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Settima e Ottava Puntata: It’s only Rock ‘n’ Roll…and I like it!!!

Creato il 13 dicembre 2011 da Gaetanocelestre @GaetanoCelestre

Riassuntissimo delle puntate precedenti, quasi in meno parole che in un titolo come questo (almeno per quanto riguarda un discorso di proporzionalità): Finalmente sono nati i Blues Jeans, rock band capitanata dai due Dioscuri: Castore e Polluce. Peppe, tastierista e personaggio narrante della storia, ha ricevuto mandato di arruolare un batterista ed un bassista (in realtà deve anche procurarsi un hammond). Per quanto riguarda il primo punto, il problema è stato risolto abilmente: Gianni (detto Bonzetto), vecchio amico del tastierista, è il nuovo batterista della band. Ma Peppe ora è afflitto da serie preoccupazioni: egli non conosce bassisti.

La Settima Puntata:

Allora niente bassista a causa mia? Chi glielo diceva ora ai capi? Per fortuna mi andò di lusso. Il punto di ritrovo fissato dai Dioscuri era in Piazza Riccardo Uomoscia (link), ma precisamente davanti al bar di don Antonino Banche (link).

Arrivai puntuale insieme a Gianni Bonzetto, Castore e Polluce erano già lì che bevevano birra, in compagnia di un altro idolo della mia gioventù da nerd inconsapevole:
«Ecco il nostro bassista! Tah-dah.» – dissero in coro i fratelli.

Si trattava di Ruggero (il cui soprannome era “Il Normanno”), biondo, capelli lunghi, lunghissimi, e fluenti. Erano i capelli meglio tenuti di tutta la contea, frutto di grande impegno continuo, assiduo, giornaliero. Tutto fon e spazzola, niente gel, niente piastra, né prodotti sintetici, tutto naturale, solo qualche olio, ma naturale.

«Piccolo essere insignificante di poca fede – mi disse Castore, con fare bonario – so cosa ti stai chiedendo. Se Ruggero sa suonare il basso? Ah, ah, presto lo saprà fare, miscredente!!!» – e alzò la mano, pronto ad imporla sul capo di chiunque, disperato e lacrimevole per le vie della città, avesse voluto imparare qualcosa, e non solo di rock, ci si intenda.

Poteri, poteri!!!

Su come fu aggregato Il Normanno si racconta di tutto e ci sono varie ipotesi, la patristica lo crede disceso dal cielo, ma altre tradizioni lo vogliono figlio di una relazione tra Gog e Magog, col consenso del bicorne Alessandro, detto anche Magno nel tempo libero (è un mondo di ‘nciuri, questo, eh?).

Altri ancora hanno invece così tramandato: quel pomeriggio Castore e Polluce stavano passeggiando sul lungomare vecchio della località della Fonte delle Ore, attendendo che si facesse l’ora prefissata per il nostro incontro (e sgorgasse miracolosamente l’acqua, dalla fonte che dà nome al luogo in questione).

Nel frattempo cantavano Down by the seaside (link) dei Led Zeppelin, muovendo il piede lento e bighellonante. Tutto d’un tratto Polluce cambiò pezzo e passò a The Ocean (link). Castore non riusciva più a simulare la batteria con la bocca. Più che altro è che non sapeva tenere quel tempo, troppo difficile (anche se non era ai livelli di quello di Black Dog). Così, nervoso, continuò a suonare con la bocca la parte incazzata di down by the seaside. Polluce allora alzò la voce, opponendo, con maggior violenza, il suo pezzo a quello del fratello. Urlava tanto che sembrava di sentire il ruggito dell’oceano.

In quel momento il sole si oscurò come se ci si trovasse in bel mezzo di un famoso videoclip dei Soundgarden (link) e persino il mare arretrò.

Tra l’altro questo fece si che venisse fuori qualche metro di sabbia, da tempo celato dai flutti sempre più erosivi a causa delle mutazioni nelle correnti marine (ma forse anche politiche). Le motivazioni sono poi anche da cercare, per la precisione, nei simpatici scempi costieri perpetrati dagli anni ’60, circa, ad oggi – e per essere ancor più analitici, nel vago – da altrettanto simpatici personaggi influenti nel sociale e nella politica, cui non si può che rimandare il pensiero con tenerezza.

Dunque, non appena furono avvistati i metri inutili di sabbia vuota, subito qualcuno informò dei graziosissimi speculatori moderni, affiliati alle sette provinciali dell’amministrazione pubblica. Ci avrebbero pensato loro, adesso.

L’evento anomalo era comunque dovuto – per tornare alla nostra storia – non ai pezzi cantati dai Dioscuri, ma all’apparizione, da dietro l’angolo (spunta sempre qualcosa da dietro l’angolo. Diffidate sempre dagli angoli), di Teresa col giubbotto verde (altro soprannome), che per sudare di più lo teneva anche d’estate. Somigliava vagamente a Zapata, il rivoluzionario, o comunque ad un messicano coi baffi, incazzato perché non gli facevano mangiare i maccheroni conditi con pesto di basilico geneticamente modificato al sapore di marmellata di fichi e frumento, leccornia riservata al solo patriziato sudamericano.

