Sociologia. Su Emile Durkheim.Interpretazioni, parte 1
Creato il 31 dicembre 2011 da Tirsenide
TEORIA DELL’INTEGRAZIONE SOCIALE
Durkheim divenne politicamente sociologo, maniera probabilmente paradossale ancora di voler fare della sociologia la contropartita del socialismo, cioè una risposta all’identica questione di superamento della perdita dell’uomo. I lavori di D. fra il 1885 e il 1914 affrontano temi svariati: perché i sociologi? Quale ruolo possono assumere gli intellettuali nel processo di mutamento? Come concepire il socialismo? Qual è l’indirizzo della nostra civiltà?
IL PROGETTO DI UNA SCIENZA SOCIALE PRATICA
In D. vi è “ … un duplice bisogno che in fondo può essere considerato un tratto di personalità: un’esigenza di c o m u n i o n e, per prima cosa legata al pensiero che l’uomo non esiste che per l’altro, per il calore di gruppo, per la partecipazione comunitaria; un bisogno di legge, in secondo luogo, in rapporto all’ipotesi che l’uomo non possa vivere fuori di un inquadramento” (voluto nella condivisione e nella libera scelta)
Dal punto di vista storico questo periodo si caratterizza dal consolidamento della Repubblica di Gambetta, dall’introduzione in Francia del marxismo per opera di J. Guesde e nel 1879 dalla fondazione della “Federation des travailleurs socialistes de France”, diventato successivamente Partito Operai francese (SFIO), con l’espulsione degli anarchici, dei blanquisti, dei proudhoniani e dei marxisti internazionalisti.
L’ambiente in cui si viene a trovare il giovane D. è quello dello scontro fra anarchici e collettivisti che si riflette sul piano filosofico come dicotomia fra individuo e società.
D. si chiede se l’idea individualistica sia ineluttabilmente antagonista al socialismo.
La sociologia deve costruirsi con i principi propri, i principi sociologici. Se la COESIONE contrariamente alla disunione che spezzetta e abbandona l’uomo all’angoscia della solitudine, e il fine immanente, l’essenza di tutte le società, essa diviene valore … la sociologia si fonda su un oggetto, la coesione, che è nello stesso tempo un valore: è morale tutto ciò che crea solidarietà sociale.
La società si forma su una COMUNIONE NORMATIVA e la sociologia (superando così le tesi di Spencer) deve operare in un ambito distinto dalla PSICOLOGIA. Altro problema fondamentale per D.: come il sociologo poteva conciliare la necessità di un atteggiamento “distaccato” nel corso del lavoro metodico di elaborazione della nuova scienza, e il carattere “pratico” di questa scienza, non meno del suo personale impegno …
LA DIVISION DU TRAVAIL SOCIAL (1893): in esso la divisione sociale del lavoro è mostrata come creatrice di solidarietà, in quando le regole necessarie nascono dal rapporto delle parti in presenza, e sussiste un consenso sufficiente relativamente ai valori fondamentali … un tempo sono state le credenze religiose tradizionali a svolgere questo ruolo, ma ora non è più possibile rispetto allo sviluppo della scienza e del razionalismo … questi valori sono i valori individualistici cioè rispetto dell’umanità nell’uomo … un nuovo individualismo ( che supera l’utilitarismo e l’anarchismo) che è fattore di integrazione.
VALORI INDIVIDUALI E IL PERSONALISMO.
… doppio ordine di convincimento: la solidarietà degli individui e dei gruppi risiede nell’unità di fedeltà a un corpo comune di regole e di valori interiorizzati nella personalità dei membri della società globale, sebbene analiticamente indipendenti dagli individui e istituzionalizzati nel sistema sociale… gli atteggiamenti morali individuali, i modelli specifici dei sotto-gruppi funzionali rischierebbero di essere disintegratori se non esistesse questa unità di fedeltà.
