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Stati Uniti d’Europa: se non ora, quando?

Da Lepicentro
Ci sono dei momenti in cui, come dice De Gregori in una sua famosa canzone “per salvarti la vita, devi rischiare di più”. Penso proprio alla situazione italiana e a quella europea più in generale: la stretta finanziaria fa sentire sempre più male, aumentando vertiginosamente i guadagni lucrativi di pochi abili cuculi senza scrupoli, pirati legittimati da regole sospinte a creazione e mantenimento dalla finanza stessa (d’altronde, come spiegare sennò, per esempio, tutti quei collaboratori Goldman Sachs finiti nelle alte sfere – se non altissime - dei governi di mezzo mondo?). In una situazione in cui larghe mani ci stanno strozzando e togliendo via via l’aria, come salvarsi? L’Europa, nata dai sogni di qualche statista illuminato, è finita per fare un sonoro tonfo nel reale, cascando anni or sono nelle fauci della finanza e delle banche. Ed ecco nascere l’euro, dopo qualche tempo di gestazione in menti molto poco disinteressate: già il parto fu travagliato e doloroso (per noi). Ora, non era detto che un figlio nato con tali complicazioni si portasse dietro crescendo alcune funeste dirette conseguenze: e invece siamo riusciti a crescerlo nel solco della continuità natia. O meglio, c’è riuscito chi si è impegnato tanto perché ciò accadesse. Ma, tra i vari effetti collaterali dannosi, ce n’è stato almeno uno positivo non previsto. L’euro, infatti, ha aiutato gli europei a sentirsi tali. Confrontare prezzi italiani con quelli francesi, per esempio, ci ha reso i nostri cugini d’oltralpe più vicini (può apparire un’affermazione sarcastica, ma non lo è…), ci ha fatto sentire, noi europei, un po’ di più sulla stessa barca e, paradossalmente, di più proprio adesso in cui la moneta unica sta rantolando convulsamente. Mettici la nascita dei voli low-cost ed ecco che l’Europa si è fatta all’improvviso più vicina, cosa nostra, casa nostra. Ma basta tutto ciò a fare l’Europa? Certamente no. E allora cosa fare, specie in un momento in cui mai si è palesata di più l’impotenza del Parlamento Europeo di fronte allo strapotere della BCE e di chi ci sta dietro? La risposta sta, appunto, nel “rischiare di più”: fare gli Stati Uniti d’Europa. Passato l’urto violento dell’iperliberismo e pagatone q.b. il prezzo, giusto per placarlo un poco, è proprio adesso l’ora di mettersi intorno ad un tavolo e rifabbricare una Costituzione Europea che coinvolga, in un inevitabile non breve processo, il più possibile direttamente le persone, cioè gli europei tutti, attraverso pratiche di democrazia partecipata, tra l’altro già ampiamente sperimentate in diverse parti del mondo.Ma non sarà certo la BCE o il Fondo Monetario Europeo, né Sarkozy o la Merkel ad iniziare questo processo: bisogna farlo noi, occorre trasformare questa crisi economica in una “primavera europea” che permetta quello scatto in avanti che spiazzi i volti contriti dei cravattari abituati al potere, che scompigli le carte di chi ha fatto ancora una volta progetti di lucro sulla nostra pelle, che ci porti al fiorire di una nuova economia mondiale, basata su una più equa ridistribuzione della ricchezza, di cui solo l’Europa ha i mezzi e la cognizione di causa per fare da esempio.Europei di tutti il mondo, uniamoci: se non ora, quando?

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