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“Sono povero ma tanto felice. Un’illusione o una realtà”.

Da Andreapomella

Una recensione di Gianni Montieri a “10 modi per imparare a essere poveri ma felici” pubblicata su Qui Libri (numero 14 – Novembre/Dicembre 2012).

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Qui Libri
Chiudo il bel libro di Andrea Pomella e mi faccio subito qualche domanda: “Io dove sto? Sono un nuovo povero? Potrei diventarlo? Da che parte della barricata ci troviamo io e i miei amici? Quanto è sottile il confine tra relativo benessere e povertà? A che gioco sta giocando Pomella, scrive i dieci modi per imparare a essere poveri e invece di darmi delle risposte mi fa porre delle domande?” Lo scrittore non gioca, perché il ragionamento che fa in questo piccolo, prezioso, saggio, possiede la limpidezza di chi, con onestà e lucidità, si accorge di quel che succede nel nostro tempo, lo analizza mediante la scrittura ponendosi domande, appunto.

Con ogni probabilità ogni lettore, arrivato in fondo a questo libro, se ne porrà. Domande che scaturiranno proprio da ciò che ha imparato, che è un nuovo modo di riflettere sulle cose. Chi sono i nuovi poveri? Padri separati con figli, gli indebitati, i pensionati soli, quelli che hanno perso il lavoro, i precari, i neo laureati. Siamo noi che pensavamo di star bene perché godevamo dell’accesso al credito. Il famoso compri adesso e paghi tra un anno e poi tra un anno non li hai. Il viaggio che potevi concederti (non parliamo del lusso) e che adesso non puoi più. La fatica nuova di non riuscire a pagare l’affitto, allora vendi la macchina. Oppure la tieni per dormirci dentro. Se il nuovo povero non sei tu, quasi sicuramente, è il tuo vicino di metropolitana, che è vestito uguale a te, che non lo diresti mai e, invece, è indebitato fino al collo perché ha dovuto pagare cure carissime per una compagna malata. O è la ragazza da sola con un figlio. Tutta gente che stava bene fino a ieri, gente che dovrà reinventarsi. Le istruzioni per l’uso per questa maniera diversa di vivere prendono forma (fluida e modificabile) in queste pagine.

Andrea Pomella con ritmo da racconto e precisione da saggio, ci mostra il suo pensiero. Scrive di ciò che ha visto e attraverso una dura critica alla Società e a noi singoli individui, prova a condurci nel paese della rinuncia. Imparando a privilegiare la nostra essenza, cercando la nostra forza interiore (san Paolo), potremo ottenere una nuova libertà, che passa dal non provare vergogna, dal far durare tre volte le scarpe che buttavamo seminuove.

Occorrerà scavare sotto la pelle per scoprire una diversa fragilità, un’esposizione al rischio che non avevamo previsto. Bisognerà uscire di casa e vedere come si fa. Pomella si muove tra politica, storia e letteratura, e rende evidente ciò che per molti così evidente non è. Siamo stati educati al superfluo, dobbiamo rieducarci al necessario. «Se una mattina mi svegliassi povero, per prima cosa mi siederei al tavolo – sempre ammesso che io abbia ancora un tavolo a cui sedermi – per cercare di capire cosa ho perduto, di così fondamentale, da avere questa nuova e assoluta certezza di essere povero.» Questo è l’incipit del libro, cosa abbiamo perso di noi per arrivare a quel “cosa ho perduto?”

GIANNI MONTIERI


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