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Spring Breakers – Una vacanza da sballo

Creato il 06 marzo 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Anno: 2012

Nazionalità: USA

Durata: 92′

Genere: Commedia

Regia: Harmony Korine

Distribuzione: Bim

Uscita: 7/03/2013

Spring Breakers è un irriverente ritratto pop della cultura adolescenziale americana; la gioventù bruciata post-moderna impugna armi e indossa passamontagna rosa (con tanto di unicorno disegnato!) e bikini per intraprendere una via senza ritorno tra la ricerca edonistica fine a se stessa e il comportamento deviante.

Quattro studentesse sexy (Selena Gomez,Vanessa HudgensAshley Benson, Rachel Korine) decidono di finanziare le loro “vacanze primaverili” (lo “spring break per l’appunto), rapinando un fast food. Da lì comincia per loro una vita di eccessi tra droga, sesso e alcool. L’incontro con un criminale rapper (James Franco) che decide di custodire le ragazze sotto la sua ala protettiva cambierà irrimediabilmente i loro destini, rendendo le loro vacanze indimenticabili.

Il film di Harmony Korine si presenta come un racconto liquido, un poema intriso di ideologia pop fatto di loop e reiterazioni, un’esperienza fisica e onirica in cui le scene si ripetono, si disintegrano, ritornano. Una vita illusoria, quella delle spring breakers, che perso il contatto con la realtà si muovono e agiscono come in un videogame, passando di livello in livello, spostando sempre i limiti, senza avere coscienza delle proprie azioni, senza preoccuparsi delle conseguenze, collezionando bonus di vite da spendere.

Quattro ragazze risucchiate dal vuoto cosmico che le permane dentro e fuori, avvolte nella patina colorata della loro età (e immaturità), nella luce innaturale dei loro giorni roboanti, in cui l’unica urgenza è appagare un’esigenza emozionale continua, in un processo continuo di osmosi col mondo circostante.

Spring Breakers assomiglia ad un lungo videoclip ()con una colonna sonora accurata, non a caso il regista ne ha diretti quattro, un film in cui la forma ha la meglio sul contenuto, l’appeal visivo è l’aspetto centrale per Korine che, evidentemente, sceglie di sublimare la riflessione sociologica in un’esperienza estetica oltre che emotiva. Le spring breakers sono, in realtà, dentro e fuori la società allo stesso tempo: dentro, perché ne fanno parte, fuori perché la sovvertono dall’interno, spingendosi non solo oltre le regole ma “sopra” di esse.

Spring Breakers è un film che potrebbe diventare “cult”, sopratutto per una scena in cui le protagoniste interpretano insieme a James Franco una rivisitazione al piano di Everytime, un famoso brano di Britney Spears, icona contemporanea tra musica e sregolatezza.

Il personaggio di Franco è un mix interessante, un gangster bianco dai tratti caratteriali di un nero, a metà tra criminalità e misticismo, una sorta di guru hip hop che guida le protagoniste.

L’esperimento di Korine è sovversivo e geniale, strampalato e visionario; Spring Breakers è un’opera che non si lascia intrappolare in nessuna categoria perché gode di molta libertà creativa.

Libertà creativa che si esprime già nella scelta del cast: Korine trasforma due eroine di Disney Channel in due ninfomani criminali, prende poi un sex-symbol come James Franco e lo imbruttisce fino all’inverosimile, rendendolo un irriconoscibile rapper con denti finti, treccine rasta, movenze da nero e linguaggio slang. Già solo per questo, a mio avviso, merita un plauso.

E’ ovvio che il regista si sia divertito nel realizzare questo colorato videogiocattolo pop, disinteressandosi però del suo target di pubblico. Spring Breakers è un film volutamente maleducato e diseducativo che purtroppo avrà grande presa sui giovanissimi fans delle protagoniste, cioè su quella fascia di pubblico a cui dovrebbe essere vietata la visione, perché questo è un film che vuole scioccare gli adulti e non certo intrattenere gli adolescenti. Spring Breakers è, senza dubbio, un’operazione di autocompiacimento estetico, ma non è solo questo, non è una pellicola non-sense come potrebbe apparire ad una visione superficiale. Korine ci rivela quanto la cultura pop e consumistica possa essere anestetizzante e alienante (non a caso il rapper si chiama Alien) pur avendo in sé un fascino quasi perverso, lo fa con tocchi di genio e di stile originali e a volte stridenti, senza voler cercare una morale ma semplicemente riprendendo l’infinito nulla, in cui fluttuano le sue “cattive bambine” in bikini.

Maria Cristina Locuratolo

 


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