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Stelle neonate nei sobborghi della Via Lattea

Creato il 27 febbraio 2015 da Media Inaf

Gli astronomi brasiliani hanno fatto una scoperta notevole: essi hanno identificato due ammassi stellari nelle regioni periferiche della Via Lattea. I risultati di questo studio, pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, fanno luce su alcuni modelli di formazione stellare e mostrano come lo spazio attorno alla galassia è molto meno vuoto di quanto si possa immaginare.

Sappiamo che la Via Lattea ha una struttura a barra da cui si dipartono bracci a spirale costituiti da stelle, gas e polveri. Se fosse vista di taglio, essa apparirebbe relativamente piatta e si vedrebbe come la maggior parte della materia è distribuita nel disco e nelle regioni centrali. Le stelle si formano all’interno di densi agglomerati di gas, nelle cosiddette nubi molecolari giganti (Giant Molecular Clouds, GMC) che sono situate principalmente nelle regioni più interne del disco galattico. Se esistono tanti addensamenti in una singola GMC, allora si possono avere le condizioni favorevoli per generare quasi tutte le stelle, un processo che alla fine determina la formazione di un ammasso stellare.

Analizzando i dati dell’osservatorio spaziale WISE (Wide-Field Infrared Survey Explorer), i ricercatori, guidati da Denilso Camargo della Federal University of Rio Grande do Sul in Porto Alegre, Brasile e autore principale dello studio, non solo hanno trovato GMC distribuite a migliaia di anni luce sopra e sotto il piano galattico, ma ne hanno identificato una che contiene sorprendentemente due ammassi stellari. È la prima volta che gli astronomi trovano stelle “appena nate” presenti in queste regioni periferiche della galassia. Denominati con il nome dell’autore principale, Camargo 438 e Camargo 439, gli ammassi si trovano nella nube molecolare gigante HRK 81.4-77.8. Si ritiene che questa nube si sia formata 2 milioni di anni fa e che si estende per circa 16.000 anni luce al di sotto del disco galattico, una distanza ben oltre quella tipica in cui si formano le stelle.

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L’immagine di Camargo 438 ripresa da WISE W3. Alcune stelle dell’ammasso stellare potrebbero essere nascoste dalla polvere. Credit: D. Camargo/NASA/WISE

Per spiegare la formazione di questi due ammassi, Denilso ha proposto due ipotesi. Nella prima, basata sul cosiddetto “modello a camino”, eventi violenti di alta energia, quali le esplosioni di supernova, espellono gas e polveri al di fuori del disco galattico. Il materiale poi ricade in un processo di fusione che alla fine causa la formazione di una GMC. Il modello a camino, però, richiede l’esplosione di centinaia di stelle massicce, di diverse generazioni, affinchè si crei un “super vento” tale da spingere la nube HRK 81.4-77.8 nella posizione in cui si trova adesso. Inoltre, nel corso di milioni di anni, le “bolle” create dalle esplosioni stellari potrebbero aver compresso ulteriormente il materiale formando più stelle e alimentando così l’espulsione di altro materiale creando una sorta di “fontana galattica” dove il gas e le polveri ricadono nuovamente nel disco galattico. L’altra idea, invece, si basa sul fatto che l’interazione tra la Via Lattea e le galassie satelliti, cioè le Nubi di Magellano, potrebbe perturbare il gas che ricade nella galassia determinando di nuovo la formazione di una GMC e quindi la nascita di nuove stelle.

«Il nostro lavoro mostra come lo spazio attorno alla Via Lattea sia molto meno vuoto rispetto a quanto si possa immaginare», commenta Denilso. «Gli ammassi stellari che abbiamo identificato sono veramente peculiari. Tra qualche milione di anni, una eventuale civiltà aliena, che magari potrà abitare su un pianeta che orbita attorno a una di quelle stelle, potrà ammirare in maniera più spettacolare la parte più esterna della nostra galassia, una vista panoramica che nessun altro qui sulla Terra potrà mai osservare. Insomma, vogliamo capire come gli ingredienti necessari per generare le stelle abbiano contribuito alla nascita di questi sistemi stellari. Certamente avremo bisogno di nuovi dati e di qualche modello numerico per tentare di rispondere a questa domanda».


arXiv: Discovery of two embedded clusters with WISE in the high Galactic latitude cloud HRK 81.4-77.8

Fonte: Media INAF | Scritto da Corrado Ruscica


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