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Smargiasso e Trucido (3° parte)

Creato il 08 giugno 2011 da Annanihil
Smargiasso e Trucido (3° parte)Nel sonno le ore scorrono veloci. Isabelle dopo tutto quello che aveva passato, era crollata. Dormì tranquilla nella cabina del Capitano, ben oltre il sorgere del sole. Quando si accorse dell’ora, si sentì in imbarazzo per la sua pigrizia e si affrettò a prepararsi.
Sul ponte alcuni affilavano le armi, altri si esercitavano, altri ancora continuavano a dormire. Smargiasso fiero e spavaldo osservava quella sua scombinata manciata di uomini, poi udì dei piccoli passi leggeri. Non poteva essere che la leggiadra Isabelle. Si voltò proponendosi alla fanciulla nella sua posa migliore.
A Isabelle parve più bello della sera prima. Anche Smargiasso rimase colpito dagli occhi di lei, che alla luce del sole risplendevano più luminosi di quanto ricordasse. La salutò con un inchino.
La giovane ricambiò il gesto e aggiunse: «Grazie per aver vegliato sul mio sonno».
«Dovere. Come vede ci stiamo preparando, libereremo suo padre!»
«Sono stata immensamente fortunata a incontrare lei, Capitano!»
Smargiasso adorava le adulazioni, soprattutto se partivano da una boccuccia così graziosa. Non perse occasione per pavoneggiarsi come al suo solito.
«Le garantisco che tornerà a essere la padrona del castello! Non ha trovato un pirata qualunque! Ma il re di tutti i mari! Ieri non le ho raccontato di quella volta in cui…»
***
Intanto Capitan Trucido, beatamente sdraiato su un letto a baldacchino, allungava la mano solo per farsi riempire il bicchiere da una povera cameriera, per nulla contenta di dover avere a che fare con un ubriacone di prima mattina.
Anche il resto della sua ciurma bivaccava allegramente facendo fuori le scorte di cibo del castello. Erano ormai i padroni assoluti. Presto avrebbero ottenuto il loro tesoro, sapevano che Capitan Trucido riusciva a essere molto persuasivo. Non c’era da preoccuparsi, ma solo da godere di questo comodo e regale alloggio. Anche se di lussuoso restava ben poco tra i pregiati ritratti usati per il tiro al bersaglio, arazzi, tende e biancheria finiti inesorabilmente nel fuoco del camino, ceramiche in frantumi e l’argenteria fusa per creare o modificare le armi. La sporcizia era tale che nemmeno un esercito di cameriere sarebbe riuscito a mettere ordine. Le poche presenti facevano talmente tanta fatica a difendersi dalle mani dei pirati che l’ordine era l’ultima cosa a cui davano importanza.
***
Tutta altra atmosfera tra Smargiasso e Isabelle. Il Capitano era contento di aver trovato una dama a cui dedicare romanticherie che nessuna aveva mai meritato e nemmeno richiesto. Isabelle trovava il Capitano un po’ sbruffone, non la convincevano di certo i suoi racconti di viaggi e grandi imprese, ma non poteva fare a meno di ascoltarlo rapita. Se erano solo favole, sapeva raccontarle bene, e il modo in cui si poneva al centro di ogni sua storia come l’eroe coraggioso, dimostrava che in quel pirata c’era bontà e sana voglia d’avventura.
Racconto dopo racconto, Smargiasso e Isabelle sentirono di potersi fidare l’uno dell’altra. La giovane avrebbe partecipato attivamente guidando la ciurma all’interno del castello.
Isabelle, per assolvere al suo incarico, si presentò sul ponte vestita in modo più adeguato alla situazione. Con l’aria spavalda di una vera amazzone indossava il suo corsetto come un’armatura sopra una camicia e dei calzoni da uomo. Quando Smargiasso si accorse che Isabelle aveva preso quei capi del suo guardaroba, trattenne a stento un punto d’irritazione. Era molto geloso delle sue cose, ma in fondo a indossarle era Isabelle, a lei era disposto a concedere tutto se stesso, vestiti compresi.
«Così potrò muovermi più agilmente e non essere di peso» si giustificò la giovane.
