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Stefano Guglielmin: Il percorso dalla lingua al mondo

Da Narcyso

di Adam Vaccaro

Stefano Guglielmin: Il percorso dalla lingua al mondo

La struttura del libro attiva un moto dall'interno all'esterno, che apre come ad albero o a fiore, da uno stelo e radici profonde che desiderano misurarsi e dire dell . Procedendo un po' a "strappi e frazioni" che, pur in forme molto diverse, hanno punti di contatto col mio "Semi". Consonanze, dunque, di ricerca di un po' di verità: "Infatti/ si muove" (p. 24) l"io seme" cercando man mano di diventare "parola prato" (pp. 40-42), "dovrebbe ...nudo leggere pessoa/ il " (p.7), aprirsi al noi e al "Dappertutto" (p.44), "per fare del luogo luogo" (p.7), anche se la "Distanza" tra Dio (nome dell'Inconoscibile, per una visione agnostica) e la vita che scorre e, ugualmente, tra l'Io del Dio Poesia e Vita, rimane "immedicata" (p.48).

Per questo, per dirla con le mie categorie analitiche, tende a essere poesia dominata dal dell'Io e dalle sue modalità di utilizzo della lingua (non a caso, penso, il titolo di uno dei suoi libri richiamati in questa autoantologia, è , invenzione peraltro fascinosa). Ma tale dominanza è poi depotenziata da squarci e salti di sensi in cui agiscono le pressioni dell'Es, col risultato che la cerebralità evita l'ideologia della Verità e sfocia in qualcosa che ricorda le forme sferiche di Arnaldo Pomodoro.

Cito alcune di queste parole ricorrenti, utilizzate a tali fini e funzioni, che sono di sonorità, di sensi e di poetica - in cui, come vedremo meglio, rimane forte la coda del termine, etica.

Così, le forme si muovono con "La lingua-mano" che trova "il fare grosso del respiro" (p.50). Seppure il problema rimane: tra sé e mondo c'è "poco giro/ d'aria intorno poco respiro" ("poesia era l'enorme vuoto", p.50), rimane nella distanza tra cose-pensiero e cose-cose. Ma la speranza resiste magari in forma di preghiera-poesia, o in oasi e pietra-poesia (pp.68-78) che resiste alla "caduta", immagine in Guglielmin connessa alla perdita irreparabile della morte, resiste con i suoi attimi...di infinito. Inventando una musica anche, o soprattutto, in quel momento - vedi (testo intenso e bellissimo di p.70, col suo appello a osare, nella lingua del già citato Pessoa) : " quando poi, cadendo/ la foglia si fa musica/ c'è sempre qualcuno/ lontano/ che muore // cadendo/ si fa musica/ e muore

Dunque, a partire da un nucleo-uovo iniziale e inestricabile, in cui tutto pare nasca dalla lingua (p.174), anche se tra Io e Lingua è difficile dire chi genera chi, "L'impasto dell'origine" (p.22) raggomitola e sgomitola di continuo lingua, Io e poesia cercando limiti e corpo, "l'agonia protesa all'oltrevisto" (p.20). L'Io diventa così molteplice, seme e insieme sciame, costellazione, piccola galassia (p.28) in terza persona che osserva osservata tra vuoti, distanze e resistenze.

Il moto, infatti, esplode per così dire nella sezione "C'è bufera dentro madre" (p. 86), che con testi in prosa entra nell'agonia infinita del mondo borghese, dello "spirito d'impresa" che fa scempio di ogni altra cosa e valore, entra nel corpo della madre-vita comune che ci contiene. Qui più che canto, si conta il saldo (dis)umano del soldo. L'elicoide dell'Io si sfalda e sfrangia in un corteo di molecole che corrono insieme al Resto alla ricerca disperata o impossibile di senso umano, mentre mostrano o si inerpicano negli squarci del suo contrario.

La sezione finale di inediti è una piccola corona di , costituita da poesie che sono una sorta di personale , di vite (rap)prese come in un lampo, in un flash di furore calmo e amore arreso alla legge ineluttabile dei nostri limiti, ma anche in/contro - magari a mani nude - sciabole che vorticano nella canea che li re-stringe, mentre ci illude di ampliarli.

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