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Sicurezza in America Centrale: l’Italia contribuisce in ambito SICA col “Plan de Apoyo” all’ESCA

Creato il 01 marzo 2015 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Sicurezza in America Centrale: l’Italia contribuisce in ambito SICA col “Plan de Apoyo” all’ESCA

Presso la sala delle Conferenze Internazionali della Farnesina il 18 febbraio scorso si è svolto un importante seminario dal titolo “Il sostegno italiano alla sicurezza in America Centrale”. Obiettivo dell’iniziativa, promossa dal Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale (MAECI) d’intesa con l’Istituto Italo-Latino Americano (IILA), è stato di valorizzare l’impegno che il nostro paese sta profondendo nel sostenere le politiche di sicurezza democratica vòlte al contrasto delle organizzazioni criminali che i Governi dei Paesi centroamericani hanno indicato come assolute priorità nelle loro agende.

L’internazionalizzazione e l’aggravarsi del fenomeno ha indotto i paesi membri del SICA (Sistema d’Integrazione Centroamericano) a dotarsi, nel 2007, di una Strategia di Sicurezza regionale (l’ESCA, Estrategia de Seguridad Centroamericana) per una collaborazione stabile tra i Paesi dell’area nella prevenzione della violenza e nel contrasto alle organizzazioni criminali. Dal 2011, quando, con la Conferenza di Città del Guatemala, è stata approvata dai Capi di Stato del Centroamerica, del Messico e della Colombia, l’ESCA gode del sostegno attivo della comunità internazionale. In questo contesto l’Italia, che dal 2007 è uno degli Stati osservatori extraregionali del SICA, è stata protagonista di iniziative importanti in collaborazione col SICA che si sono concretizzate nel Plan de Apoyo all’ESCA: finanziato dalla Cooperazione italiana e dalla BCIE (Banco Centroamericano de Integración Economica) nel periodo 2011-2013, ha realizzato la formazione di molti funzionari di pubblica sicurezza, procuratori e magistrati centroamericani.

A moderare l’incontro il Segretario Generale dell’IILA Ambasciatore Giorgio Malfatti di Monte Tretto che, nel dare inizio ai lavori, ha evidenziato il ruolo attivo dell’Istituto nel rendere possibili le attività oggetto della collaborazione italiana nel settore della sicurezza nei paesi del Centro America. Ha, poi, dato la parola al Sottosegretario agli Affari Esteri ed alla Cooperazione Internazionale Mario Giro il quale ha comunicato l’assenza all’incontro sia del Ministro del MAECI Paolo Gentiloni che del Presidente della Commissione Affari Esteri al Senato On. Pierferdinando Casini, impegnati a riferire alle Camere sulla grave situazione in Libia. Dopo il breve prologo il Sottosegretario ha fatto presente che, ispirandosi alle strategie di sicurezza del SICA, sono state avviate forme stabili di collaborazione coi Paesi del Centro America per fare fronte alle loro necessità di contrastare le organizzazioni criminali molto simili alle nostre mafie. L’iniziativa di formazione di oltre 160 tra operatori della sicurezza, magistrati e procuratori prevista nel periodo 2011-2013 col Plan de Apoyo si è conclusa con successo. C’è stata una particolare attenzione alla best practice tutta italiana della confisca dei beni alle mafie – di cui l’Associazione Libera di Don Ciotti è stata ed è principale promotrice – molto valida per contrastare queste ed il narcotraffico. L’Italia ha un’expertise riconosciuta a livello internazionale anche sul monitoraggio dei flussi di denaro sporco, che costituisce linfa vitale per le mafie di tutto il mondo; anch’essa può essere messa a disposizione dei Paesi del Centro America, sebbene soltanto un’armonizzazione operativa, sul piano della prevenzione e protezione, e legislativa può costituire una sfida adeguata alla criminalità organizzata. La criminalità organizzata non si combatte da soli: per questo occorre grande solidarietà nel contrasto alle mafie, istituzionale ed operativa, per riuscire a ridurre l’impatto che le loro attività illecite hanno sulle società.

