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Sic transit gloria mundi. Gheddafi, Berlusconi e il teatrino franco-tedesco

Creato il 27 ottobre 2011 da Alphaville

Sic transit gloria mundi. La macelleria libica, con la sua esibizione dello scempio inflitto al colonnello Gheddafi  come in uno snuff movie su scala planetaria (meno vanto di non averne voluto vedere neanche un fotogramma), è già passata in secondo piano di fronte al teatrino franco-tedesco.

Sul massacro del Raìs non ho detto niente, perché è già stato detto di tutto e (mai come in questo caso) di più: anche se nessuno, mi pare, ha speso neppure una furtiva lacrima per la morte del diritto romano che prescriveva di parcere victis — di questi tempi gli si preferisce il biblico «Va’ dunque e colpisci … e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini» (1 Samuele 15,3). Per quanto mi riguarda, Gheddafi era già diventato un dead man walking nello stesso momento in cui la coalizione atlantica, alla quale la nostra bella Italia si compiace di appartenere, aveva dichiarato di voler mettere lo zampino nella rivoluzione di quel lembo d’Africa.

Nei giorni scorsi, poi, sopraffatta dallo schifo non mi è riuscito di buttar giù nemmeno un rigo sulla vicenda. Preciso, a scanso di equivoci: lo schifo non era dovuto alla crudezza degli eventi, e neppure a certe infami esultanze. Lo schifo, invece, mi è venuto nel vedere alcuni tardivi incensamenti dell’ormai defunto colonnello, conditi da un’insopportabile retorica a base di onore, teste chinate, saper morire eccetera. Il colmo è che a sfoderarla è stato perfino chi, per anni, ha irriso ogni apertura  terzomondista, dileggiato ogni attenzione al mondo islamico, sbeffeggiato ogni lettura geopolitica; e chi nei fatti, se non a parole, ha avallato con sordida acquiescenza ogni genuflessione agli Stati Uniti — appoggiando partiti politici, invasioni e guerre senza mai prendere apertamente posizione. Cito volentieri Bertolt Brecht, ignorato dalle destre e ora poco di moda anche a sinistra — ma piace a me, e tanto basta (è o non è il mio blog, questo?): «Chi rimane in casa quando inizia la battaglia e lascia la lotta agli altri dovrà stare attento, perché chi non condivide la lotta condivide la sconfitta. E la lotta è evitata solo da chi vuole evitarla. Dunque chi non lotta per la propria causa lotta per la causa nemica».

Quanto alle risatine complici di Merkel e Sarkozy, ho visto ripetutamente il video e ascoltato ripetutamente l’audio: mi è parso di capire che il fou rire gallo-germanico sia scattato alla domanda “Il premier italiano vi ha rassicurato sui provvedimenti che prenderà il suo governo?”. La risposta di Sarkozy (che non mi è per nulla simpatico) è stata precisamente: «Abbiamo fiducia nel senso di responsabilità dell’insieme delle autorità italiane, politiche, finanziarie ed economiche». Come dire: l’Italia è ok, è questo italiano qui che non ci convince.

