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Speciale dal libro al teatro {4}

Creato il 02 giugno 2013 da Marta @RosaMDeserto
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Buona domenica a tutti, lettori!
Eccoci finalmente a una nuova puntata di una rubrica che mi sta molto a cuore, poiché racchiude due delle mie più grandi passioni: i libri e i musical/opere popolari (o moderne)! Purtroppo la scorsa domenica è saltata e non ho potuto rimediare i giorni seguenti, ma ora eccomi qui e - se non mi disturbano troppo - vedrò di portare a termine la missione!
Dopo aver passeggiato tra le strade di Parigi, e aver assaporato la poesia del bardo inglese, oggi restiamo totalmente in Italia, con uno dei classici che più ci rappresenta: I Promessi Sposi, di Alessandro Manzoni.
Tutti abbiamo dovuto studiare quest'opera a scuola, e forse molti di noi - me compresa - non l'hanno potuta apprezzare nel modo giusto. Sono dell'idea, infatti, che costringere a studiare un'opera in tali modi, senza coinvolgimento o passione, può solo spingere gli studenti a odiarla, o ad annoiarsi abbondantemente. Effettivamente appartengo a chi la trovava un po' noiosa, ma ora mi sono ricreduta e non vedo l'ora di poter sprofondare di nuovo in una lettura più personale e voluta e ritrovare personaggi che comunque sia ho apprezzato: Innominato, Monaca di Monza e Fra Cristoforo in particolare!
Ma, come da titolo, quest'opera è stata portata recentemente in teatro e... ve ne parlerò più avanti!
Parliamo brevemente del libro, quindi, di cui riporterò alcune notizie e brevi impressioni - che però saranno ridotte, non avendolo ancora riletto con maggiore attenzione -.
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Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di un fiume, tra un promontorio a destra e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa e l'Adda ricomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
Immagine presa da... wikipedia.
I Promessi sposi è un romanzo storico di Alessandro Manzoni che mescola abilmente realtà e finzione. E' considerato il più importante romanzo della letteratura italiana prima dell'unità nazionale.
La storia è intesa da Manzoni non come il racconto delle vicende di un sovrano, di un condottiero o di un uomo politico, bensì come quella che rivolge la sua attenzione agli umili, agli oppressi, a coloro che lavorano e faticano non per sé, ma per i potenti, per gli stranieri dominatori (con un'allusione al dominio austriaco nel nord Italia) che li dissanguano. Proprio a queste persone, il Manzoni rivolge il suo profondo affetto e la sua pietà cristiana.
Preceduto dal Fermo e Lucia, fu edito in una prima versione nel 1827; rivisto in seguito dallo stesso autore, soprattutto nel linguaggio, fu ripubblicato nella versione definitiva fra il 1840 e il 1841-42.
Altrettanto importantissimo, in quanto segna un passaggio fondamentale per la nascita della lingua Italiana.
Ma di cosa parla esattamente? Quando è ambientato?
Alessandro Manzoni sceglie il 600, un secolo mancante di valori umani, che si prestava così meglio per far risaltare i motivi sociali e patriottici, il contrasto tra poveri e ricchi, tra diversi valori. Quella che Manzoni vuole descrivere è la società italiana di ogni tempo, con tutti i suoi difetti che tuttora mantiene. La realtà rappresentata nel romanzo si fonda anche su fatti storici realmente accaduti, come la figura della Monaca di Monza e la grande peste del 1629-31.
La vicenda ha inizio a Como, dove il curato Don Abbondio, un uomo misero e pauroso, viene fermato da due spregevoli tipi, i cosiddetti Bravi, che lo invitano a bloccare il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, perché non s'ha da fare né domani né mai. Il motivo è semplice: questo è ciò che comanda e stabilisce Don Rodrigo, il nobilotto del posto, violento e crudele, che su tutti comanda con la sua violenza e la sua aura di potere. Il povero curato, spaventato, cede subito.
ImmagineRenzo Tramaglino (Wikipedia) Il giorno seguente, Renzo si reca proprio dal curato, ma quest'ultimo si finge malato e inventa delle scuse per non far sposare i due giovani. Renzo, arrabbiato, capisce il vero motivo grazie alla Perpetua - che non sa tener ferma la lingua - e, dopo essersi consultato con la sua promessa sposa, Lucia, e la madre, Agnese, va dall'Avvocato Azzecca-garbugli, ma l'esito non è buono.
Per loro intercede il buon Fra Cristoforo che si reca personalmente ad affrontare Don Rodrigo, invitandolo a rivedere la sua posizione, ma purtroppo è cacciato di malomodo.
E' così che Agnese elabora un piano per sposarsi ugualmente: i due sposi, insieme ai testimoni, si sarebbero dovuti presentare davanti al curato, all'improvviso, e professare le loro promesse, nella cosiddetta notte degli imbrogli. Ma, ancora una volta le cose non vanno secondo i piani. In quella stessa notte, Don Rodrigo manda i suoi Bravi a rapire Lucia e, scopertolo, i nostri promessi sposi cercano riparo nuovamente da Fra Cristoforo che trova un'altra via per loro.
Renzo sarà inviato a Milano, in cerca di Padre Bonaventura nel convento dei cappuccini, mentre Lucia e sua Madre troveranno rifugio presso il Convento di Monza, dove saranno aiutate - almeno inizialmente - dalla Signora.
ImmagineLucia Mondella Struggente è l'Addio ai monti, dove si scopre l'animo di Lucia: piange silenziosamente, perché deve allontanarsi dal suo amato paese, da tutto ciò che le è più caro, tutto per colpa di un prepotente che con il suo potere ha distrutto la sua vita e la sua felicità.
Le cose quindi si spostano su due o meglio tre piani differenti: le avventure di Renzo a Milano, che verrà coinvolto in molti eventi non piacevoli dell'epoca, quelle di Lucia presso Monza, e quelle di Don Rodrigo che continua ad architettare piani per raggiungere il suo scopo. Lui vuole Lucia, per un capriccio, una futile scommessa con suo cugino Attilio. E come un bambino alla ricerca del suo giocattolo, non si fermerà.

