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Seventy sex, Nico e Silvia e la pornografia gay

Da Pianetagay @pianetagay
seventy sexE’ in libreria Seventy sex il romanzo di Kanis Joyce. Abbiamo intervistato l’autrice.

Seventy sex è un libro pornografico…

Seventy sex è un romanzo pornografico se per pornografia si intende la rappresentazione esplicita di temi e soggetti erotici. Ogni essere umano ha un’immaginazione erotica. Ecco, io ne ho parlato nel mio libro, rendendola molto poco immaginaria. Ho raccontato le prime esperienze sessuali di una adolescente che apre gli occhi sul mondo. L’adolescenza è un momento straordinario nella vita di una persona. Molto delicato. Carico di sensibilità e di dolorosa disambiguazione. La personalità si forma. Se ne può uscire benedetti o massacrati. E il sesso comincia ad avere un peso fondamentale. In Seventy sex racconto la formazione di una ragazzina che scopre il sesso durante la congiuntura storica e politica in cui ufficialmente nasce la rivoluzione sessuale: gli anni ’70. Il fatto che la protagonista viva nella provincia italiana più profonda rende la sua fame di sapere, provare, vivere la rivoluzione ancor più parossistica. E di conseguenza più trasgressiva. Anche se lei non lo sa. Nico è una trasgressiva inconsapevole. La mancanza totale di dialogo con gli adulti e la grettezza dell’ambiente in cui vive sono infatti totalmente in contrasto con le rivolte degli anni ’70. Nico, senza rendersene conto, ne approfitta per crescere a modo proprio. Percepisce l’ottusità che la circonda e si butta a capofitto nelle esperienze che possono aiutarla a uscirne. La prima volta che si accorge di aver avuto un orgasmo – da sola, stringendo per caso le gambe sotto al banco di scuola – è in quarta elementare. Prova ad accennarlo alla madre, ma la poveretta, imbarazzata e intransigente, cambia subito discorso. Così come non capirà che Nico sta scoprendo il sesso con Silvia, l’amica del cuore. E’ convinta che le due ragazze studino insieme, addirittura prepara loro la merenda, compiaciuta che qualcuno dia ripetizioni di “matematica” alla figlia, chiusa in camera con Silvia e terrorizzata che la madre possa entrare.

Come mai sei ritornata agli anni 70?

Sono tornata agli anni ’70 perché hanno portato cambiamenti forti. In Italia e nel resto del mondo. Mi è sembrato il contesto giusto per ambientare la storia di Nico. Tra femminismo, lotte politiche, rivendicazioni sociali e terrorismo. Nel quadro delicato di una crescita interiore che aspira a una liberazione rivendicata ad ampio raggio. Quello che ho scritto è autentico, anche se, per citare Tondelli, non si tratta di autobiografia, quanto piuttosto di autobiografismo. Penso che avere i primi rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso sia una scelta di buon senso. C’è maggiore comprensione dei desideri dell’altro e minore imbarazzo nelle sperimentazioni. Anche se le donne ne parlano molto poco. O per lo meno, non con la stessa naturalezza dei maschi. Il sesso, tra le ragazze, è un fatto molto privato. Nel mio romanzo l’ho portato a galla. Senza morbosità e con una buona dose di allegria.

Ma allora non c’era internet… Quanto sono attuali oggi quegli anni?

Negli anni ’70 si lottava per far valere i propri diritti e ribaltare la morale borghese. Con determinazione e fatica. Gli adolescenti di oggi sono molto più liberi. Hanno rapporti sessuali nelle loro camere, sotto lo stesso tetto dei genitori, senza doversi nascondere. Sono generalmente informati su come proteggersi da gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili. Mentre negli anni ’70 eravamo al Pliocene. Ho incontrato lettrici poco più che ventenni profondamente stupite nell’apprendere quanto allora fosse complicato e contorto riuscire a procurarsi la pillola anticoncezionale. Oggi le madri – non tutte, certo – accompagnano le figlie dal ginecologo e decidono insieme come far fronte alla questione “fertilità”. L’omosessualità, poi, era impossibile da accennare. Direi drammatica, per certi aspetti. Non ho mai capito questo rifiuto rigido e totale. Voglio dire, al liceo si studiavano le liriche di Saffo e mai nessuno ne metteva in discussione la grandezza. Purché restasse ferma dentro ai libri.

Il libro secondo una presentazione che ci avete inviato è “scritto da un punto di vista assolutamente differente rispetto a quello della pornografia eterosessuale”. Cosa vuol dire, esiste una pornografia gay?

Dico che il mio romanzo è scritto da un punto di vista differente rispetto a quello della pornografia eterosessuale perché l’immagine stereotipata della donna assoggettata al piacere maschile è del tutto assente. Parlo di un piacere sessuale pulito, anche divertente. Nico, con la sua amica Silvia, prova, sperimenta, si diverte, perché è la persona a lei più affine per sentimenti, emozioni ed esperienze. I maschi sono più lontani, incomprensibili e le prime esperienze con loro sono comicamente catastrofiche. Rappresentano un ingrediente di una certa attrattiva, ma più che altro “necessario”. Soprattutto se si tiene conto che, per dirlo con la Preciado,“quando sei biodonna, assegnata socialmente come donna, ed esci con un biouomo, assegnato come uomo, sperimenti una riorganizzazione del tuo campo sociale. Immediatamente la tua famiglia è contenta. E’ un sistema di comunicazione complesso, nel quale emetti segni che sono decodificati: sono in accordo con il sistema di produzione, e riproducono lo Stato così come lo conosci.” Nico esce agilmente fuori da una tale codificazione senza mai porsi il problema se fare l’amore con l’amica del cuore possa essere deviante. Semplicemente accade. E a lei piace.
Quanto alla pornografia gay, rispetto la libertà di tutti. Ognuno ha il diritto di rappresentare esplicitamente le proprie fantasie erotiche. A me interessava mettere a fuoco il piacere femminile. Il disagio dei primi approcci. Le sorprese, le delusioni, gli entusiasmi. Quando tutto è profondamente nuovo ed esaltante. La protagonista cerca un godimento puro e sereno e con la sua amica del cuore lo ottiene facilmente. Con i ragazzi è più macchinoso.

Tra i primi rapporti della protagonista di Seventy sex c’è quello con la migliore amica… c’è spazio per l’affettività gay nel tuo libro?

Riguardo all’affettività gay, direi che la mia protagonista non si pone il problema. Nel senso che per quanto la riguarda il sentimento che la lega a Silvia è affetto e basta. Senza elementi che lo definiscano in un modo o in un altro. Con tutte le sfaccettature che comporta un legame. Vale a dire gelosie, complicità, passione, allegria e amarezze. Un sentimento forte, insomma. Miracolato dalle emozioni dell’adolescenza.

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