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Soia e disfunzioni tiroidee: quale legame?

Creato il 27 febbraio 2015 da Abcsalute @ABCsalute
Endocrinologo Dott. Prof. Francesco Lippi
Endocrinologo Dott. Prof. Francesco Lippi
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Pubblichiamo un contributo del Prof. Francesco Lippi, specialista in endocrinologia e diabetologia e Prof. alla Scuola di endocrinologia di Pisa, che scioglie i dubbi riguardanti l’influenza della soia e dei suoi derivati sulle funzioni tiroidee. 
 
Da molti anni si discute se l’uso della soia e dei suoi derivati – isoflavoni di soia – influenzi la funzione della tiroide o possa ridurre l’efficacia degli ormoni tiroidei.
Le persone affette da patologia tiroidea, sia strutturale che funzionale, sono numerose nella popolazione italiana, circa il 10-15% secondo le ultime stime. Una parte di queste è affetta da ipotiroidismo, in genere da tiroidite cronica linfocitaria autoimmune o di Hashimoto, e utilizza ormoni tiroidei sintetici come l-tiroxina sodica a dosi sostitutive la funzione tiroidea.
 
I primi studi pubblicati sull’effetto della soia e dei suoi derivati (Doerge et al, Environ Health Perspect, 2002 Jun; 110 Suppl 3 e Messina et al, Thyroid, 2006 Mar; 16(3)), hanno rilevato un presunto legame tra l’uso della soia e l’inattivazione di processi che favoriscono il passaggio dello iodio nella tiroide (TPO o enzima tireoperossidasi). Si tratta di un presupposto che causerebbe la maggiore comparsa di ipotiroidismo nelle aree a carenza iodica. Un’altra conseguenza segnalata è il ridotto assorbimento dell’ormone tiroideo, e quindi la necessità di aumentare la dose somministrata nei pazienti in terapia. In pratica, un eccessivo uso di soia e derivati potrebbe aumentare il rischio di aggravare un quadro di ipotiroidismo subclinico e riportare una diagnosi di TSH elevato.
 
Uno studio successivo (Sathaypalan et all. (J Clin Endocrinol Metab, 2011 May; 96(5) ha dimostrato la maggiore comparsa di ipotiroidismo clinico nei pazienti già ipotiroidei subclinici, ma contemporaneamente evidenziava l’elevata capacità della soia di ridurre la resistenza insulinica, la pressione sanguigna in chi l’avesse troppo alta e anche il livello di PCR –Proteina C Reattiva – indice di infiammazione.
 
Insomma, a fronte di un debole rischio per alcuni pazienti ipotiroidei o che utilizzano ormoni tiroidei sintetici, mangiare abitualmente la soia e suoi derivati comporterebbe immensi vantaggi per la maggior parte della popolazione, poiché svolge un’efficace azione preventiva contro cancro, diabete e infiammazione (D’Adamo et al, Altern Ther Health Med 2014 Winther; 20 Suppl 1). Inoltre, un recente studio (Alekel et al, Menopause 2015 Febb;22) indicherebbe anche un effetto stimolante della soia sullo spessore endometriale nella donna in menopausa con una riduzione della perdita della massa ossea senza particolari alterazioni della funzione tiroidea.
 
Possiamo dunque affermare che la soia e i suoi derivati, in alcuni casi, influiscono sulla funzione tiroidea o sull’assorbimento dell’ormone tiroideo, ma i vantaggi di questo alimento sono di gran lunga maggiori dei rischi. È importante introdurre nella dieta quotidiana sia il sale iodato che assicura un buon apporto di iodio, indispensabile per consentire alla ghiandola tiroidea di svolgere le sue funzioni, sia alimenti contenenti soia e derivati che permette di controllare i processi infiammatori e la formazione di radicali liberi, un’azione preziosa per prevenire il cancro.
 
Contatta il Prof. Francesco Lippi per richiedere maggiori informazioni e approfondimenti.


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