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Soli al mondo: i maoisti del Nepal.

Creato il 26 ottobre 2010 da Cren

Soli al mondo: i maoisti del Nepal.Pensiamo ai maoisti nepalesi, gli unici al mondo ad avere qualche potere politico e la maggioranza di voti in un paese. Per di più confinante con quella che dovrebbe essere la loro patria ideologica che, come vedremo, li ha sempre  visti come grandi rompipalle.

Durante il conflitto civile (1996-2006), i guerriglieri non ricevettero nessun aiuto dai cinesi né logistico (passaggi alle frontiere o santuari) né economico (finanziamenti e armi). Anzi Pechino fu fra i pochi governi a rifornire di armamenti il Nepal durante l’embargo (2005-2006) deciso dagli occidentali e dall’India dopo il “colpo di stato” di Re Gyanendra. I maoisti prendevano le armi agli squinternati poliziotti dei villaggi, i soldi dai contadini tramite donazioni e dalle rapine e mantenevano un tenue collegamento (santuari) con i maoisti indiani.

La Cina, con tanti casini interni e minoranze incazzate, ha sempre avuto l’interesse che il Nepal fosse stabile, non fungesse da base per attività politiche e militari dei tibetani e limitasse l’influenza indiana. Un risultato pienamente raggiunto durante i  50 anni di  monarchia come quando l’esercito nepalese (nel 1974) collaborò a distruggere i guerriglieri tibetani Khampa che operavano nel Mustang e nelle regioni settentrionali del Nepal. Addirittura il loro leader fu imprigionato e giustiziato a Kathmandu. L’astuzia dei sovrani fu di mantenere una equidistanza fra le due superpotenze vicine, muovendosi verso l’una o l’altra in base alle convenienze di Kathmandu. Una strategia che dovrebbe essere seguita dai confusi governanti attuali.

Quindi Pechino vide con enorme fastidio l’insorgenza maoista e la considerò un elemento di disturbo,  di rischio per la stabilità del Nepal  e di potenziale scusa per gli indiani per occupare (in forme diverse) il paese. Nel 2005, l’Ambasciata cinese di Kathmandu emise un comunicato richiedendo ai guerriglieri di non abusare del nome di Mao; nello stesso anno il portavoce del ministero degli esteri  Kong Quan dichiarò “this group (i maoisti nepalesi) has nothing to do with China, and we felt indignant that they usurped the name of Mao Zedong, the great leader of the Chinese people.” La stampa cinese li definiva ribelli e i maoisti nepalesi per reazione parlavano dei  leaders cinesi come revisionisti e reazionari. Insomma i rapporti non erano brillanti. Come ovunque nel mondo, Pechino pensava più al denaro che alle comunanze ideologiche e a tutti gli osservatori sembrava stravagante  l’idea di una rivoluzione proletaria; non si era più negli anni ’50 o ’60.

L’atteggiamento dei cinesi iniziò a cambiare quando i maoisti emersero come principale realtà politica del paese dopo al rivoluzione e la fine della monarchia nel 2006 nell’ottica sempre dei propri interessi non certo per ragioni di comuni ideali.  Prachanda, fino ad allora tenuto lontano come la peste,  fu invitato come ospite d’onore alla chiusura dei Giochi Olimpici (2008) e flussi di funzionari iniziarono a muoversi fra i due paesi.  Obiettivo dei cinesi firmare un nuovo trattato d’amicizia che consentisse una più fluida presenza commerciale cinese e un mutuo controllo delle frontiere (e dei tibetani di Kathmandu).

Per adesso niente si è concretizzato anche a causa della paura cinese di rimanere impegolati nel caos nepalese. Esperti da millenni nell’arte del bilanciamento, i cinesi mantengono buone relazioni con tutti i partiti (esponenti invitati a Pechino) e attendono che ,dal disordine, esca un interlocutore stabile. E’ di oggi la notizia  che Transparency International (TI), ha retrocesso il Nepal fra I paesi più corrotti del globo piazzandolo alla 146°(nel 2009 era 143°) su 180 paesi.  L’Assemblea Costituente non è riuscita (ed è il 13° tentativo) ad eleggere un nuovo governo.

Per questo sono un po’ a disagio per l’affetto dimostrato dai maoisti nepalesi (esempio le attività dirette a farli entrare a pieno titolo nel SAARC (South Asian Association for Regional Cooperation ) . Un appoggio troppo esplicito ai maoisti (anti-indiani) significherebbe aggravare i rapporti con l’India.

Per ora i cinesi si muovono come sempre, con il commercio e gli aiuti internazionali. Rimane aperta la proposta di costruire una seconda Ring Road intorno a Kathmandu e stanno completando (USD 20 milioni) la strada commerciale che attraversa l’Himalaya dall’antica città-mercato tibetana di Kyirong a Syabrubesi. Un altro buco nella catena montuosa che ha obbligato il primo ministro Kuma Nepal a ribadire: Tibet is an integral part of China and the soil of Nepal will not be allowed to be used against Tibet and China”. Lui è dell’UML, un partito considerato appoggiato dall’India.



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