ImmagineLa Monaca di Monza La sua ombra raggiungerà anche Monza, dove la Monaca del luogo, Gertrude - personaggio che mi desta pietà - si lascerà convincere dal suo amato, Egidio, e tradirà la povera Lucia, facendola uscire dal convento di notte, e verrà presa dagli uomini di un signore ancora più potente di Don Rodrigo: l'Innominato, una figura oscura e spregevole che, però, grazie a Lucia e all'intervento del buon Cardinale Borromeo, espierà le sue colpe e si convertirà, donando la libertà alla ragazza.
ImmagineL'Innominato Le cose, però, precipitano quando arriverà un male terribile: la peste. La parte più triste, a mio avviso, della trama è la descrizione della Madre di Cecilia, una donna che tiene tra le sue braccia il corpo senza vita della sua bambina. La adagia lentamente sul carro e poi la saluta, dicendole che presto lei e la sorellina la raggiungeranno. Ho pianto, e continuo a farlo ogni volta che lo leggo o ci penso.
Alla fine, comunque, la provvidenza e il bene vinceranno.  I due promessi sposi arriveranno alle loro nozze e Don Rodrigo troverà la morte.
Sui Promessi Sposi ci sarebbe tantissimo da scrivere, ma non sono un'esperta in letteratura, né ho davvero conoscenze che mi permettano di descrivere in maniera più dettagliata il tutto. Inoltre, rischierei davvero di creare un polpettone troppo noioso da leggere. Non posso dare la mia valutazione a ciò, perché vorrei prima riuscire a rileggerlo con maggiore attenzione e questa volta con piacere, senza l'obbligo di studio.
I temi fondamentali del romanzo sono sicuramente due - oltre a molti altri secondari - l'importanza che Manzoni da al popolo, vero protagonista dell'opera, e la fede nella Provvidenza Divina che può aiutare il singolo a superare tutte le disgrazie e i problemi.
Quali sono i personaggi che più mi sono piaciuti? Lo ammetto, ho una predilizione per Fra Cristoforo, l'Innominato e la Monaca di Monza, mentre non riesco troppo a sopportare i due promessi sposi, almeno per ora. Poi, forse, con una migliore lettura del romanzo potrò cambiare la mia idea.
Sono tutti e tre personaggi che presentano luci e ombre e il cui passato ha rappresentato quello che sono poi diventati.
Fra Cristoforo, da giovane, ha ucciso un uomo e quell'atto ignobile lo porterà a migliorarsi, a dedicarsi meglio agli altri, ai più oppressi, ai poveri. Diventerà una figura luminosa e un valido aiuto per i due protagonisti.
L'Innominato è una figura controversa. Uomo spietato, violento, capace di far del male senza provare rimorso. Poi, quando incrocia la figura di Lucia, la sua fede, qualcosa cambia in lui, nel suo cuore fatto di ombre cupe. Lui rappresenta la redenzione, l'espiazione, il pentimento. Da complice di Don Rodrigo, diventerà un aiutante per Lucia e il suo promesso. A me piace come figura.
E infine c'è lei, la Monaca di Monza, personaggio storico, fatto di tante ombre ma a me desta davvero pietà. Lei, sin da bambina, è stata destinata al convento. Incapace di opporsi, si è ritrovata a dover vivere una vita non sua, che l'ha portata ad essere una creatura debole, piena di rancore, di frustrazione. Lei s'innamora di un giovane nobile, Egidio, ma questa passione - più che amore - la condurrà ben presto a commettere un crimine - anzi, più di un crimine -. Non so se sia un personaggio amato da altri di voi, ma a me dispiace per la sua vita, per l'essere stata costretta a vivere una vita non aderente alla sua natura.
Direi di concludere qui con il romanzo e di passare all'opera teatrale!
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Dal libro al teatro

