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«Sii mia, come io ti penso»,

Creato il 02 febbraio 2013 da Pedagogika2

Marco Conci «Sii mia, come io ti penso», scriveva Freud alla fidanzata Martha!

«Sii mia, come penso»,Proprio questo è il titolo (Sei mein, wie ich mir’s denke. Juni 1882-Juli 1883) con cui nella primavera 2011 la casa editrice S. Fischer di Francoforte ha finalmente pubblicato il primo dei cinque volumi dell’epistolario tra il giovane Freud e la fidanzata Martha Bernays (Amburgo, 26.7.1861 – Londra, 2.11.1951). Il volume (625 pagine, 48 euro) contiene le prime 230 delle 1.539 lettere (793 di Freud e 746 di Martha) che i due si scambiarono fino al giorno del matrimonio (il 13.9.1886). Di queste prime 230 lettere finora ne conoscevamo solo 11, tutte di Freud.
«Non si può penetrare la vita intima di un uomo, il nucleo della sua personalità, se non se ne conosce l’atteggiamento nei confronti della fondamentale emozione dell’amore. Nulla rivela l’essenza della sua personalità in modo così penetrante e completo, come le variazioni, sia grossolane che sfumate, delle risposte emotive in questa sfera, dato che poche altre situazioni nella vita mettono così duramente a prova l’equilibrio mentale». Così scriveva Ernest Jones (1879-1958) nel settimo capitolo (Il fidanzamento, 1882-1886) del primo volume (1953; ed. it. 1962, 137) della sua biografia Vita e opere di Freud, lui che queste lettere aveva potuto studiarle ed usarle in tutta libertà. Al punto da concludere con le seguenti parole: «Già prima era stato dilaniato dall’amore e dall’odio, e lo sarebbe stato ancora più di una volta, ma l’unica occasione della sua vita in cui il vulcano che era in lui minacciò di eruttare con forza distruttiva fu quella nella quale le sue emozioni si centrarono su una donna» (179).

La novità è data proprio da Martha, la cui voce sentiamo qui per la prima volta. Solo da lettere di Freud era infatti composto il volumetto Lettere alla fidanzata, pubblicato – nella traduzione di Mazzino Montinari – da Boringhieri nel 1963, parte del più ampio volume del 1960, Lettere alla fidanzata e ad altri corrispondenti 1873-1939.
Come ha sottolineato Bernd Nitzschke su Die Zeit del 26.5.2011, molto riconoscenti dobbiamo essere ai tre curatori per il loro caparbio, decennale lavoro e per la qualità di questa edizione, in cui «troveremo, nei decenni a venire, una serie di tesori». Si tratta di Gerhard Fichtner (docente emerito di storia della medicina presso l’Università di Tubinga e uno dei massimi esperti al mondo delle lettere di Freud), Ilse Grubrich-Simitis (la collega di Francoforte, curatrice dell’opera di Freud in tedesco, che a Città del Messico, al prossimo congresso dell’IPA, terrà una relazione plenaria su Freud e Martha), e Albrecht Hirschmüller (collaboratore di Fichtner e biografo di Breuer, 1842-1925). È così che possiamo finalmente toccare con mano come il giovane Freud, che nelle lettere ad Eduard Silberstein (uscite nel 1991, a mia cura, con il titolo «Querido amigo…». Lettere della giovinezza, 1871-1881) era riuscito a vivere un’amicizia sempre più profonda e creativa, tenendosi però quasi fobicamente lontano da qualsiasi frequentazione femminile, possa con l’aiuto di Martha finalmente «sciogliersi» come mai aveva fatto prima. Ovvero, entrare in contatto con i suoi sentimenti e gradualmente – dopo essere passato ripetutamente da un estremo all’altro, dal fuoco dell’amore eterno alla più dolorosa gelosia – trovare quell’equilibrio e quella stabilità che caratterizzerà la loro relazione matrimoniale. Conosciuta Martha attraverso le sue sorelle, di cui era amico, il giovane medico l’aveva accompagnata a casa il 31 maggio 1882, il 17 giugno si erano segretamente fidanzati e solo a Natale avevano reso pubblico il loro legame. Per proteggere la figlia da un fidanzato squattrinato, nel luglio del 1883 la madre di Martha e di Minna, Emmeline, rientrava con le figlie ad Amburgo – ed è a questo punto che si chiude questo primo volume di lettere.
«Mia cara ragazza, io credo che la mia fantasia sia un po’ malata e mi giochi brutti scherzi. Mi presenta sempre tutta una serie di scenari... Un malato bisogna un po’ curarlo e proteggerlo...», scriveva Freud a Martha. E Martha a Freud: «Carissimo mio buon uomo, alla lettura delle tue lettere mi sono recentemente tremate le mani per il male che mi fai e le ferite che mi procuri, ma ieri sera solo per la gioia e la felicità che ho provato alle tue così profonde parole».
 Se dal Freud psicoanalista abbiamo appreso come l’innamoramento coincida con una condizione in cui rischiamo di perdere il confine tra noi stessi e la persona che amiamo, queste lettere ci svelano finalmente «la palestra» in cui Freud stesso fece questa fondamentale esperienza. Per non parlare della voce di Martha, della ragazza dolce e paziente e, al tempo stesso, decisa ed indipendente, grazie alla quale il giovane Freud poté finalmente compiere l’«educazione sentimentale» che ne fece una persona adulta.
Se il ricco ed esauriente apparato di note costruito dai curatori fa di questo epistolario un documento unico della vita quotidiana e della storia della scienza di fine Ottocento, un quesito di fondo che esso riapre è quello relativo all’autoanalisi di Freud, ovvero alla presenza già in queste lettere di questo importante «filo originario» della psicoanalisi.
http://www.rivistapsicoanalisi.it/index1.php?PG=rir&n=rir_11_3/rir_11_3_02&lang=

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