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Spada, Paolo Pizzo: «Non sono Robocop, ma ho la forza di Rocky»

Creato il 25 novembre 2012 da Olimpiazzurra Federicomilitello @olimpiazzurra

 

Spada, Paolo Pizzo: «Non sono Robocop, ma ho la forza di Rocky»

 

Poco più di un anno fa si laureava campione del mondo di spada nella sua Catania, dopo aver sconfitto un tumore al cervello quando era ancora un adolescente. Oggi Paolo Pizzo ha iniziato il cammino per riprendersi da una brutta ricaduta a un infortunio alla mano. È stato operato ancora, come gli era capitato tra i Mondiali del 2011 e le Olimpiadi del 2012, ma stavolta non ha fretta, né prova angoscia. Sa che non è affatto scontato che possa tornare a calcare le pedane da protagonista, ma non si perde d’animo. Non sarebbe da lui. Olimpiazzurra l’ha intervistato.

Olimpiazzurra: Come stai?
Paolo Pizzo: «Sono in ripresa. Certo, non posso posso dire di stare bene, ma ci vuole un po’ più di pazienza.
Sicuramente sono più sereno. Andare sotto i ferri non piace mai a nessuno, ma quando ti levi l’operazione passi in una fase successiva. È andata bene, è stata meno invasiva del previsto. Ora c’è solo un po’ di incertezza su come risponde la mano all’intervento».

OA: Sui giornali si è parlato anche di carriera a rischio. Ti senti di escludere questa possibilità?
P.P: «Purtroppo mi piacerebbe poterlo dire. I medici sono ottimisti, ma è normale che ci sia incertezza visto che la prima operazione è andata male e la risposta della mano non è stata positiva.
Ora non c’è un’Olimpiade incombente, c’è tempo, ma non posso escludere la possibilità di non tornare in pedana. Io non mi abbatto, ma se non sono al 100% non posso affrontare una carriera di alto livello».

OA: Che effetto ti fa l’eventualità di un ritiro anticipato per infortunio?
P.P: «Il pensiero mi spaventa, ma non sono più un ragazzino. Le cose della vita ho imparato ad affrontarle così come vengono, senza farmi troppi crucci. Se dovesse arrivare il momento in cui mi rendo conto che la mano non mi supporta più, sarò pronto ad affrontare altre sfide. Ci sarà certamente un momento in cui sarò più giù, ma poi ricomincerò. Se dovesse succedere diventerò maestro, commentatore sportivo, ufficiale d’aeronautica. La vita non è solo la pedana».
OA: Dopo aver vinto il mondiale nel 2011, a Londra hai solo sfiorato il podio. Hai sentito la voglia di tornare a dimostrare subito il tuo valore?
P.P: «Le sensazioni che ho avuto sono state molteplici. Subito dopo le Olimpiadi volevo dimostrare di sapermi rialzare. Volevo spaccare il mondo, mi sarei rimesso in pedana due giorni dopo.
Analizzando a freddo è stata comunque una grossa delusione per un’occasione persa. Sapevo di poter fare una gara da medaglia nonostante i problemi fisici che avevo avuto, e sono andato molto vicino a una medaglia.
Io sono sempre positivo, ho affrontato grandi momenti, ma quando sfiori un traguardo così importante e non lo raggiungi è brutto. Se non avessi avuto gli attributi sarebbe stato difficile rialzarsi dopo essere arrivato così vicino a una medaglia».

OA: Dopo la ricaduta alla mano hai mostrato il tuo lato più ottimista ai tifosi, tranquillizzandoli attraverso i social network su cui sei attivo. Eppure devi aver sofferto. Come hai fatto?
P.P: «Penso di essere un ragazzo molto forte. Ho questa fortuna. Non sono un fenomeno tecnicamente né di intelligenza, ma ho qualcosa dentro che mi aiuta. Mi ritengo molto maturo quando si tratta di affrontare questi momenti. Magari inizialmente la prendo male come tutti e mi isolo, mi chiudo in me stesso per un paio di giorni. Poi però guardo avanti e mi rialzo. Non sono un Robocop, come tutti accuso le batoste, ma poi mi riprendo e riesco a rialzarmi come Rocky. Credo di avere una capacità di reagire fuori dal comune e forse lo devo a mio padre. Forse è genetico».

OA: Cercherai di rientrare in pedana il prima possibile o eviterai di forzare e ti preserverai per i Mondiali?
P.P: «La situazione è molto in divenire. L’operazione doveva essere più complessa di così, dipenderà dai tempi e da ciò che mi dicono i medici.
Non ho fretta. Nei miei piani c’è un rientro a metà stagione, per potermi avvicinare nel miglior modo possibile all’obiettivo di difendere il titolo mondiale, ma lo farei solo se fossi al 100%.
La Federazione mi ha assicurato il posto e questo mi rende più sereno, mi aiuta a prepararmi nel modo giusto. Certo, il rammarico c’è, anche perché perdo due gare che pagano come il Master di Parigi e la Coppa Intercontinentale di gennaio. E il fattore economico non è da sottovalutare per uno sportivo che non gioca a calcio».

OA: Durante la tua convalescenza staccherai completamente o resterai vicino alla squadra per aiutare i più giovani con la tua esperienza?
P.P: «La scherma è il mio ambiente, è il mio mondo e sarà difficile che me ne separi. Se la mano andrà bene tirerò per altri otto anni. Durante il periodo di stop seguirò con interesse soprattutto le gare a squadre, anche perché a Rio ci si qualifica con la squadra. I miei compagni mi sono stati vicino e si sono fatti sentire dopo l’infortunio, e io l’ho molto apprezzato, anche perché non è una cosa tanto scontata in uno sport individuale. Stiamo cercando di ricreare un gruppo e io cercherò di contribuire anche da fuori».

OA: Dopo la vittoria del mondiale ti è mai capitato di ricevere proposte dal mondo dello spettacolo?
P.P: «No, sinceramente non mi è capitato. Sono andato molto spesso a parlare del mio vissuto e della mia esperienza e continuerò a farlo ogni volta che l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro me lo chiederà. Un giorno vorrei diventare commentatore sportivo, sono molto ferrato e mi tengo aggiornato su tutti gli sport. Per il resto sono una persona riservata e sto molto lontano dal gossip, quindi forse il mondo dello spettacolo non fa per me». 

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Twitter: GabrieleLippi1

OA | Gabriele Lippi


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