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Sfascisti siculi

Creato il 15 febbraio 2012 da Casarrubea

 

Sfascisti siculi

Cefalù, 1943, Alleati durante una pausa

Presentiamo una lettera scritta da Luigi La Rosa (un elemento separatista) a don Luigi Sturzo. Si osservi, prima di tutto, che la missiva finisce nelle mani dell’Oss e del Si (Secret Intelligence) che, al contrario di quello che pensa il La Rosa, sono estremamente attenti a ciò che accade in Sicilia, prima regione dell’Europa liberata dagli Angloamericani. E’ un periodo, il 1943, in cui cominciano a sorgere i partiti politici e in cui le tradizionali spinte separatiste dell’isola, riemergono convulsamente per consegnarla alle forze agrarie e conservatrici che l’avevano da sempre dominata. In questo sforzo i latifondisti e la vecchia aristocrazia, punta avanzata del separatismo, sono perfettamente legati alle gerarchie nazifasciste che non vogliono perdere il terreno conquistato durante il regime e aderiscono, dopo l’8 settembre, alla nascita della Repubblica di Salò. (GC)

Class.: segreto  

Destinatari: Colonnello E. Glavin, comandante dell’Oss nel teatro nordafricano, Algeri; Whitney Shepardson, direttore del Si, Washington (Dc); Earl Brennan, capo del settore italiano del Si, Washington (Dc).

Mittente: Vincent J. Scamporino

Oggetto: Lettera di Luigi La Rosa a don Luigi Sturzo (1)

Data: 2 maggio 1944

Carissimo Luigi,

consegno questa lettera alla cortesia di un funzionario americano (mi ha trasmesso la tua lettera del 6 novembre scorso) per aggiornarLa sulla situazione della Dc, a cui Lei tiene così tanto.

Non conosco la situazione nel resto d’Italia, ma qui in Sicilia il partito è di fatto un’assoluta nullità. Se continueremo a mettere in campo i metodi finora utilizzati, non avremo alcuna possibilità di risollevarci. Aldisio si è imposto con autorità e, pur di decidere da solo, ha allontanato quelli che tentavano di metterlo in secondo piano. Dio solo sa su chi può contare e che cosa intende ottenere!

Sebbene io abbia chiaramente affermato di non avere alcuna ambizione, sono stato espulso con l’accusa di essere un separatista. A Palermo, Termine ha subìto lo stesso trattamento, malgrado si sia dichiarato separatista solo in seguito al suo allontanamento. Lo stesso dicasi per Cammarata a Caltanissetta (non aderisce al separatismo) e per Silvio Milazzo, che Lei conosce bene. Il suo sarebbe stato un contributo prezioso per il partito. E’ stato accusato di essere un mio informatore e di altre nefandezze. Perché Lei possa rendersi conto delle miserabili condizioni in cui ci troviamo a Caltagirone, La informo che è stata inaugurata una sezione con a capo Montevago, figlio del defunto Pasquale Sant’Elisabetta, che Lei certamente ricorda. Costui si circonda di una decina di nullità che non hanno mai fatto parte del partito e che non hanno mai ricevuto alcun tipo di indottrinamento. E’ un personaggio totalmente vacuo.

La situazione è la medesima a Palermo, e ancor più grave a Catania. Monsignor Filippi, l’arcivescovo di Monreale con cui ho parlato parecchi mesi fa, ha dichiarato che un simile partito è destinato a fallire miseramente. E questi, caro Luigi, parlano delle masse! Che rimedio può esserci? Bisognerebbe ricominciare da capo. Ma questi intriganti, che si sono dotati di ogni autorità, si rassegneranno a promuovere una pulizia generale, una nuova genesi? Certamente no. Tuttavia, la condotta di Aldisio e quella dei suoi amici è indubbiamente guidata da interessi personali. Essi ostentano uno spirito unitario per offrirlo alla monarchia e al governo (2).  Puntano solo ad assicurarsi incarichi di alto livello, in un periodo di transizione come quello attuale in cui il potere si ottiene con le nomine, e non per via elettorale. Per giunta, ciò avviene dopo che costoro hanno proclamato l’esatto contrario. Riporto di seguito le testuali parole pronunciate da Aldisio nel corso di un incontro avvenuto a Caltanissetta il 16 dicembre 1943: “Per quanto riguarda il tema dell’eventuale collaborazione politica con il governo Badoglio, la risposta non può che essere negativa.”  Al momento, viene invece sbandierata la totale collaborazione con il governo, nel bel mezzo della disapprovazione popolare. Sono quindi emersi il dissenso (sempre più profondo tra i potenziali aderenti al partito) e il sospetto che sia in atto un’ambigua trattativa politica. Sembra che non si vogliano difendere i principi democratici e il rispetto della volontà popolare. Al contrario, i nostri leader fanno leva sui sentimenti per escludere gli elementi che pensano e agiscono con spirito magnanimo e disinteressato.

