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Siamo tutti culattoni

Da Marcotoresini

Io sono nato in un anno, il 1963, in cui un presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, davanti al muro che divideva in due Berlino, la Germania e l'Europa, disse (era il 26 giugno): "Duemila anni fa l'orgoglio più grande era poter dire "Civis Romanus sum" (son un cittadino romano). Oggi, nel mondo libero, l'orgoglio più grande è dire "Ich bin ein Berliner".Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole "Ich bin ein Berliner".
Siamo tutti Berlinesi, dunque, se amiamo la libertà, così come siamo stati tutti americani l'11 settembre del 2001 quando gli attentati alle torri gemelle minarono le fondamenta della tolleranza e della libertà di tutti noi. Così oggi, dopo le ultime infelici battute del nostro Presidente del Consiglio, per il quale è «meglio appassionato di belle ragazze che gay», viene da dire, a noi che non contiamo nulla, ma ci sforziamo ogni giorno di non prevaricare gli altri: "Siamo tutti gay". O meglio, secondo uno slang che più si attaglia al tenore volgare di quel pensiero: "Siamo tutti culattoni".
Sì, signor presidente del Consiglio, perchè se questo vuol dire lottare ogni giorno per far accettare il nostro orientamento sessuale, la nostra idea di società rispettosa di tutti e che manda in soffitta le discriminazioni allora "siamo tutti culattoni". Se questo vuol dire educare i nostri figli a capire gli altri e a comprendere che "gay" non è un insulto, un moto di derisione, ma un orientamento sessuale che va rispettato in un mondo che sul rispetto dovrebbe basare la propria convinenza civile, allora: "siamo tutti culattoni".
Spiace vedere che il presidente del Consiglio mettere in imbarazzo il nostro Paese in Europa per una battuta che una persona che riveste quel ruolo non avrebbe mai dovuto fare, spiace vedere quell'anziano signore mettere in imbarazzo i suoi stessi consiglieri come Alfonso Signorini che della sua omosessualità non ha fatto mai mistero. Spiace cogliere l'autocompiacimento del Premier in quell'occasione, gli applausi e i risolini che hanno accompagnato la frase quasi a sottolineare che forse sono in tanti a pensarla come lui.
Da ragazzo conoscevo un signore, amico di famiglia, che della sua omosessualità non aveva mai fatto mistero. Era una vita difficile la sua, fatta di scherno e battutine, tanto difficile che nel mio paese il suo nome di battesimo era diventato sinonimo di omosessualità. Ecco, signor Presidente del Consiglio, in quell'uomo ho sempre trovato una disponibilità all'ascolto, all'aiuto degli altri che molte persone cosiddette "normali" non avevano.
Era talmente sensibile e consapevole di essere un amico ingombrante che quando ti incontrava per strada e tu eri in compagnia degli amici non ti salutava per non crearti imbarazzo, per non farti diventare oggetto di scherno. In quegli anni ormai lontani ho imparato a salutarlo sempre e comunque, orgoglioso di averlo come amico, e lui rispondeva con un sorriso che mi insegnava tante cose. Ora che lui se n'è andato, portato via, ormai vecchio e malato, da un incidente d'auto; ora che, nonostante siano passati decenni, ancora qualcuno fa battute come quelle sentite ieri; ora più che mai mi vien voglia di dire: "Siamo tutti culattoni". Un ultimo moto d'orgoglio per non morire barbaro.


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