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«Sola ad abortire nel bagno dell’ospedale», ma è una bufala

Creato il 12 marzo 2014 da Uccronline

Bufala“Costretta ad abortire in bagno da sola. In ospedale soltanto medici obiettori”. Tiene banco questa storia sui principali quotidiani, promossa dall’Associazione Luca Coscioni, braccio giuridico del Partito Radicale guidato da Filomena Gallo.

Ricordiamo che l’Associazione è già stata accusata di manipolazione da Silvio Garattini, direttore dell’Istituto “Mario Negri” e di «ignoranza, di superficialità o peggio di malafede» quando la lobby radicale ha voluto riportare in maniera «distorta e scorretta» i dati di un’importante ricerca dell’Istituto stesso, per avallare la tesi che nelle rianimazioni italiane si pratichi l’eutanasia clandestina, argomento utile alla sua legalizzazione, ma rivelatosi ovviamente falso.

In questi giorni, dicevamo, l’Associazione Luca Coscioni è tornata alla ribalta. Volendo cavalcare il recente attacco dei burocrati europei al diritto dei medici italiani di essere obiettori di coscienza, ha avuto la brillante idea di rendere pubblica una sofferente esperienza di una donna risalente a ben quattro anni fa, sicuri di essere ascoltati dai quotidiani principali.

La storia è quella di Valentina che, quattro anni fa per l’appunto, «per colpa della legge 40» è stata “costretta” a restare incinta di una bimba malata, poi ha deciso di procedere all’aborto della bimba recandosi all’ospedale Pertini, ma sarebbe stata lasciata sola ad abortire in un bagno a causa della presenza di soli medici obiettori, mentre nei corridoi si muovevano inquietanti figure di «volontari pro life col Vangelo in mano». La ricostruzione è possibile ma ben poco credibile, anche perché si riscontrano tutti gli elementi di cui è ossessionata l’Associazione radicale: odio verso la Legge 40, odio verso la libertà dei medici e odio verso i volontari in difesa della vita.

In ogni caso l’accusa è stata smontata dall’Asl di Roma che, dopo una breve indagine, ha affermato che il Pertini ha medici abortisti e quella sera del 2010 ce n’erano addirittura due in camera con la donna. «La signora», si legge in un comunicato, «è stata assistita, durante la degenza, da due medici non obiettori di coscienza che fanno parte dell’équipe istituzionalmente preposta alla Ivg [...]. La signora è stata prontamente assistita e avviata alla sala parto per il “secondamento” e per le successive procedure previste nel post parto». E in camera è avvenuto l’aborto, non in bagno. Tant’è che la donna non ha allora fatto partire alcuna denuncia.

Giustamente la presidente Movimento PER Politica Etica Responsabilità e vicepresidente della Commissione Cultura della Regione Lazio, Olimpia Tarzia, ha parlato di una vicenda «quanto mai singolare» e di «vergognosa strumentalizzazione di un dramma». «Se c’è stata realmente omissione di soccorso, questa va imputata nei confronti dei medici di turno, non tirando in ballo l’obiezione di coscienza, che tra l’altro, vorrei ricordare, oltre ad essere un diritto fondamentale, previsto dalla stessa L.194, permette comunque al medico obiettore di intervenire qualora vi sia pericolo di vita».

La redazione


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