Ho avuto modo di vedere con i miei occhi l'opera ispirata a questo romanzo e ne sono rimasta più che soddisfatta: testi aderentissimi al romanzo, interpretazioni favolose, voci stupende, coreografie davvero intense, oltre a costumi meravigliosi. Volete conoscerlo meglio? Seguitemi!
Immagine I Promessi sposi è un'opera moderna creata da Michele Guardì (testi e regia) e Pippo Flora (musica) andata in scena per la prima volta nel 2010 allo Stadio di San Siro G. Meazza, dopo una prima anteprima al Duomo di Milano.
I due autori hanno lavorato per 12 anni a quest'opera, scegliendo con cura i testi e le musiche, in modo da farli aderire perfettamente al romanzo e, nello stesso tempo, dare un'impronta più moderna e attuale all'opera, perché i tempi non sono poi così cambiati.
A prendere i volti dei vari personaggi sono artisti famosi nella scena teatrale: Graziano Galatone (Renzo), Noemi Smorra (Lucia), Giò di Tonno (Don Rodrigo), Lola Ponce, Rosalia Misseri e Susanna Pellegrini (tre diverse donne hanno rappresentato via via la Monaca di Monza!), Vittorio Matteucci (Innominato), Chiara Luppi (Perpetua e Madre di Lucia), Brunella Platania (Perpetua e poi Agnese), Paola Lavini (Agnese), Enrico d'Amore (Egidio), Christian Gravina (Fra Cristoforo e Cardinale Borromeo), Antonio Mameli e Salvatore Salvaggio (Don Abbondio!), Cristian Mini (Avv. Azzeccagarbugli e Conte Attilio), Antonio Gobbi (Avv. Azzeccagarbugli) Vincenzo Caldarola, Alessandro Calamai e Marco Manca (Il griso), Lorenzo Praticò (un bravo), Maurizio Semeraro, Nicola di Ricco e Daniele Barletta (il vicario), Maurizio di Maio, Daniele Sirotti (Don Ferrante), Renzo Musumeci Greco (Maestro D'armi), e infine, la piccola Andrea Gaia Wlderk come Gertrude Bambina e Cecilia.
Conosciamo meglio i personaggi unendo alla descrizione del romanzo un pezzo di musica!
Immagine Lucia Mondella
Lucia usciva in quel momento tutta attillata dalle mani della madre. Le amiche si rubavano la sposa, e le facevan forza perchè si lasciasse vedere; e lei s’andava schermendo, con quella modestia un po’ guerriera delle contadine, facendosi scudo alla faccia col gomito, chinandola sul busto, e aggrottando i lunghi e neri sopraccigli, mentre però la bocca s’apriva al sorriso. I neri e giovanili capelli, spartiti sopra la fronte, con una bianca e sottile dirizzatura, si ravvolgevan, dietro il capo, in cerchi moltiplici di trecce, trapassate da lunghi spilli d’argento, che si dividevano all’intorno, quasi a guisa de’ raggi d’un’aureola, come ancora usano le contadine nel Milanese. Intorno al collo aveva un vezzo di granati alternati con bottoni d’oro a filigrana: portava un bel busto di broccato a fiori, con le maniche separate e allacciate da bei nastri: una corta gonnella di filaticcio di seta, a pieghe fitte e minute, due calze vermiglie, due pianelle, di seta anch’esse, a ricami. Oltre a questo, ch’era l’ornamento particolare del giorno delle nozze, Lucia aveva quello quotidiano d’una modesta bellezza, rilevata allora e accresciuta dalle varie affezioni che le si dipingevan sul viso: una gioia temperata da un turbamento leggiero, quel placido accoramento che si mostra di quand’in quando sul volto delle spose, e, senza scompor la bellezza, le dà un carattere particolare.


