La Siria oggi gronda di sangue per la sua guerra civile fra i promotori di una maggiore democrazia e libertà, nel rispetto dei diritti umani, e quel regime di uno dei molti fra i sanguinari tiranni del nostro mondo: Bashar Al Assad. Dal 2011, diciassettemila sono quei morti di cui si fregia finora la furia del despota islamico, che è il presidente dell’attuale repubblica socialista: quella che un tempo era stata alleata fedele dell’ex-Unione Sovietica e ora lo resta della nuova Russia. La stessa famiglia laggiù è ad oggi sempre al potere, e questo dagli anni settanta, quando il paese era detto la “Cuba del Medio Oriente”, avamposto di Mosca nel Mediterraneo. E lui, il giovane capo Bashar, le vuole ancora per sé le sue vittime: spesso, spessissimo. Sempre più sangue, sangue di tutti, come una volta là a Creta nei tempi più primitivi dentro le ambagi del labirinto. Ecco, varie notizie recenti dall’ONU ci inorridiscono perché riportano anche di stragi, di efferatezze, di stupri ai danni di tanti bambini. Sono di certo ben oltre un migliaio i più piccoli e inermi che in questa guerra da mesi sono costretti a soffrire.
Cosa facciamo?… cosa possiamo fare per loro? Personalmente non ho una risposta. Io qui non posso fare altro che scrivere e ricordare con Dante i tiranni dell’antichità: Alessandro, Dionisio e poi, assieme ad essi, anche gli orchi del Medioevo, come Ezzelino, che da quei secoli bui senza meno fece di tutto (ma invano) per riuscire a sottrarre a Bashar la sua palma della nequizia bestiale. Ma soprattutto ricordo quel simbolo del Minotauro di Creta che il Pellegrino infernale descrive giù in fondo, dentro quel buio maligno, e presso il fiume che è sangue bollente, il Flegetonte. Non ci son dubbi, il Minotauro dantesco introduce all’enigma della violenza e terrore che sgorga dall’arroganza dei despoti e dal pensiero malato che vuole imposizioni politiche senza rispetto di leggi liberamente richieste dai molti che lui governa e di cui lui dovrebbe riuscire a interpretare i più giusti pensieri. Ogni tirannide è invero un grande mistero: essa si fonda sull’ignoranza. E la protegge. Ne è ossessionata.
Il Minotauro dantesco è guardiano di una fra le evidenti “ruine” d’inferno: una gran frana, una breccia e spaccatura dentro la terra. Lui la controlla. La fenditura minaccia di farsi sempre più larga e illuminare i perversi segreti. Ma ora… ecco, qualcosa succede: Dante (che è l’uomo/umanità) è disceso dentro quel nero… e lo descrive, e lo misura. Le sue parole, la sua verità che è sincera, tolgono buio a quella fossa tremenda, ci fan sentire i suoi limiti. E quell’orrore che nasce nella coscienza maligna ora non è più infinito. No, è evidente, perché non è più coperto dalla vaghezza che è indeterminata e, per questo, incontrollabile. La conoscenza del Pellegrino, dice Virgilio, dà al Minotauro il suo «colpo mortale». Allora, che dire?… Benediciamo — da anime del nostro tempo — i civili interventi dell’uomo contro gli ‘stati canaglia’ sempre ancorati a ideologie comuniste di frode e poi a materialismi coatti e tirannidi e teocrazie. Benediciamo il potere di Internet e libertà di confronto: che possa essere filo e corona di luce nel labirinto siriano, senz’altro, luce di Arianna nei luoghi oscuri e infernali del mondo. E porti un’equa chiarezza fra i vari stili di vita, i migliori e gli infami. No, io non credo alla forza e alla spada di Teseo, ma alla potenza che nasce dai nessi delle obiettive comparazioni. Quella è più forte di tutte, e poi brucia, è più calda del Flegetonte… è la vergogna.
Marino A. Balducci
M.A. / Ph.D. University of Connecticut – U.S.A.
Professor of Italian Studies (Literature and Art History)
Director of Graduate Research / Divine Comedy Project Coordinator
Carla Rossi Academy – International Institute of Italian Studies
(NPO in collaboration with Harvard University U.S.A. since 1998)