Non vedo lo scandalo, e non comprendo la levata di scudi dei neosciovinisti: ai molti che sostengono come lo sgradevole episodio costituisca un vulnus intollerabile alla sovranità dell’Italia vorrei ricordare che la sovranità dell’Italia è ormai un lontano ricordo, e che questa sventurata nazione è ormai eterodiretta da troppo tempo. (Aggiungo due parole anche sul beau geste del generale Tricarico, che non disponendo di una stampella come Enrico Toti ha scagliato la Légion d’Honneur. Bel gesto davvero. Peccato che il generale sia, insieme a Marco Minniti, Paolo Naccarato e Giovanni Santilli, tra i soci fondatori della Fondazione ICSA-Intelligence Culture and Strategic Analysis, la cui mission consiste nell’«analizzare i principali aspetti connessi alla sicurezza nazionale interna ed esterna, all’evoluzione dei modelli di difesa militare dalle minacce esterne, alla crescita dei principali fenomeni criminali e illegali in Italia e all’estero, alla sicurezza informatica e tecnologica dello Stato e dei cittadini, soprattutto in relazione al crescente dispiegarsi della globalizzazione economica, finanziaria e giuridica». Tanto per capire alla svelta cos’è l’ICSA, qualche cenno: nata nel novembre del 2009, il suo primo prodotto, nel 2010, è il quaderno n. 0 dedicato a L’Italia e la NATO in Afghanistan. Un approccio integrato per la stabilizzazione dell’area, a cura dei generali Carlo Cabigiosu, Fabio Mini e Leonardo Tricarico; nell’estate dello stesso anno la Fondazione ha commissionato al generale Luciano Piacentini, già comandante delle forze speciali del “Col Moschin”, il volume I nuovi scenari del terrorismo internazionale di matrice jihadista, entusiasticamente recensito da Carlo Panella su “Il Foglio” — sì, proprio il quotidiano diretto da quel Giuliano Ferrara che nel 2003, nel corso di una puntata della trasmissione “L’infedele” di Gad Lerner, ammise di essere sul libro paga della Cia.  Il generale Tricarico, fra l’altro, è quello che nel 1999, durante il governo D’Alema, coordinò l’intera campagna aerea della NATO contro la Serbia. Insomma dire Tricarico è come dire NATO: quindi il sostegno a Berlusconi e a una certa idea d’Italia era praticamente un must).

Tornando al teatrino — in chiave, ripeto, più anti-berlusconiana che anti-italiana —, posso essere d’accordo sul “right or wrong, my country”, ma non certamente sulla difesa a oltranza di un premier ormai  indifendibile per parecchie ragioni — non ultima la vergognosa pugnalata alle spalle del colonnello Gheddafi, che ancora il 5 agosto così scriveva al suo antico alleato:

« Cher Silvio.
Je te fais parvenir cette lettre par l’intermédiaire de tes concitoyens, qui sont venus en Libye nous apporter leur soutien dans un moment aussi difficile pour le peuple de la Grande Jamahiriya.
J’ai été surpris par l’attitude d’un ami avec qui j’ai scellé un traité d’amitié favorable à nos deux peuples. J’aurais espéré de ta part au moins que tu t’intéresses aux faits et que tu tentes une médiation avant d’apporter ton soutien à cette guerre.
Je ne te blâme pas pour ce dont tu n’es pas responsable car je sais bien que tu n’étais pas favorable à cette action néfaste qui n’honore ni toi ni le peuple italien.
Mais je crois que tu as encore la possibilité de faire marche arrière et de faire prévaloir les intérêts de nos peuples.
Sois certain que moi et mon peuple, nous sommes disposés à oublier et à tourner cette page noire des relations privilégiées qui lient le peuple libyen et le peuple italien.
Arrête ces bombardements qui tuent nos frères libyens et nos enfants. Parle avec tes amis et vos alliés pour parvenir à ce que cesse cette agression à l’encontre de mon pays.
J’espère que Dieu tout-puissant te guidera sur le chemin de la justice »

Traduco la parte sottolineata: «Sono rimasto sorpreso dall’atteggiamento di un amico col quale avevo suggellato un trattato d’amcizia favorevole ai nostri due popoli. Avrei sperato da parte tua perlomeno un interessamento ai fatti e un tentativo di mediazione prima di dare il tuo appoggio a questa guerra. Non ti biasimo per questo, di cui non sei responsabile, perché so bene che tu non eri favorevole a questa azione nefasta che non onora né te né il popolo italiano. Ma credo che tu abbia ancora la possibilità di fare marcia indietro e di far prevalere gli interessi dei nostri popoli. Sii certo che io e il mio popolo siamo disposti a dimenticare e a voltar pagina  — questa pagina nera nelle relazioni privilegiate che legano il popolo libico e il popolo italiano».

Il 9 agosto, la lettera di Gheddafi viene recapitata a Palazzo Chigi, ma nessuno sembra o vuole comprendere l’urgenza del messaggio.

Il 22 agosto i ribelli entrano a Tripoli. Due mesi dopo, il 20 ottobre, Gheddafi viene assassinato.

Berlusconi, lapidario, commenta: «Sic transit gloria mundi».


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