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Stefano Tacconi (by Giuseppe Giordano)

Creato il 21 novembre 2013 da Simo785

Stefano Tacconi nasce il 13 maggio 1957 a Perugia.

Stefano Tacconi (by Giuseppe Giordano)

Fisico esplosivo, i centimetri giusti per un portiere che deve dominare la sua area. Porta i baffi, sotto una cesta di riccioli biondastri. Lingua tagliente e ben affilata, ma questo si saprà poi. Ha già alle spalle una buona gavetta quando arriva alla Juventus, estate 1983.

Eppure per lui la giostra aveva previsto un altro percorso. Quando ancora non ha la patente, lo adocchia l’Inter che lo testa facendolo viaggiare tra Spoleto, Busto Arsizio, Livorno e San Benedetto del Tronto. La tappa marchigiana è fondamentale. Perché gioca titolare in Serie B a ventidue anni e, soprattutto, perché lo allena maestro Piero Persico, un grande del settore. La giostra, inaspettatamente, si ferma.

L’Inter lo molla. Ma lui non molla, anzi. Va ad Avellino, Serie A. Motivato e sicuro di sé. Sono tre campionati senza stop. 90 partite tutte d’un fiato. Tacconi c’è. Il clima del Partenio e le stagioni a lottare per salvezza lo hanno temprato.

Tacconi in breve diventa uno dei punti di forza dell’Avellino, e decolla con i compagni. Al punto che, declinando la lunghissima parabola stellare di Zoff, la Juve sceglie lui per sostituire il grande Dino. Una decisione rischiosa, perché, dopo undici stagioni con un monumento al ruolo come Super Dino, affidarsi ad un giovane che non vanta trascorsi ad alto livello in grossi club può sembrare una scommessa.

Stefano Tacconi (by Giuseppe Giordano)

Prendere il posto di Zoff era un compito che avrebbe distrutto chiunque , ma non il portiere perugino il quale non manifesta il minimo turbamento, ostentando sempre tanta sicurezza. Si allena con la stessa spregiudicatezza con cui si muoveva nell’Avellino.

Ma il ragazzo, oltre che bravo, è indubbiamente fortunato. Il suo arrivo sotto la Mole coincide con la messa in pista di una delle più solide versioni della Juve “trapattoniana”: confermato lo squadrone sfortunato l’anno prima, sono arrivati ritocchi di sostanza, uno dei quali, la mezzala Vignola, dallo stesso Avellino da cui proviene il portiere. La difesa destinata a proteggere Tacconi è quanto di meglio al mondo sia stato assemblato negli ultimi anni, da Gentile a Cabrini, da Brio a Scirea.

La Juve parte col botto,  avanti in campionato, avanti in Coppa delle Coppe, Tacconi che pure ha nell’esperto Bodini un rivale accreditatissimo è il titolare indiscusso e da alla retroguardia una sicurezza insperata. Non solo, con un carattere da simpatico guascone è tra quelli che più si danno da fare per incitare i compagni nei momenti difficili. Così facendo, nell’anno dell’esordio, mette insieme 23 presenze in campionato ed una decina in Coppa delle Coppe e, quel che più conta, da un contributo decisivo alla conquista di entrambi i trofei. Bravo e fortunato, si diceva. Un inizio così alla Juve l’hanno avuto in pochi.

L’anno dopo, con l’arrivo dell’amico ed ex compagno di Avellino Luciano Favero, ci sono le condizioni per ripetersi.. Ma stavolta la sorte è meno benigna e cominciano i problemi; dopo un clamoroso 0-4 rimediato a San Siro contro l’Inter ed il derby perduto nella domenica successiva, complice un suo errore in uscita, Tacconi viene sostituito da Bodini e l’imprevedibile portiere perugino non accetta la panchina, con furiose polemiche che non possono sicuramente essere tollerate dall’ambiente juventino. Fioccano le multe e trascorre parecchio tempo prima che Tacconi si rassegni alla panchina che sarebbe durata per lunghi mesi. Bodini si dimostra un ottimo portiere e Tacconi soffre parecchio: rientra in squadra sul finire della stagione È pronto per la finale di Bruxelles, ma se la sentirà il Trap di rischiare? Tacconi lo rassicura.

Il Trap a questo punto si fida. E fa bene. Tacconi è grande nella notte della Heysel, la Juve alza la prima Coppa Campioni anche grazie alle sue strepitose parate. Il grande slam del portiere perugino si chiude di lì a qualche mese.

 

Stefano Tacconi (by Giuseppe Giordano)

 

 

 

 

 

Tokyo, 8 dicembre 1985, finale di Coppa Intercontinentale. L’apoteosi per la Juve “trapattoniana”, il trionfo personale per il portiere erede di Zoff.

La coppa lottata e sofferta è aggiudicata ai penalty e qui Tacconi si esalta. La sua espressione dopo l’ultima decisiva parata è nella storia televisiva e fotografica del calcio. Pugni al cielo, ghigno di chi è arrivato dove nessuno avrebbe mai detto, insomma gioia incontenibile. Che è poi la gioia di milioni di juventini che hanno messo la sveglia nel cuore della notte per non perdersi l’evento in TV.

Tacconi, di qui in avanti, è un mito dei fans, un uomo simbolo. La Juve dei ciclo “trapattoniano” non è più la stessa, lasciano campionissimi ed arrivano giocatori normali, non si può sempre vincere. Tacconi è la continuità tra quella Juve trionfante e questa che la sfanga senza infamia e con poche lodi.

Stefano Tacconi (by Giuseppe Giordano)

Passa il biennio di Marchesi, la nota lieta per Tacconi è il suo ingresso, in punta di piedi, nel giro della Nazionale. Da riserva di Zenga, si capisce, ma è sempre meglio di nulla. Poi, alla Juve, arriva Zoff ed è di nuovo tempo di vittorie. Tacconi non salta più una partita che è una, è sempre più il simbolo di una Juve che prova a vincere qualcosa e, nella stagione 1989/90, da un contributo decisivo ad un’altra doppia conquista, Coppa Italia e Coppa Uefa. Nella finale europea con la Fiorentina, sul neutro della sua Avellino, gioca un’altra partita da incorniciare, degna premessa al posto in Nazionale al Mundial italiano di un mese dopo.

Poi, nel 1992, l’arrivo di Peruzzi è il segnale che la lunga avventura è agli sgoccioli. Lascia un ricordo indelebile e un curriculum da grande, uno dei più grandi nella storia del ruolo in maglia juventina: 402 partite, di cui 56 nelle coppe europee, con due scudetti, il tris delle coppe europee (una Uefa, una Campioni ed una Coppe) e quella Intercontinentale del 1985 che è più sua che di chiunque altro.

 


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