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Si può scegliere liberamente la propria illibertà?

Da Femminileplurale

Ovvero: il velo come simbolo

Anyla Quayyum Agha,

Anyla Quayyum Agha, “Intersection” [Installazione]

La settimana scorsa ho partecipato alla presentazione del libro di Giuliana Sgrena (presso la Libreria Zanetti di Montebelluna,TV), Rivoluzioni violate, pubblicato quest’anno da Il Saggiatore. Si tratta di un libro in cui si indaga il ruolo che le donne hanno avuto nelle cosiddette “primavere arabe”, della questione di genere come aspetto centrale nelle rivendicazioni rivoluzionarie e il ruolo che essa ha avuto, se così potremmo dire, nel loro “fallimento”, nel “voto islamista” che le ha seguite. Si tratta di un libro scritto con grande competenza, esempio di un giornalismo serio e, oggigiorno, anche raro.

Tra le tante sollecitazioni emerse nell’incontro, ne vorrei riportare una, quella nata dalla domanda di una donna del pubblico la quale sottolineava come tra le manifestanti di Piazza Tahrir ci fosse qualcuna che portava il velo, rivendicandolo come scelta di libertà. E’ compatibile con la libertà, il mettere il velo?

Per rispondere a questa difficile domanda Giuliana ha sottolineato ciò che sta all’origine del velo, origine che si desume dalle indicazioni sulla necessità del suo utilizzo. Il velo deve essere portato dalla prima fino all’ultima mestruazione e non può mai essere tolto in presenza di uomini con i quali un rapporto sessuale non si configurerebbe come incesto. E’ chiaro quindi che il velo è simbolo di controllo sessuale. Non ha a che fare con la religione, che in realtà lascia aperta la questione, né con la tradizione (i veli della tradizione sono diversi da quelli utilizzati oggi e, d’altra parte, anche le nostre nonne portavano copricapi e, in generale, un abbigliamento diverso da quello di oggi. Nessuna di noi sente l’esigenza di indossare quei capi, perché dovrebbero sentirla le donne arabe? Le radici sono un’altra cosa). Il “luogo di senso” del velo è la sessualità, non la tradizione, né la religione.

Giuliana ha poi proseguito nella sua risposta mettendo in luce come nei luoghi in cui esso è obbligo, il portarlo non può mai essere inteso come scelta libera. Se l’opzione in gioco è una, la scelta è obbligata. Laddove invece non è “imposto” dalle istituzioni politiche, molto spesso il portarlo è imposizione delle comunità di vita delle donne, le loro famiglie. Da qui l’esempio della Francia, dove il divieto di indossare il velo nei luoghi pubblici è stato salutato con gioia dalla maggior parte delle donne arabe.

Il velo può essere scelto liberamente solo se lo si fa con consapevolezza di ciò che esso rappresenta, ovvero se lo si intende come simbolo di controllo sessuale e se con esso si abbraccia tutta l’ideologia che gli sta dietro. Si può sceglierlo liberamente solo scegliendo tutta l’illibertà che esso comporta. Ma scegliere la propria illibertà, può essere davvero una scelta libera?

 


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