Monti sorgenti dalle acque addio,
cime lontane che ho tanto amato addio,
nella mente impresse, case sparse sul pendio,
io cresciuta tra di voi, ritornerò...

Immagine Renzo Tramaglino
Lorenzo o, come dicevan tutti, Renzo non si fece molto aspettare. Appena gli parve ora di poter, senza indiscrezione, presentarsi al curato, v'andò, con la lieta furia d'un uomo di vent'anni, che deve in quel giorno sposare quella che ama. Era, fin dall'adolescenza, rimasto privo de' parenti, ed esercitava la professione di filatore di seta, ereditaria, per dir così, nella sua famiglia; professione, negli anni indietro, assai lucrosa; allora già in decadenza, ma non però a segno che un abile operaio non potesse cavarne di che vivere onestamente. Il lavoro andava di giorno in giorno scemando; ma l'emigrazione continua de' lavoranti, attirati negli stati vicini da promesse, da privilegi e da grosse paghe, faceva sì che non ne mancasse ancora a quelli che rimanevano in paese. Oltre di questo, possedeva Renzo un poderetto che faceva lavorare e lavorava egli stesso, quando il filatoio stava fermo; di modo che, per la sua condizione, poteva dirsi agiato. E quantunque quell'annata fosse ancor più scarsa delle antecedenti, e già si cominciasse a provare una vera carestia, pure il nostro giovine, che, da quando aveva messi gli occhi addosso a Lucia, era divenuto massaio, si trovava provvisto bastantemente, e non aveva a contrastar con la fame.


Ecco, ecco Milano,
dove la vita ti appartiene. Tutto è bello. C'è tutto quello che sognavo.
Tutto quello che cercavo, che volevo, immaginavo, tutto vero, tutta qua. A Milano!

