Magazine Diario personale

Sono sveglio dentro un sogno di totale indifferenza

Da Iomemestessa

E questa sera, mentre cenavo, in solitaria, nella cittàcheécasa, anche se a molti chilometri di distanza dal confine patrio, leggevo il post di Gaberricci (si lo so, che non si legge a tavola, sorvoliamo, va’) che quadra il cerchio con quello di ieri, e continuo a misurarmi con questo desiderio di andare, mai così forte, mai così vivo.

Che le occasioni, in fondo, c’erano anche nel passato. Che le occasioni, in fondo ci sono sempre. Che cittacheécasa è pur sempre Europa. Che la nana ha un’età in cui ci si adatta a molto, e comunque, io alla sua età, avevo già fatto Europa-America Latina e ritorno e sono ancora qua. Senza eccessivi scompensi.

E resta il senso di sconfitta di cui si diceva. E la voglia di farsi sconfiggere altrove. Da un nuovo nemico, da un nuovo squallore, ma questo no. Questo basta.

Ho sempre detto che restavo perché ritenevo di dover qualcosa a un Paese che mi ha dato molto, forse tutto. E a cui debbo, in parte non marginale, ciò che sono. Perché sí, va bene, la famiglia, l’ambiente e l’indole, e tutte le mille mila cazzate che ci ammanniamo ogni giorno, ma non sono così scema da pensare che se fossi nata in Sierra Leone, in Arabia Saudita, o in infiniti altri luoghi, solo un gran colpo di culo m’avrebbe salvato da una vita di stenti. Che, diciamocelo, ogni mattina dovremmo, tutti noi, aprire gli occhi e ringraziare Dio, la buona stella, o quel che ci pare.

Però ecco, sapete che c’è? Son vent’anni che mi faccio frantumare variamente i maroni da questa repubblica lercia e marcia, e comincio ad avere il sospetto di aver saldato i conti. Forse non sarò a credito, ma, suppongo, neppure a debito. E quando guardo quelli per cui lotto, quegli stessi con cui non condivido nulla, non il leghismo incipiente, non il grillismo saccente. Non la piccola e grande maleducazione quotidiana, non il cinismo, non la mancanza di senso civico, non quel bisogno di correre costantemente in soccorso dei vincitori, atavico vizio che ci portiamo appresso.

Ecco, una ragione per restare. Vorrei una ragione per restare. Perché in una notte senza luna, in questa città in riva al mare, ragioni per restare non me ne vengono, mentre ragioni per andare, ne intravedo pure troppe.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :