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Simpatiche dinamiche cenobitiche [2]

Creato il 11 luglio 2011 da Ludovicopolidattilo

Simpatiche dinamiche cenobitiche [2]

La prima sit-com ambientata nel caleidoscopico ed eccitante mondo dei monasteri greco-ortodossi. La puntata pilota è qui.

Alle pendici del monte Isometrides sorge il monastero di Aghios Macarios. Qui la vita dei monaci è scandita ogni giorno dalle attività pratiche, devozionali e ascetiche. Le medesime attività alla medesima ora. Da centinaia di anni è così e nessuno può dire che non funzioni. L’ortodossia teologica e la coerenza organizzativa sono garantite dall’abate del monastero: Timoteo di Eleuthera. Egli orienta, controlla, di rado sanziona.

I monaci diventano tali da piccoli, affidati al monastero dalle proprie famiglie. Studiano le discipline utili alla propria crescita spirituale, diventano uomini, invecchiano. L’anzianità decreta l’assegnazione di particolari responsabilità in ambiti determinati. Dopo la morte i monaci vengono sepolti nel cimitero interno alla cinta muraria. Accompagna la tumulazione un rito che permette ai confratelli di congedarsi dal proprio compagno.

Quando l’ascesi è difficoltosa e i risultati tardano a manifestarsi, la bellezza dei boschi e delle montagne mitiga la frustrazione e pacifica, comunque, il cuore.

La sera di un giorno cruciale per il monastero e i suoi ospiti, un pellegrino bussa sul legno dell’antico e austero portale. Piove, fa freddo. Egli domanda un riparo. Una ciotola di legumi. La pietà dei monaci prevale sulla regola tradizionale, refrattaria all’ospitalità, e sulla diffidenza che i cenobiti rivolgono a quanti provengono da un mondo esterno poco incline al misticismo. Ricoverato per l’intera notte, il pellegrino viene congedato la mattina successiva con ferma cortesia. Egli si risolve a dileguarsi ma prima chiede di poter contraccambiare l’ospitalità ricevuta con un dono. Gli viene concesso.

Dal giorno successivo eventi insoliti minano la serena convivenza all’interno del monastero e compromettono l’assiduità delle pratiche ascetiche. In particolare i monaci giungono alle soglie della rissa per essere assegnati al turno in cucina, sono sovente intrattabili e tendono a trascurare i propri doveri.

Turbato dall’insolita circostanza, l’abate Timoteo si risolve a indagare. Dopo avere domandato più volte ai reticenti monaci la ragione della loro inquietudine viene a scoprire che all’origine di tutto è la centrifuga per insalata donata dal pellegrino

Questi torna dopo alcuni mesi al monastero. Trovando il portale aperto, entra senza difficoltà.  I monaci sono quasi tutti morti. I loro corpi giacciono senza vita a terra o sugli scabri scranni del refettorio. Allora il pellegrino si reca presso la stanza dell’abate trovandolo vivo, unico superstite, intento a manovrare incessantemente e con impeto straordinario la manovella della centrifuga per insalata in senso antiorario. Interrogato sull’accaduto, il religioso indica la centrifuga per insalata come la causa della sventura che ha colpito il monastero. I monaci, una volta azionato il dispositivo, hanno sperimentato un appagamento tale da essere portati a rifuggire qualsiasi altra attività e dovere. Sostiene di aver proibito l’uso dell’oggetto causando la morte dei cenobiti colpiti da una persistente inedia mista ad acuta e letale frustrazione. Non è importato loro più nulla né dell’ascesi né della vita stessa. Dice al pellegrino di avere tentato di distruggere il nefasto utensile ma senza successo. Una volta provato ad azionarlo per svelarne il segreto racconta di esserne rimasto irretito a lungo. Ora, tuttavia, sostiene di essere giunto ad emanciparsi dalla schiavitù che questo determina.

Il vecchio saggio ha finalmente intuito l’identità del pellegrino e gli annuncia l’intenzione di recarsi presso gli altri monasteri dell’ordine per rivelarla e mettere in guardia i confratelli nei suoi confronti.

Prima di congedarsi desidera rivolgere tuttavia un’ultimo quesito al misterioso viandante. Risoluto, pertanto, domanda: ”Non è che avresti quell’attrezzino per fare le carote à la julienne?”.



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