Immagine Don Rodrigo
Il palazzotto di don Rodrigo sorgeva isolato, a somiglianza d'una bicocca, sulla cima d'uno dei poggi ond'è sparsa e rilevata quella costiera [...]. Appiè del poggio, dalla parte che guarda a mezzogiorno, e verso il lago, giaceva un mucchietto di casupole, abitate da contadini di don Rodrigo; ed era come la capitale del suo piccolo regno. Bastava passarvi, per esser chiarito della condizione e de' costumi del paese. Dando un'occhiata nelle stanze terrene, dove qualche uscio fosse aperto, si vedevano attaccati al muro schioppi, tromboni, zappe, rastrelli, cappelli di paglia, reticelle e fiaschette da polvere, alla rinfusa. la gente che vi s'incontrava erano omacci tarchiati e arcigni...; vecchi che perdute le zanne, parevan sempre pronti, chi nulla nulla gli aizzasse, a digrignar le gengive; donne con certe facce maschie, e con certe braccia buone nerborute, buone da venire in aiuto della lingua, quando questa non bastasse: ne' sembianti e nelle mosse dei fanciulli stessi, che giocavan per la strada, si vedeva un non so che di petulante e provocativo.


Che cos'è...
Questo fuoco che brucia la mente e che mi prende per te?
Era un gioco, scommessa, non so...
E' diventata passione, non confesso nemmeno a me stesso...
E' un'assurda ossessione...
Vieni, io ti chiamo, ti vedo ogni notte, ti sento già mia...
Animale di campi, ti bracco, tormento e pazzia...

Immagine L'Innominato

Di costui non possiam dare né il nome, né il cognome, né un titolo, e nemmeno una congettura sopra nulla di tutto ciò. Fare ciò ch'era vietato dalle leggi, o impedito da una forza qualunque; esser arbitro,
padrone degli affari altrui, senz'altro interesse che il gusto di comandare; esser temuto da tutti, aver la mano da coloro ch'eran soliti averla dagli altri;  tali erano state in ogni tempo le passioni principali di costui...



Morte, vita, vita, morte
morte amica mia.
Contro tutti, contro tutto,
grande compagnia.
Vita, morte, cosa importa
se una legge esiste, se c'è un Dio,
Tu soltanto ed io, noi sopra il potere
Morte, vita mia.
Questo è il mio godere, io lo so perché, sono tutto, quando sei con me.

Immagine Cardinale Borromeo
Federigo Borromeo, nato nel 1564, fu degli uomini rari in qualunque tempo, che abbiano impiegato un ingegno egregio, tutti i mezzi di una grand’opulenza, tutti i vantaggi di una condizione privilegiata, un intento continuo, nella ricerca e nell’esercizio del meglio. La sua vita è come un ruscello, che, scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare, né intorbidirsi mai, va limpido a gettarsi nel fiume…


Padre che sei lassù, scendi tra noi,
io ti prego Padre, siamo figli tuoi.
Nel regno Tuo, pace ed amore e pane per la vita
Perdona chi è che vive nell'errore...

Immagine Agnese

Intanto la buona Agnese (così si chiamava la madre di Lucia), messa in sospetto e in curiosità dalla parolina all'orecchio, e dallo sparir della figlia, era discesa a veder cosa c'era di nuovo.


Contro l'ingiustizia, non possiamo niente,
non sappiamo cosa dire e fare, dove andare.
Contro l'ingiustizia, non possiamo niente,
non sappiamo cosa dire e fare, dove andare...

Immagine La madre di Cecilia
Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono piú forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de' volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.
   Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, "no!" disse: "non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete." Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: "promettetemi di non levarle un filo d'intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo, e di metterla sotto terra così."
   Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, piú per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affaccendò a far un po' di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come sur un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: "addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri." Poi voltatasi di nuovo al monatto, "voi," disse, "passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola."
   Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina piú piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve.



Cecilia non avere paura,
domani vengo da te...
Torniamo insieme...
Cecilia, Cecilia, Amore
Ora sei figlia e madre, ora sei grande, come il mio dolore.
Cecilia, Bambina mia,
Cecilia, Bambina mia,
Figlia... portami via...

