"Kaze tachinu"
di: Miyazaki Hayao
Gia/Ger/Fra/Ita - Animazione
2013 - 120 min
Provare a vivere. Sembra essere per lo più questo - e a ricordarlo sta anche una delle tante suggestioni che sostiene il passo interiore dell'opera, diverse volte ripresa dai protagonisti, ossia il verso di Valery (da "Le cimitiere marin"), "Le vent se lève!... il faut tenter de vivre" - il monito/lascito accluso a margine del (sul serio autentico ?) epilogo dell'avventura artistica di una personalità dell'importanza di Miyazaki Hayao, da Tokyo, classe 1941. Nella parabola esistenziale di Horikoshi Jiro, narrata all'interno di questo (ultimo ?) film, "Si alza il vento" - sceneggiato e realizzato da Miyazaki a partire da un omonimo romanzo di Hori Tatsuo e in uscita limitata nelle sale dal 13 settembre e fino al 16 - intessuta a partire dagli anni '20 del secolo scorso, e' possibile leggere non solo il destino di un singolo individuo (e, in controluce, aspetti di quello del regista stesso) - Jiro, innamorato del volo, aspirante pilota tradito dalla miopia, risoluto abbastanza pero' da materializzare in parte la sua chimera personale votandosi alla progettazione e alla costruzione di aerei, fra cui i leggendari "Zero" - o quello di una Nazione - il Giappone Imperiale, sconfitto e umiliato al termine della Seconda Guerra Mondiale, nonché immolato sull'altare della nascente ossessione nucleare - quanto una lucida riflessione, che ha tutto il sapore aspro delle agnizioni severe ma istruttive, circa la condizione umana, in particolare su ciò che si e' disposti (o fatalmente ingiunti) a sacrificare per alimentare il desiderio legato ad una visione (la miopia che sfoca i contorni delle cose e' già metafora/grimaldello dell'irruzione del sogno nella realtà). Così come sull'impossibilita' di protrarre nel tempo la magia fisica ed emotiva di un ristretto numero di circostanze e d'istanti: sulla malia del rimpianto e della malinconia, a volte struggente - e a cui si deve imparare ad opporre il verbo del carattere affinché essa non viri in languore e paralisi - che scaturisce dalla consapevolezza per cui niente dura, unita all'accettazione, tutt'altro che indolore, che inscrive proprio nel mutamento continuo l'orizzonte che rende possibile, pur nella fragilità e nella contraddizione, la bellezza, il tormento, lo slancio, il rancore, et...
Come si vede, temi e ragionamenti, questi, tipici del percorso filosofico e figurativo dell'autore giapponese. Assunti simili che ritroviamo pure, da un lato, nell'apprendistato tecnico-scientifico del protagonista (sostenuto dal "patrocinio onirico" di un pioniere del volo come G.B.Caproni), espediente privilegiato utilizzato come mezzo per forzare l'ambizione entro le angustie della consuetudine "costringendola" a farsi campo di applicazione totale nella speranza/illusione che non presenti mai il conto (cosa che, puntualmente e implacabilmente, avverrà: il terremoto del '23 che devasto' Tokyo; l'approssimarsi di un'altra guerra mondiale; lo spezzarsi di netto di una passione sul nascere e, via via, il retaggio di solitudine e angustia conseguente a tutto ciò che non si e' riusciti a cogliere appieno o e' andato perduto); e, dall'altro, il breve interludio amoroso con (Satomi) Naoko - quintessenza delle eroine miyazakiane, tanto risolute quanto capaci di abnegazione - minato dalla tubercolosi di lei e dai rovelli dell'ingegno, che poco spazio lasciano ad altro, di lui. Senza dimenticare la vibrazione sotterranea che attraversa l'intero film relativa a quello sconcerto muto - non per questo meno radicale e contundente - che emerge con gradualità nel constatare come la ricerca, sempre difficile, a volte persino disperata, dell'armonia, della grazia, della perfezione, non di rado s'incarna e agisce per il tramite di sofisticatissime Tecniche - e quindi oggetti - di morte.
Di qui, la particolare atmosfera che permea la storia perennemente contrassegnata dal soffiare del vento del titolo (vento, d'altronde, presenza costante nei mondi di Miyazaki: nel caso, protagonista al pari delle figure in "in carne e ossa"): una sorta di frenesia crepuscolare la quale - nella prevalenza delle luci morbide, delle sfumature pastello, se non, addirittura, dei soli "tratteggi" sonori di Hisaishi - alterna lo studio e le applicazioni sperimentali di Jiro con le fasi della sua mutilata educazione sentimentale, nel tentativo - destinato al fallimento - di comporre le istanze della fantasia e della creazione con le prerogative del quotidiano e dei rapporti. Lavoro intriso di una non comune mestizia e di un esplicito disincanto; appoggiato a numerosi riferimenti autobiografici (l'infermità della madre di Hayao ai tempi della di lui infanzia; i contrasti interiori, forse mai del tutto risolti, inerenti un conflitto solo lambito in virtù di un contesto familiare in grado di garantirne la relativa confortevole distanza; la vocazione artistica che molto ha preteso - e ottenuto - dal Miyazaki uomo), come ad un ritmo ampio ma quasi provato dall'amarezza delle considerazioni che mano mano va maturando, "Si alza il vento", con grande fermezza, finisce per accogliere il peso dei suoi slanci compiuti o frustrati e dei suoi vicoli ciechi, senza esitazioni, riaffermando che "si deve provare a vivere", comunque, non foss'altro - come sottolinea Whitman - perché "tu sei qui, e la vita esiste".
TFK
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