«Credevo fosse il corsetto l’indumento più fastidioso per voi donne. Ogni volta, slacciarlo è stato sempre un lavoro!» si pentì di questa affermazione temendo che Isabelle potesse essere gelosa del suo passato, anche se doveva pur aver capito di avere a che fare con un uomo di mondo.
Infatti, Isabelle, senza alcun rancore, sospirò e cancello ogni discussione. «Sì, è vero, ma dà talmente tanto fastidio che non averlo mi sembrerebbe strano, mi sentirei nuda».
Quest’ultima parola colta dalla ciurma suscitò diverse fantasie, ma bastò uno sguardo di Smargiasso per rimetterli in riga.
Si erano avvicinati al castello. Gettarono l’ancora e calarono le scialuppe. A remi raggiunsero terra e una volta scesi si affrettarono a stringersi contro le mura del castello. Rimasero in silenzio, non udirono nessun rumore sospetto, era il momento adatto per lanciare l’arpione. Il gancio s’incastrò alla perfezione tra i merli delle mura. Per primo, come al solito, fu invitato ad arrampicarsi il mozzo.
«Perché io?!»
«Perché sei leggero! Metti che la corda non regge…», K. Mortimer gli fece un segno inconfutabile permettendogli di intuire la sua possibile triste fine.
«Io cado e muoio!» esclamò spaventato il mozzo.
Intervenne Capitan Smargiasso: «Ragiona, se cadi tu, magrolino come sei, riusciamo a prenderti al volo! Senza problema alcuno! Fidati! Ma se al tuo posto ci mando Ben Caverna…»
«Vuoi forse che mi schianti al suolo figliolo?!» disse Caverna con finto tono supplichevole.
Il ragazzino si decise e salì la corda con una velocità impressionante. Seguirono gli altri, infine Smargiasso che si caricò sulle spalle Isabelle. Temeva di stramazzare al suolo dalla fatica, ma da Capitano orgoglioso nascose agli altri questo suo pensiero, soprattutto a Isabelle. Finora avevano proceduto indisturbati. La via era libera, nessun pirata a far da sentinella sulle mura. Il castello era immerso nel silenzio.
«I pirati saranno tutti ubriachi. Sentendosi forti si sono dati ai bagordi e non hanno provveduto a mettere delle guardie intorno alle mura» suppose Doc.
«Già, chi poteva disturbarli? L’unica che poteva chiedere aiuto è lei…» disse Smargiasso rivolgendosi a Isabelle.
«Mi hanno messo dentro un baule e gettata in mare, sicuramente mi credono morta».
«State allerta, comunque!»
«Di qua, scendiamo verso le segrete e liberiamo i soldati di mio padre!»
«Bene, ci penserai tu a spiegargli che noi siamo amici…»
«Certo! Non devi dubitare! Io ti devo la vita Smargiasso!»
Come dubitare di uno sguardo così seducente, Smargiasso avrebbe voluto stringerla a sé e baciarla.
«Veramente ti ho trovata io…» intervenne a sproposito Jo Gambecorte.
«Taci! Andiamo!» ordinò Capitan Smargiasso innervosito dall’aver visto svanire un’occasione per sfiorare Isabelle.
Scesero il più silenziosamente possibile la scala a chiocciola che riempiva una delle torri principali. Isabelle li guidava decisa, sembrava una di loro. A un tratto sobbalzò, tornando a essere la fragile donzella, quando vide i piedi di uno dei pirati di Capitan Trucido. Il manigoldo era ubriaco. Era come avevano immaginato. Capitan Smargiasso superò Isabelle e si avvicinò al pirata, dormiva profondamente, fece un cenno ai compari che in un istante lo legarono e imbavagliarono a dovere.
Proseguirono per un lungo corridoio fino a quando non furono costretti ad attraversare un’ampia sala vuota. Non c’erano preziosi, non c’erano arazzi, non c’era disordine, niente di niente se non un palchetto con sopra un trono rifinito con imbottiture di velluto rosso. Sul trono un uomo. Indossava abiti da gentiluomo, la testa china mostrava un elegante cappello, ma ne nascondeva il viso. Isabelle non ebbe dubbi. Iniziò a singhiozzare e gridò: «Papà!» e corse ad abbracciarlo.
(continua...)

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