Immagine Egidio
Quel lato del monastero era contiguo a una casa abitata da un giovine scellerato di professione. Il nostro manoscritto lo nomina Egidio, senza parlar del casato. Costui, da una sua finestrina che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Gertrude qualche volta passare o girandolar lì, per ozio, allettato anzi che atterrito dai pericoli e dall'empietà dell'impresa, un giorno osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose...


Nobile signora,
Amore sono io...
Una grazia ancora e per sempre, dopo, addio...
Dite a quella donna, dite una bugia...
Fuori dal convento, fatela andar via...
Non posso dirvi perché,
fatelo, amore, per me...

Immagine La Monaca di Monza
Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un’impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti, discosto alquanto dal viso, e terminava sotto il mento in un soggolo, che si stendeva alquanto sul petto, a coprire lo scollo d’un nero saio. Ma quella fronte si raggrinzava spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora due sopraccigli neri si ravvicinavano con un rapido movimento. Due occhi, neri anch’essi, si fissavano talora in viso alle persone, con un’investigazione superba; talora si chinavano in fretta, come per cercare un nascondiglio; in certi momenti, un attento osservatore avrebbe argomentato che chiedessero affetto, corrispondenza, pietà; altre volte avrebbe creduto coglierci la rivelazione istantanea d’un odio inveterato e compresso, un non so che di minaccioso e di feroce: quando restavano immobili e fissi senza attenzione, chi ci avrebbe immaginata una svogliatezza orgogliosa, chi avrebbe potuto sospettarci il travaglio d’un pensiero nascosto d’una preoccupazione familiare all’animo, e più forte su quello che gli oggetti circostanti. Le gote pallidissime scendevano con un contorno delicato e grazioso ma alterato e reso mancante da una lenta estenuazione. Le labbra, quantunque aperte di un rosa sbiadito, pure, spiccavano in quel pallore: i loro moti erano, come quelli degli occhi, subitanei, vivi, pieni d’espressione e di mistero. La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna, non che per una monaca. Nel vestire stesso c’era qua e la qualcosa di studiato o di negletto, che annunziava una monaca singolare: la vita era attillata con una certa cura secolaresca, e dalla benda usciva sur una tempia una ciocchetta di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola che prescriveva di tenerli sempre corti da quando erano stati tagliati, nella cerimonia solenne del vestimento.


Ti racconto una favola vera, che ti spiega la vita com'è
Di una bimba chiamata Signora, una bimba che bimba non è...
Una bimba mai stata bambina, non sa favole, non sa di re...
e per gioco una bambola nera, con il velo più nero che c'è...
Amore che non posso dire...
Amore che non posso dare...
Amore che non posso avere...
Amore che non posso amare... amore...

Immagine Don Abbondio
Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone. Ma, fin da’ suoi primi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que’ tempi, era quella d’un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d’esser divorato. […] Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d’esser in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. Aveva quindi assai di buon grado ubbidito ai parenti che lo vollero prete. […]Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui…


Parto, fuggo, mi nascondo,
giù nell'orto, sopra il tetto,
nell'armadio, nella madia,
dietro un quadro, sotto il letto...
No,facciamo come faccio, ogni volta che ho un tormento...
Mi allontano dai pensieri...
Parto, fuggo, e mi addormento!

Immagine Perpetua
Era Perpetua la serva di don Abbondio: serva affezionata e fedele, che sapeva ubbidire e comandare, secondo l'occasione, tollerare a tempo il brontolio e le fantasticaggini del padrone, e fargli a tempo tollerare le proprie, che divenivano di giorno in giorno più frequenti. Aveva da tempo passata l'età sinodale dei quaranta, rimanendo celibe, per aver rifiutato tutti i partiti che le si erano offerti, come diceva lei, o per non aver mai trovato un cane che la volesse, come dicevan le sue amiche


Sa-rò una Tom-ba!