Nell’incontro tenutosi a Caltanissetta il 16 dicembre 1943 (riunione battezzata come “costituente” e alla quale hanno preso parte una ventina di persone e quattro amici di Caltagirone), la proposta di Silvio Milazzo – tesa a superare le difficoltà e a riconciliare le fazioni opposte -  è stata respinta con tale violenza e brutalità da rendere impossibile la presentazione dell’ordine del giorno. Gli amici sono stati obbligati a sospendere la riunione. L’ordine del giorno affermava: “Abbiamo ascoltato la proposta del cavalier Silvio Milazzo perchè il partito aiuti il popolo siciliano a decidere del proprio destino. Consideriamo che tale iniziativa sia in armonia con i principi fondamentali del nostro movimento, fondati sulla vera democrazia e in perfetta sintonia con i proclami degli Alleati. In conformità con tali principi, che consentono la libera dimostrazione della volontà popolare, affermiamo quindi come principio programmatico di capitale importanza il diritto del popolo a decidere per se stesso. Che tale diritto possa in breve venir esercitato in un clima di assoluta libertà!”

Un simile ordine del giorno avrebbe messo tutti d’accordo. Ma per impedirne l’approvazione, fatto che avrebbe contribuito non poco al progresso del partito, hanno invece optato per lo scandalo. E nessuno lo ha sottoscritto. monsignor Filippi, arcivescovo di Monreale, monsignor Carciotto, vicario generale della diocesi di Catania e molti altri si mostravano favorevoli al documento. Tutti infatti lo giudicavano opportuno, ma era necessario creare uno scandalo, e con tale insistenza da escludere persino una eventuale riconciliazione.

Ora regna il disordine. La Sua lettera ad Aldisio del 30 novembre è stata divulgata solo in parte. Sono inoltre sorte speculazioni sul Suo slogan “regionalismo sì, separatismo no”.

Mi dispiace contraddirLa ma, al momento, in Sicilia non vi è persona in buona fede che non sia separatista. Tutti comprendono che, rimanendo unita all’Italia, la Sicilia precipiterà nel disastro economico e morale. In ogni modo, abbiamo sempre avuto aspirazioni indipendentiste. Nella sua Cronistoria dell’Indipendenza Siciliana, pubblicata nel 1877, Cesare Cantù scrive: “Sembra che la Sicilia abbia sempre atteso il momento e il luogo opportuni per liberarsi dalla dominazione italiana.”  E’ questa la situazione, anche se comprendo che ciò possa provocarLe dei dispiaceri.

Le aspirazioni indipendentiste si sono ora rafforzate a partire dal disastro provocato dall’incurabile megalomania dell’Italia. Tradiremmo la nostra coscienza e i nostri sentimenti se ci avvicinassimo ad un partito che pretende la rinuncia alla libertà individuale, una pulsione naturale che nemmeno i negri accettano. Ma gli Alleati – che dovrebbero garantirci l’indipendenza per avere un Mediterraneo libero ed evitare tutte le difficoltà che sorgerebbero da una Sicilia in mani italiane – non sembrano interessarsi alla questione.

E ciò non significa che i siciliani siano felici di una simile ipotesi. L’unità con l’Italia sarebbe accolta come un segno della malasorte. Come Lei sa bene, l’unità è l’obiettivo di pochi professionisti. Per la Sicilia è una questione di vita o di morte. Contrariamente a ciò che Lei pensa, la Sicilia è in grado di riparare ai danni della guerra attingendo alle sue risorse, mentre l’Italia (da Napoli al Nord) versa nella più totale rovina. L’unità finirà per vanificare tale ipotesi: ciò è chiaro come la luce del sole.

Ho inteso fornirLe un quadro completo della nostra situazione. Lei conosce la mia generosità e la mia sincerità. Comprenderà, quindi,  che solo l’amore per la verità mi ha spinto a scriverLe.

Nella speranza di rivederLa presto, Le auguro ogni bene.

Suo affezionatissimo,

Luigi La Rosa.


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