Le regole e i valori ultimi della società concernono in definitiva la legittimazione dei diritti delle responsabilità e delle vocazioni dell’individuo: la sopravvivenza stessa delle moderne società dipende dal riconoscimento, da parte loro, dei valori individuali la cui prima espressione fu quella del secolo dei Lumi e della Rivoluzione.
Nelle società arcaiche, dove alla diffusione dei ruoli e dei compiti è inesistente il sistema sociale si regge per l’omogeneità delle regole e dei valori che costituiscono al “coscience collective” (la coscienza sociale).
La coscienza collettiva COINCIDE con la coscienza individuale (solo i capi sono in possesso di una personalità individuale) è quindi l’INDIVIDUALITA’ è NULLA.
Nelle società moderne la differenziazione dei ruoli e delle funzioni porta alla costituzione di una società organicamente solidale, in cui l’attività individuale diventi più specifica, più personalizzata, che vi sia mobilità individuale per quando riguarda le capacità specifiche, realizzazioni delle propensioni e delle vocazioni. Ai valori comuni specifici delle società arcaiche vengono man mano sostituiti i valori specifici dei gruppi e le regole che organizzano i rapporti fra i gruppi … cosicché l’individuo viene fatto oggetto di rispetto (culto della persona). D. non vede subito che questo culto crei un effettivo legame sociale . Dopo il 1895 D. sostenne che il sentimento del SACRO esprime la comunità nel suo primato ontologico; nel culto della persona vi è un germe della “nuova religione” (fare dell’uomo un dio per l’uomo), la religione dell’Umanità il cui dogma è l’autonomia della ragione e il primo rito è il libero esame.
Nell’individualismo non è implicato un primato epistemologico (legame sociale come finalità dell’individuo), etico (dedurre una morale dall’individuo) o psicologico (confondere personalizzazione ed egoismo) perché l’essere-in-gruppo implica la realizzazione di sé ma anche l’acquisizione del legame con gli altri. L’oggetto del culto di persona è la persona umana in abstracto in qualunque forma s’incarni.
La società deve soddisfare due requisiti:
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Le attitudini e le scelte possibili. Essendo le prime naturalmente ineguali (ognuno ha una propensione per un lavoro) ci devono essere le condizioni di possibilità uguali per tutti nella competizione sociale per gli accessi ai ruoli nella società.
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Scala di valutazione e gerarchia dei servizi sociali. Quando la renumerazione è congrua al livello gerarchico del servizio, allora si può parlare di equità.
Durkheim afferma che è l’opinione che fissa questa scala, in funzione di volta in volta delle qualità e della quantità del lavoro; e, fissandola essa determina anche i “bisogni normali” che l’individuo può a buon diritto soddisfare. D. non approfondisce perche radicalizzerebbe “il contenuto politico” delle sue affermazioni!
Si può parlare di attitudini naturali in sé?
Le scelte non sono legate all’ambiente, all’educazione (e che quindi) si privilegia lo sviluppo di “talenti” presso alcuni arrecando detrimento ad altri ?
In più la tendenza dell’opinione è quella di non considerare con lo spesso occhio gli uomini delle differenti classi sociali e ad accordare a priori maggior merito agli uomini delle classi superiori.
D., identificando i meriti e i bisogni (ognuno ha i Bisogni che merita) e considerando che la formazione dei bisogni implica una non-riconciliazione fra eguaglianza e organizzazione meritocratica, conscio di queste aporie, avviava una riflessione più generale sullo Stato e sulla società politica.
Fonti:
J. C. Filloux, Introduzione a Emile Durkheim, La scienza sociale e l’azione
R. Aron, Le tappe del pensiero sociologico, pp. 29-368 (ultime pag.: Durkheim)
P. Rossi, Positivismo e società industriale, introduzione e pp. 49-55,
F. E. Manuel, I profeti di Parigi (S. Simon, Comte)
A. Pizzorno, Il Pensiero sociologico, in Storia delle idee… (Utet, a cura di Luigi Firpo)
R.A. Nisbet, La Tradizione sociologica, la nuova Italia (1979)
(continua)
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