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Significato terapeutico del testamento psichiatrico

Creato il 17 novembre 2012 da Raffaelebarone

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Introduzione a curi di Remigio Raimondi

Fin dall’antichità la storia della follia è narrata attraverso l’uso di metafore allusive/collusive che nascono e si consolidano come credenze sui punti di vista dominanti di chi si considera appartenente alla parte sana del gruppo sociale. Queste narrazioni hanno il potere di decontestualizzare, alienandole, le storie personali d’uomini prigionieri di un dolore non visibile, che è appannato da comportamenti marginali, ritenuti a torto incomprensibili e perciò minacciosi.

Quando questo dolore negato conduce ad atti estremi, fuori regola, a causa di un disgoverno delle emozioni eccessivamente protratte da affetti laceranti, si creano inevitabili fratture nelle relazioni interpersonali. Quando un progetto mondano, immaginario, si raffigura come reale nella mente del singolo, salificandolo in orizzonti senza senso, il suo mondo interiore diventa inconciliabile con quello dei più perciò si eclissa ogni intermediazione. Per autoproteggersi i più esorcizzano come disumana quella sofferenza mentale che è descritta e tramandata come categoria particolare, l’alienazione, in cataloghi speciali, e chi sperimenta questa condizione viene ridotto ad uomo diverso con diritti diversi. Viene privato, dalla norme comunitarie, della libertà anche se è senza colpe, e reso innocuo attraverso trattamenti sanitari per presunta sua incapacità volitiva e intenzionale.

E’ questo un tempo in cui viene sospeso il diritto fondamentale della persona malata di mente di poter disporre della propria persona; l’esercizio di questo diritto è delegato senza regole e consenso ad estranei, nella fattispecie agli psichiatri e agli operatori della salute mentale del SPDC. In questo tempo sospeso l’alienato soggiace all’arbitrio d’estranei che decidono quale destino assegnargli agevolando o limitando con le loro prescrizioni il governo delle sue relazioni e la tutela dei suoi interessi materiali.

In carenza di un dispositivo di legge, che espliciti le modalità coerenti di tutela durante il periodo della presunta incapacità per malattia, gli utenti dell’associazione dell’Auto-mutuo aiuto psichiatrico di Massa e Carrara hanno ricercato soluzioni autotutelanti con ostinata coerenza per dieci anni, avvalendosi di consulenze tecniche qualificate.

 

