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Sotto i cieli di Rino: auguri al figlio unico della musica italiana

Creato il 21 ottobre 2014 da Lucastro79 @LucaCastrogiova
Musica Foto di Rino Gaetano

Published on ottobre 21st, 2014 | by radiobattente

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Rino Gaetano avrebbe compiuto 64 anni il prossimo 29 ottobre, se non fosse morto nel 1981. Ma in fondo Rino è sempre vivo grazie alla lungimiranza delle sue canzoni.

Voce calda e roca, venata di un leggero accento calabrese che sembra quasi romanesco. Un cilindro sui capelli e abiti eccentrici, in grembo una chitarra o forse un ukulele. È questa l’immagine che Rino Gaetano ha consegnato di se stesso a un pubblico che non smette di guardare a “un passato che non passa”. Uno stornellatore d’altri tempi; Rino (e perdonate l’omissione del cognome, ma un cantante, in questo caso un cantautore, una volta che lo ascolti diventa un conoscente, forse un amico, e gli amici si chiamano per nome) è stato e continua ad essere un menestrello poeticamente arrabbiato; un artista, che, con la sua voce graffiante, ha lasciato inevitabilmente il segno.

Un’esistenza romanzesca e forse romanzata, quella di Rino. Una vita opinabilmente raccontata da una serie televisiva interpretata, in modo magistrale, da Claudio Santamaria, che coi suoi occhi azzurri, così diversi da quelli di Rino, ha tuttavia saputo restituire lo sguardo malinconico e forse un po’ dannato del cantautore calabrese.

Rino Gaetano, al secolo Salvatore Antonio Gaetano, a quel Sud che gli diede i natali ha rubato la proverbiale ilarità, riuscendo poi a condirla con il gusto farsesco, tipicamente romano, per la beffa. Il figlio unico della musica italiana, l’ha definito qualcuno. Ed è strano, ma forse appropriato, parlare di Rino al passato: l’esistenza (terrena) di Rino si è conclusa nel lontano 1981, ma continua a manifestarsi ancora oggi grazie a quella lungimiranza che ai suoi tempi era scambiata per superficialità. Un ritrattista capace di incantare col suo sguardo disincantato; un menestrello che ha fatto di un apparente nonsense il leitmotiv di una produzione artistica esaltata effettivamente soltanto a posteriori. Un veggente, uno che, come la celebre Cassandra della mitologia greca, non veniva preso sul serio; proprio Rino, che, nei versi de “La ballata di Renzo”, arrivò, addirittura, a predire le circostanze che avrebbero portato alla sua morte.

Cantava l’amore e la rivoluzione, Rino, ma soprattutto intonava il suo inno ai diversi, divenendo autore di un ciclo dei vinti che soltanto a una lettura superficiale potrebbe richiamare alla mente l’omonimo ciclo, nato dalla penna del Verga più maturo. Il cantautore calabrese, ma romano d’adozione, che in una celebre canzone si definiva “eroe a tempo perso”, ha saputo descrivere con sarcasmo e con ironia pungente le contraddizioni di un tempo che non ha mai smesso di essere presente. E oggi, a distanza di 33 anni da quella notte stellata che strappò Rino alla vita, perfino la critica di un tempo si è fatta blanda, arrivando a riconoscere l’estro multiforme di un artista che, nei frenetici anni ’70, rifiutava il playback e le convenzioni. Il prossimo 29 ottobre Rino avrebbe compiuto 64 anni e, se la morte non l’avesse portato via così presto, probabilmente avrebbe finalmente goduto di quel successo negatogli in vita. “Beati i vivi, i morti ma soprattutto i risorti”, cantava lo stesso Rino. E, a distanza di più di trent’anni dalla sua morte, proprio Rino risorge, come un’araba fenice, dalle sue stesse ceneri, regalandoci, attraverso la sua voce “sporca”, quelle beatitudini che lui stesso un tempo andava ricercando nei versi di una celebre canzone. Non possiamo fare altro che ringraziarlo e augurargli un felice compleanno con qualche giorno di anticipo. Auguri Rino, ovunque tu sia.

Clelia Incorvaia

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