Castore sembrava avesse problemi di tiroide, tanto aveva fuori le palle degli occhi. Disse al fratello:

«Ma allora ieri sera chi ho investito con l’auto?».

To be continued…


Ottava puntata It’s only Rock ‘n’ Roll…And I like It!!!

Infatti, Teresa – intenzioni a parte, evidentemente, il chitarrista non aveva investito lei la sera prima – era parecchio presa da Castore, ne era assolutamente affascinata. Polluce alzò le spalle e consigliò al fratello di dileguarsi alla svelta. Ma era troppo tardi, Teresa – il messicano coi baffi – lo aveva avvistato.

Frattanto un bambino era caduto dal triciclo e piangeva, un prete con le basette fluenti stava accorrendo per prestargli aiuto. Castore restò indeciso per qualche istante: fuggire o aiutare il prossimo? Questo era il dilemma cui era gravemente sottoposto. Troppo di buon cuore per soprassedere, il rockettaro, correndo all’impazzata, si avventò sul piccino e con un calcio ben assestato, degno del miglior Roberto Carlos, lo scaraventò in porta. La porta dell’anziana signora che abitava di fronte. Il prete rimase sbalordito da quel pregevole gesto atletico.

«Santità – gli disse il chitarrista – non lo sa che coi tempi che corrono sarebbe bastata una semplice carezza a quel piccolo demonio mostruoso, e l’avrebbero tacciata di pedofilia?».

Il prete si lisciò il mento ed annuì esterrefatto per il rischio scampato.

«Grazie figliolo, ti benedico.».

Nel frattempo però era giunta Teresa coi suoi baffi e non ci sarebbe stato nulla da fare se non fosse intervenuto Ruggero il normanno. Questo, infatti, stava a pochi passi, dove il mare s’era ritratto (l’ho detto nella puntata scorsa, ricordate?). Se ne stava seduto e beato a giocare a scacchi con la Morte, tra l’altro incappucciata malgrado la forte afa (chi gliela faceva fare?). Comunque fu quest’ultima stessa che con fare morto garbato avvertì:

«Guarda Ruggero, quella tizia coi baffi, un vero sacrilegio i suoi crespi capelli dinanzi la maestà dei tuoi!».

Il biondo si girò a guardare, ed inorridì. Subito, risoluto, abbandonò la scacchiera – la Morte, che stava perdendo, ne approfittò per aggiustarsi i pezzi (non ci sono più le Morti di una volta) – e andò ad afferrare Teresa per i baffi. La fece roteare nell’aria più volte, sembrava Thor col martello, e sembrava volesse lanciarla verso la porta della stessa anziana signora di cui prima. Sennonché la vecchiarda venne fuori all’improvviso e rimproverò tutti. Ruggero ripiegò mettendo a segno un gran bel lancio che si concluse trionfalmente sulla soglia del parrucchiere più vicino.

Il mare intanto si riprendeva ciò che era suo e gli speculatori se ne tornavano a casa mestamente, tristi come prefiche cui fossero morti i figli propri. Insomma questi erano stati i fatti, almeno credo, e così i due Dioscuri per ringraziare il loro salvatore – Ruggero – gli avevano proposto di suonare nella band.

«Bene ragazzi – disse ad un certo punto Castore – adesso andiamo a provare.».

Tutti esultammo, come una squadra siciliana di baseball che ha finalmente compreso le regole del gioco. Ma ci pensò Polluce a riportarci alla cruda verità:

«Calma, calma, belli. Dove?».

«Dove cosa?» – chiese Castore.

«Dove si prova?».

Castore ci guardò in faccia, serio-serio:

«Chi doveva pensare al posto?».

Ma nessuno ardiva fiatare, così avendo io un po’ più di confidenza, mi permisi:

«Scusate, ma nessuno di voi ci ha parlato di posti da trovare per le prove.».

«Ha ragione!» – fece Polluce.

«Che fai lo difendi?» – gli rispose Castore.

«E anche se fosse?».

Si stavano già mettendo le mani addosso, Castore era in vantaggio con la sua pesante les paul. La afferrava per il manico e non ci avrebbe pensato più di tanto a spaccare il corpo della stessa sulla testa del fratello. Fortunatamente intervenne Gianni Bonzetto:

«Se posso permettermi, si potrebbe andare a suonare a casa mia, in garage c’è spazio, dov’è già montata la batteria, del resto.».

Fu così che scoprii un altro dei tanti superpoteri del mitico duo: la capacità di riappacificarsi come niente fosse successo. Montarono sulla loro 127 decappottabile dopo un “ci vediamo lì” sgommarono via.

La cosa più strana, ma io oserei definirla arcana e misteriosa (addirittura miracolosa), fu che quando giungemmo a casa di Gianni Bonzetto, tre quarti d’ora dopo, i Dioscuri erano già lì, visibilmente irritati, che aspettavano. La loro radio elargiva copiosa le note di black limousine (link) degli stones.

Come facevano a sapere dove fosse il garage del Bonzetto?

to be continued…

Gaetano Celestre



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