Nell’intervento a seguire, del Ministro degli Esteri del Guatemala, nonché Presidente del SICA, S.E. Carlos Raúl Morales Moscoso, sono stati ricordati i focus dell’ESCA presentata nel 2011: la prevenzione della violenza, la lotta al crimine, il rafforzamento istituzionale e la sicurezza del sistema penitenziario. Sono stati stanziati per la sua attuazione 4 milioni di dollari. Con riguardo alla sicurezza, la situazione nei vari Paesi del Centro America è molto eterogenea: il quadro di Nicaragua, Costarica e Panamà è molto più rassicurante di quello di Honduras, El Salvador, Guatemala e Belize. Uno studio commissionato dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) ha evidenziato che nel 2012 in Honduras sono morte per motivi violenti 84 persone ogni 6.000 abitanti; in El Salvador 70 ogni 6.000; in Guatemala 31. Ad ogni modo dal 2011 al 2013 gli omicidi in Centro America sono diminuiti, passando rispettivamente da 21.693 a 17.879. In uno studio sulla droga del 2013 è emerso che l’84% della cocaina prodotta in Sud America arriva al Nord America passando per il Centro America, specialmente per il Caribe, atteso che gli USA consumano il 40% della cocaina consumata nel mondo; il che spiega l’elevato tasso di violenza nei paesi centroamericani. Il Centro America continua ad essere il corridoio della droga pur consumandone pochissima. Moscoso ha cercato, poi, di dare una spiegazione ai deludenti risultati della lotta al narcotraffico conseguiti con l’ESCA durante i 4 anni di Presidenza SICA del Guatemala. In primis la scarsità delle risorse impiegate: 4 milioni di dollari sono pochi; in secundis il fatto che il 90% di questi fondi è stato speso per finanziare studi, convegni, conferenze e non iniziative pratiche. Va riconosciuto sia all’Italia sia alla Spagna di aver aiutato molto i Paesi centroamericani, ma ciò che, secondo il Presidente del SICA, occorre loro è una maggiore coordinazione e coglie l’occasione per chiedere un incontro tra i Ministri degli Esteri italiano e guatemalteco sul tema.

Prende, poi, la parola il Ministro Plenipotenziario Giampaolo Cantini, Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, che ricorda l’enorme sforzo della Cooperazione italiana, attraverso la disponibilizzazione di un totale di 7 milioni e 400.000 Euro per sostenere i paesi del Centroamerica e la strategia del SICA: i finanziamenti sono andati al già citato Plan de Apoyo, alla lotta all’antiriciclaggio, a programmi di recupero sociale di giovani detenuti coinvolti in attività criminali, e, da ultimo, nel Programma “Menores y justicia”, approvato alla fine del 2014, che verrà realizzato dall’IILA, per lo sviluppo di misure alternative alla detenzione per i minori coinvolti in attività criminali in centroamerica. Il Ministro Caterina Bertolini, Direttore Centrale per i Paesi dell’America Latina del MAECI, nel suo breve intervento rende noto che si sta avviando la seconda fase del Plan de Apoyo e dà la parola, perché lo illustri, al Dr. Giovanni Tartaglia Polcini, Coordinatore del Progetto di sostegno italiano all’ESCA. Il Dr. Tartaglia Polcini ribadisce la necessità che i beni confiscati alle mafie bengano integrati nel circuito virtuoso dei fini sociali e delle attività legali. A tal proposito il Plan de Apoyo 2 intende promuovere l’adozione di una legislazione più moderna sui beni confiscati; ed attivare un processo che porti alla sua adozione in tutti i paesi del Centroamerica.

Il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Dr. Raffaele Cantone prende la parola sostenendo che la lotta alla criminalità organizzata non può prescindere dalla confisca dei beni e dei patrimoni ad essa riconducibili. In questi giorni è stato presentato un disegno di legge che modifichi la gestione dei beni confiscati alle mafie attraverso un sistema che non esponga chi utilizza questi beni – potendolo fare in modo esclusivo ed indipendente – alle pressioni delle mafie espropriate che, attraverso pressioni sugli amministratori, cercano di continuare a gestire i loro beni. Cantone ha posto l’accento, poi, sulla necessità di utilizzare anche lo strumento della confisca penale oltre a quello della confisca amministrativa.

Il Sottosegretario al Ministero della Giustizia Cosimo Maria Ferri rende noto che è stato presentato un Disegno di Legge d’iniziativa governativa volto a stabilire misure patrimoniali più incisive e modelli più veloci e snelli per aggredire i patrimoni della criminalità organizzata; e ricorda che recentemente è stato inserito nel Codice Penale del nostro paese il reato di autoriciclaggio. Per completare il suo contributo aggiunge che occorre bloccare i flussi di denaro derivanti dal traffico di droga ed i corridoi di transito della stessa.

