Dalla fine degli anni Novanta Ab non ha mai mancato un anno di stanziamenti, arrivando a superare i 10 milioni di euro di fondi statali ed europei.

Posperini
Diventa così importante da finire nell'orbita dell'ex assessore al turismo Piergianni Prosperini, arrestato il 16 dicembre 2009 per corruzione e turbativa d'asta negli appalti della pubblicità televisiva del Pirellone. Funzionava così secondo Luca Spagnolatti, il proprietario della società Eventi Valtellinesi finita al centro dell'inchiesta: si vincevano gli appalti per allestire gli stand della Regione Lombardia alla Bit di Milano pagando una tangente a Prosperini e lui segnalava anche i nomi di chi doveva fare materialmente i lavori. Grazie a questo sistema Ab ottiene in subappalto da Eventi Valtellinesi un incarico da oltre 500 mila euro per il triennio 2007-2009.
La fine politica di Prosperini non stoppa l'ascesa dell'agenzia guidata da Andrea Bertoletti. Nel 2011 un vero bingo; Ab e gruppo Moccia si aggiudicano la gara da 3 milioni di euro per promuovere la carta regionale dei servizi, dismessa di recente nonostante la dote da un miliardo di euro per renderla pienamente operativa. Insieme formano un tandem vincente, anche se il cuore dell'attività rimane la capitale. Nel 2000 il suo patron Gennaro Moccia, con l'elezione di Francesco Storace a governatore della Regione Lazio, viene nominato ai vertici dell'azienda ospedaliera Sant'Andrea di Roma. Pieni poteri, mentre la sua creatura, il gruppo Moccia, iniziava a macinare appalti. Il più importante arriva nel 2002, quando la Regione gli affida il servizio di valutazione dei fondi sociali europei per un milione 700 mila euro. Nella cordata vincitrice c'era anche la società di consulenza Arthur Andersen che - secondo un rapporto scritto dall'opposizione - si era aggiudicata un ricco contratto con l'ospedale Sant'Andrea diretto dallo stesso Moccia. Nonostante il conflitto di interessi il gruppo cresce. Negli ultimi anni entrano nuovi appalti. I clienti sono sempre importanti, come la Camera di commercio capitolina, i ministeri dell'Economia, Infrastrutture e Istruzione. L'attività è sempre la stessa: marketing territoriale, comunicazione, convegni, consulenze per la gestione dei progetti europei. L'agenzia diventa così influente che alla scomparsa di Gennaro Moccia (nel 2010), la governatrice Renata Polverini dedica all'amico un reparto del Sant'Andrea: «Lasciamo un segno del grande lavoro fatto». Quello che si significa godere di buona pubblicità.


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