Ormai è chiaro a tutti. L’efficienza energetica è una delle questioni cruciali da cui dipende il futuro dell’intero pianeta. Un tema affrontato il 10 gennaio dal ministro dell’Istruzione e Ricerca, Francesco Profumo, che davanti alla Commissione Cultura della Camera ha confermato l’impegno del governo a sostenere lo sviluppo delle smart grids nel nostro Paese.
Profumo ha evidenziato soprattutto il problema degli edifici scolastici italiani: una superficie complessiva di circa 64 milioni di metri quadri, in gran parte identificati in classe energetica G, ossia la più bassa, indice di maggiore inefficienza. Un record non proprio esaltante e molto poco smart soprattutto se si butta lo sguardo oltre i confini nazionali.
Solo una settimana fa, a Barcellona è stato inaugurato il nuovo centro di controllo della Rete intelligente. Un edificio che sarà il cuore del progetto lanciato da Endesa, la società spagnola controllata da Enel, per trasformare il capoluogo catalano in una delle più importanti smart city a livello mondiale. E in giro per il mondo la gara a condurre da capofila la rivoluzione smart non manca. Dagli Emirati Arabi, dove sta nascendo la città 100% ecosostenibile di Masdar, all’Olanda, dove ad Amsterdam interi quartieri stanno diventando “a impatto zero”, fino alla stessa Spagna, che ha in Malaga la punta di diamante delle smart city europee.
L’Italia allora e un’altra volta fanalino di coda? Una volta tanto, nonostante le dichiarazioni del ministro dicano una verità, fa piacere sottolineare che il Belpaese non sta a guardare. Sono già in essere accordi tra aziende, università e utilities per rendere Torino, Bari e Genova delle Smart Cities a livello europeo . A Roma, Acea sta implementando i primi embrioni di reti intelligenti. Ma è a Isernia che sta nascendo la prima città italiana smart. Un’iniziativa che, secondo il direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli, dovrebbe valere circa mezzo punto di Pil annuo grazie a una maggiore efficienza energetica.