Immagine Fra Cristoforo
Il padre Cristoforo da *** era un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquant'anni. Il suo capo raso, salvo la piccola corona di capelli, che vi girava intorno, secondo il rito cappuccinesco, s'alzava di tempo in tempo, con un movimento che lasciava trasparire un non so che d'altero e d'inquieto; e subito s'abbassava, per riflessione d'umiltà. La barba bianca e lunga, che gli copriva le guance e il mento, faceva ancor più risaltare le forme rilevate della parte superiore del volto, alle quali un'astinenza, già da gran pezzo abituale, aveva assai più aggiunto di gravità che tolto d'espressione. Due occhi incavati eran per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina; come due cavalli bizzarri, condotti a mano da un cocchiere, col quale sanno, per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che scontan subito, con una buona tirata di morso.
Il padre Cristoforo non era sempre stato così, né sempre era stato Cristoforo: il suo nome di battesimo era Lodovico. Era figliuolo d'un mercante di *** che, ne' suoi ultim'anni, trovandosi assai fornito di beni, e con quell'unico figliuolo, aveva rinunziato al traffico, e s'era dato a viver da signore. [...] Andava un giorno per una strada della sua città, seguito da due bravi, e accompagnato da un tal Cristoforo, altre volte giovine di bottega e, dopo chiusa questa, diventato maestro di casa. [...] Vide Lodovico spuntar da lontano un signor tale, arrogante e soverchiatore di professione, col quale non aveva mai parlato in vita sua, ma che gli era cordiale nemico, e al quale rendeva, pur di cuore, il contraccambio: giacché è uno de' vantaggi di questo mondo, quello di poter odiare ed esser odiati, senza conoscersi.


Io so cosa vuole dire... io ho ucciso un uomo, proprio io...
Per quella mia tragedia, che non è mai finita,
mi sono fatto frate e pago e pagherò, per tutta la mia vita...
Quegli occhi che si chiudono, che strazio, quanto orrore...
e muoio di rimorso, mi brucia ancora l'anima, quel grido, quel dolore...
Porto questo saio sempre in cerca di perdono.
La vita è il bene massimo, la vita è il grande dono.
A Dio non puoi nascondere la mano insanguinata,
la vita può riprenderla soltanto chi l'ha data...

Io vi consiglio davvero di vederla, perché è un'opera che sa regalare intense emozioni e farà sicuramente venir voglia di rileggere con più passione il romanzo. E' utile anche per gli studenti, per comprendere meglio il romanzo di Manzoni. A me è piaciuto molto, e il cast è favoloso! Se dovesse ripartire il tour, prendete i biglietti e lasciatevi emozionare!
Nel frattempo vi consiglio di comprare il dvd, mentre per conoscere meglio i protagonisti e nei dettagli tutta l'opera vi invito a visitare il sito! I Promessi Sposi - Opera Moderna.

© Le informazioni qui riportate, oltre ad essere state rielaborate un poco da me, provengono da wikipedia, e da una versione del 1976 che ho in casa: "I Promessi Sposi, di Alessandro Manzoni. Storia Milanese del Secolo XVII a cura di Michele Messina". Casa editrice G. D'Anna, Messina - Firenze.
Le canzoni e le informazioni sull'opera moderna sono state prese dal libretto dell'opera in mio possesso e dal sito di riferimento, così come le immagini degli attori!

Immagine Bene, anche questa puntata dello speciale si conclude qui! Spero che sia stata piacevole, pur non avendo affrontato nello specifico e in modo più dettagliato il romanzo, e spero di contagiare anche voi con le mie passioni! Io ci metto il cuore - e le ore ahahah - per creare tutto ciò!
La prossima settimana probabilmente concluderò lo speciale con un romanzo cupo e un musical meraviglioso, che purtroppo non ha ottenuto tutto il successo che realmente meritava: Dracula ci aspetta!

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