Significato terapeutico del Testamento

I ventun pazienti, che hanno partecipato alla realizzazione del progetto “Testamento Psichiatrico’;, per un arco di tempo decennale hanno sperimentato un percorso terapeutico che ha consentito a ciascuno di essi di raggiungere il livello individuale di emancipazione sociale e lavorativa più soddisfacente, di stabilizzare a livello sotto soglia i disturbi psicopatologici che in precedenza li inducevano ad un isolamento stigmatico, e di maturare una personale percezione di utile coesistenza nel mondo degli altri. Hanno trovato nella propria interiorità e nelle relazioni intersoggettive di reciprocità, costruite sulla solidarietà e la cooperazione, gli strumenti mentali e i valori sociali adatti a contrastare l’andamento naturale della malattia, migliorando così la qualità della loro vita e realizzando una prospettiva concreta d’uscita dal dolore morale e di reinserimento attivo nella vita sociale per se e per gli altri. Le tre sezioni di cui si compone il Testamento Psichiatrico, strumento adottato dal DSM, rispecchiano esemplarmente il percorso terapeutico compiuto dal gruppo. La prima sezione contiene l’esplicitazione consapevole e matura che la propria malattia mentale può recidivare in acuzie e la recidiva può manifestarsi con una gravità tale da compromettere le capacità di comprensione. A causa di un’ alterazione, seppur transitoria, dello stato di coscienza può diminuire o abolire transitoriamente la critica e, di conseguenza, la decisionalità del sofferente. E’ questa e non altro la ragione che induce i medici a decidere che esistono i presupposti di un trattamento sanitario, reso obbligatorio dal sindaco, nell’interesse della salute del malato. Il passaggio dall’atteggiamento di negazione di malattia a quello di consapevolezza di malattia è stato punteggiato da almeno dieci stesure del documento che il gruppo di volta in volta proponeva di adottare. Nelle prime stesure del documento la malattia veniva indicata come causata dal pregiudizio emarginante sociale e di conseguenza l’obbligatorietà al trattamento sanitario, che comporta sempre privazione di libertà fisica, era dichiarata, nell’atto proposto, come una violazione bruta della dignità personale del deviante, lesiva del suo diritto all’autodeterminazione curati va. Il non riconoscimento di cittadinanza umana per il malato di mente era l’alimentatore collettivo di diffidenza e autocommiserazione. Aleggiava tra i pazienti del gruppo una sfiducia totale nei confronti delle politiche del Servizio Pubblico e dell’ agire terapeutico dei suoi psichiatri. Nei loro vissuti le esperienze dei precedenti ricoveri erano state rielaborate come esecuzioni di violenza gratuita che il braccio secolare dell’intolleranza sociale agiva in nome della sicurezza sociale dei benpensanti. Nel Testamento Psichiatrico volevano trasferire i loro desideri di emancipazione e le speranze di cancellare insieme stigma e malattia per essere riconosciuti persone tra persone. Ci sono voluti numerosi incontri formativi/informativi perché riesaminassero criticamente le loro posizioni con elementi certi, messi a loro disposizione, delle evidenze scientifiche. Il  loro pregiudizio iniziale, difensivo e totalizzante, era di forza pari e opposta a quella che il campo sociale esibiva come credenze storicamente radicate sulla pericolosità sociale connessa alla follia. Con il passare degli anni sono stato testimone di profondi mutamenti interiori di questi pazienti. Hanno abbandonato le paure e la diffidenza evocate dalla memoria dei loro vissuti tragici e solitari. Hanno elaborate tematiche di solidarietà consolidate e concrete. Le hanno rese esplicite, chiare e coerenti nelle dichiarazioni anticipate poste nel loro Testamento. Un altro punto, difeso con incredibile ostinatezza, era determinato dal desiderio di condizionare selettivamente sia il trattamento medico sia la scelta del medico a cui affidarsi e di cui fidarsi in caso di perdita delle facoltà decisionali. Volevano essere certi che il proprio destino non dipendesse dalla casualità allorché dovesse accadere una recidiva drammatica lungo il loro percorso esistenziale. Ma il giudizio esperto di Bruscuglia sulla necessità di definire uno strumento di tutela compatibile con gli ordinamenti giuridici da una parte e le conoscenze scientifiche rese fruibili con un linguaggio comprensibile da parte di Raimondi dall’ altra, limitarono le richieste di opzionalità del testatore, da includere nel documento, alle sole terapie elettroconvulsivanti. In tal modo salvaguardavano il principio di critica esercitabile dal testatore sulle metodiche terapeutiche brutalmente passivizzanti e rivalutavano i vantaggi dei trattamenti psicofarmacologici, come scelta necessaria fatta dal medico per limitare il persistere delle disabilità psicosociali come esito della malattia non trattata. Un altro aspetto significativo che il Testamento rende visibile è la rete di relazioni interpersonali che i pazienti hanno voluto che risaltasse. Dalla loro esperienza veniva rimarcato il problema della solitudine estrema con cui si vive l’angoscia dell’uscita dal mondo reale durante l’esperirsi della crisi psicotica. Durante tale esperienza solo la presenza di chi ha condiviso la comunanza di affetti e di idealità può essere accettato o tollerato. E’ il tenue filo di Arianna, invisibile e inesplicato, che residua in un labirinto mentale senza orizzonti e che promette possibili vie d’uscita. A queste persone il paziente affida la gestione dei suoi pochi averi e li rende depositari delle confidenze intermediate dai curanti. Sono i soli a cui viene consentito il mantenimento di una relazione fatta di incontri anche se difettosi e parziali. Sono questi fiduciari che, se mobilitati dagli operatori sanitari precocemente quando si presenta una fase critica del disturbo psicopatologico, possono trasformarsi in intermediari preziosi per scongiurare l’inevitabilità del TSO. La richiesta da parte del paziente di sottoscrivere il Testamento Psichiatrico non può essere ridotta ad una mera formalità burocratica. E’un atto di grande valenza etica, giuridica e terapeutica. Il Responsabile del DSM, all’atto della sottoscrizione, è tenuto a informare il testatore e i suoi testimoni del significato delle dichiarazioni anticipate, del loro senso profondo e delle ricadute operative connesse. Il Testamento Psichiatrico da strumento di tutela si trasforma in potente strumento terapeutico perché definisce una strategia di evitamento della drammaticità dell’evento di cui dovrà divenire tutelante. Sono queste le ragioni etiche, sociali e terapeutiche per cui questo strumento è stato sposato con forza dal nostro DSM e adottato con atto pubblico dalla Direzione Aziendale della nostra USL.

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