Secondo il Procuratore Nazionale Antimafia Aggiunto Dr. Giusto Sciacchitano, intervenuto a seguire, il rapporto di fiducia tra gli Stati e le strutture investigative di sicurezza è essenziale per avere buoni risultati, ma non è scontato. La collaborazione giudiziaria tra Paesi è una collaborazione tra Stati e, quindi, politica. Inoltre, soltanto sulla base di una precisa conoscenza delle norme dei rispettivi Paesi è possibile una collaborazione fattiva tra i giudici dei vari Stati: perché se non c’è la norma, non può esserci collaborazione. Poi invita i Paesi presenti al seminario ad aderire alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale – c.d. Convenzione di Palermo – la cui scarsa adesione non ne sta consentendo l’applicazione che invece sarebbe auspicabile.

Interviene, dunque, il Dr. Rosario Aitala, Consigliere del Presidente del Senato per le questioni internazionali, tra gli ideatori del Plan de Apoyo, che spiega come il fenomeno del narcotraffico in Centroamerica e, più in generale, della criminalità transnazionale, è un fenomeno geopolitico globale che riflette sulla sicurezza globale e va, quindi, affrontato in senso globale. Ciò che è assolutamente necessario è perseguire la destrutturazione degli organismi criminali, non soltanto il sequestro delle droghe e degli oggetti di scambio illecito. Il Dr. Aitala, inoltre, evidenzia come nessun progetto e nessun conferimento pecuniario straordinario possano sostituire ciò che manca oggi al Centro America: cioè la cooperazione tra i Paesi dell’area, soprattutto legislativa. Si pensi, al riguardo, che ciascuno di quei Paesi ha una parola diversa per definire il concetto di confisca e che ne dà una propria accezione. In mancanza di questa omogeneità fondamentale la criminalità organizzata non potrà essere combattuta in modo adeguato.

Dopo il contributo del Dr. Consolo Santi, Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, incentrato sull’inadeguatezza delle strutture dove allocare tutti i sottoposti al 41 bis che, dal 1991 ad oggi, sono in progressivo aumento, e sull’auspicio di un maggiore utilizzo dei nuovi istituti come la custodia attenuata, la media sicurezza o la vigilanza dinamica, prende la parola il Dr. Umberto Postiglione, Direttore dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Il Dr. Postiglione fa rilevare che la sua proposta di destinare all’Edilizia Residenziale Pubblica parte del patrimonio immobiliare confiscato alle mafie sta trovando resistenze per motivazioni ideologiche che andrebbero superate. E, a tal riguardo, fa un appello ai Sottosegretari presenti affinché possano tenere presente la proposta in quanto membri del Governo. Infatti, secondo Postiglione, l’ANBSC è di fatto, oggi, una vera e propria immobiliare – se si considera che lo Stato gestisce circa 8.500 immobili confiscati in tutta Italia – che opera, però, con poco più di 50 persone. Il problema della riconversione nel circuito della legalità dei beni confiscati alle mafie è enorme e non può essere affrontato con scarsità di mezzi e di uomini. A questo proposito cita il caso emblematico del Castello di Miasino: confiscato dal 2009 al boss della camorra Pasquale Galasso era ancora gestito da una società riconducibile al boss; è stato sgomberato pochi giorni fa ed ora non si sa cosa farne, in quanto nessuna delle istituzioni competenti lo ha fatto sapere.

A chiudere questo importante seminario Padre Tonio Dell’Olio, Responsabile del Settore Internazionale dell’Associazione “Libera”, che ripete ai presenti l’incipit che gli addetti ai lavori italiani utilizzano nei consessi dov’è necessario far comprendere l‘importanza della cooperazione sulla lotta alla criminalità organizzata:”Como tenemos la mafia mós antigua del mundo, tenemos también l’antimafia mós antigua del mundo“. La mafia, secondo Dell’Olio, non è soltanto economica ma culturale; quindi, non si può combattere soltanto con la magistratura e con le forze di polizia. Serve un’antimafia sociale che riesca ad arrivare ai giovani prima della mafia; se, invece, nella vita dei giovani arriva prima la mafia, la loro vita sarà persa e noi accumuleremo in questa battaglia tante sconfitte. Libera sta investendo nella formazione di strada, incoraggiando l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Anche in Centroamerica e nell’America Latina in genere è necessario che non ci si fermi alla confisca dei beni dei narcotrafficanti, ma che si possano assegnare ai giovani per creare lavoro e sviluppo. Il lavoro fatto in Centroamerica vuole essere una risposta globale ad un problema globale, perché si faccia di una nostra debolezza, una forza.


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