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State of the Net 2012: lo stato dell’arte della Rete nel mondo. E in Italia

Da Lipoffaith @federica1204

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Si è appena conclusa la due giorni di “State of the Net“, la conferenza che fa il punto sullo stato di Internet nel nostro paese. I professionisti italiani del web si sono incontrati a Trieste dove hanno ascoltato speaker di alto livello nel corso di interventi e panel di discussione sui principali temi caldi del settore: web e social network, modelli organizzativi della Rete, città digitali, progetti open data, prospettive nel turismo, l’editoria digitale, le tendenze di eCommerce e mCommerce, i principi di trasparenza e privacy e i delicati equilibri tra politica e democrazia.

Gli ideatori sono Beniamino Pagliaro, Paolo Valdemarin e Sergio Maistrello. Tra i relatori, nomi di primo piano del panorama nostrano, come Luca De Biase (Il Sole 24 Ore – Fondazione Ahref), Luca Colombo (Facebook), Marco Massarotto (Hagakure), Marco Zamperini (NTT Data Italia), ma anche internazionale, come l’autore Andrew Keen, il blogger Marko Rakar, Jan Hemme portavoce di Pirate Party Berlin e l’independent consultant Euan Semple.

Vincenzo Cosenza di Blogmeter ha parlato dello stato della Rete, dando un quadro della situazione italiana:

State Of The Net 2012 – Vincenzo Cosenza http://static.slidesharecdn.com/swf/ssplayer2.swf?doc=stateofthenet-120622033518-phpapp01&rel=0&stripped_title=state-of-the-net-2012-vincenzo-cosenza&userName=Blogmeter View more presentations from Blogmeter

Il gap tecnologico in Italia si misura anche con la penetrazione del web tra le famiglie. L’Italia è al ventiquattresimo posto per abbonamenti broadband (22,3%), al ventesimo per connessioni wireless (42,4%). Oltre quaranta milioni di persone, pari al 73% della popolazione hanno accesso alla rete. Il luogo virtuale di ritrovo preferito è – e non siamo sorpresi – Facebook, che ha ad aprile un’unique audience di 22,4 milioni, di cui 13 milioni accedono quotidianamente e 7,75 da dispositivo mobile. Al secondo posto troviamo Twitter (3,64milioni di unique audience), in forte crescita (+111%), Linkedin (2,85 milioni), il ‘new kid on the block’ Google+ (2,68 milioni), il social per incontri Badoo (2,34 milioni), la piattaforma Tumblr pure in ascesa (+39,4%),compensata dal calo del maturo Netlog (600mila) e dalla crescita dell’esordiente Pinterest (500mila), sostenuta ma ancora di nicchia.

Fanno riflettere anche i dati sugli argomenti che più appassionano: calcolato in termini di fan presenti sulle pagine Facebook, su tutto vince lo sport, con calcio e motori, e il cibo: sembra che gli italiani amino parlare moltissimo di food, dalla crema alla nocciola al drink fino al biscotto da colazione. Le pagine che stimolano di più l’interazione e la condivisione sono però quelle dei siti di informazione, sia mainstream sia offstream.

Nel panel successivo Cosenza con Daniele Chieffi e Paolo Marenzoni hanno discusso il ruolo degli influencer in Italia, in particolare la loro capacità di spostare il sentiment della marca più che gli andamenti di vendita sul prodotto e il loro ruolo di target privilegiato per le aziende. Spesso più autorevoli della voce aziendale ufficiale e capaci di scatenare viralità, il rapporto con i blogger e le personalità più influenti del settore può diventare per l’azienda il collante per mantenere una presenza in rete spalmata su una molteplicità di canali e coerente con la comunicazione istituzionale e di marketing.

Adriana Lukas, esperta di comunicazione e integrazione dei social media di London Quantified Self Group e Dave Snowden fondatore di di Cognitive Edge e consulente d’organizzazione aziendale, hanno affrontato nei propri speech e nella conversazione successiva il tema dell’organizzazione aziendale e del complesso passaggio dal modello basato sulla gerarchia, le regole, le procedure strettamente codificate e da rispettare ossequiosamente, al nuovo modello che, complice i format di collaborazione e di condivisione della conoscenza nati sul web, ormai si profila e che le organizzazioni non possono più permettersi di ignorare. La diffusione dei social network ha contribuito alla nascita del modello eterarchico, senza centro, caratterizzato da connessioni tra nodi peer to peer e pattern di relazioni che possono anche sovrapporsi e collidere.

Importante per Snowden il concetto di resilience, per cui chi fa parte di un’organizzazione tende a perpetuare comportamenti consolidati e decisi da altri piuttosto che innovare procedure e relazioni. La chiave nel sistema attuale sta nell’assumere comportamenti proattivi e nel preferire all’adaptation l’exaptation – che significa utilizzare un carattere originariamente destinato a una funzione per svolgere una funzione nuova. Inoltre in un flusso di circolazione dell’informazione e dell’apprendimento peer to peer all’homo sapiens si sostituisce l’homo narrans, vincente tanto più è capace di costruire uno storytelling efficace e gestire in maniera adattiva il complesso flusso narrativo in cui siamo immersi.

Marc Canter, ceo di Digital City Mechanics, nel suo intervento ha offerto consigli utili su come “Costruire Città Digitali in Italia” (le slide della presentazione qui). Fonte di sviluppo del territorio, la costruzione di una città digitale è frutto di un felice connubio di tecnologia e sociologia che comporta il coinvolgimento della comunità locale, l’esistenza di investitori disposti a predisporre progetti e il ricorso a piattaforme Open Software.

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Ton Zijlstra, esperto di knowledge management e change management, ha invece illustrato l’impatto attuale e il potenziale futuro della diffusione di politiche di Open Data in Europa (ecco le slide). Dopo aver presentato vari progetti d’eccellenza realizzati in Europa, come ePSIplatform, Zijlstra ha mostrato alcuni progetti nostrani come dati.piemonte.it, Open Data Lombardia e Open Data Bologna, che costituiscono un importante primo passo per intraprendere il cammino della realizzazione open data. La volontà e l’impegno dei governi a rendere pubblici e accessibili dei dati per scopi di pubblica utilità costituisce una delle principali sfide per il futuro della collettività.

Secondo Euan Semple, esperto di knowledge management e autore di “Organizations don’t tweet, people do” a twittare non sono le organizzazioni ma le persone. Nel social web è necessario sviluppare abilità da storyteller, trovare la propria voce e proporsi in prima persona a raccontare le proprie competenze, se siamo freelance, oppure il proprio ruolo all’interno della propria azienda, se siamo dipendenti. Secondo Semple le organizzazioni gerarchiche non svaniranno, ma saranno sempre più spesso affiancate da quelle che chiama le ephemeral meritocracies, all’interno delle quali sarà cruciale la capacità di essere strategically tactical, cioè dotati di una visione strategica congiunta con l’abilità di rispondere in maniera rapida ai problemi che si presentano di volta in volta.



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